Per iniziare, cosa ne pensa in generale delle Riforma?
Il mio giudizio sulla Riforma del Terzo Settore è globalmente positivo. Finalmente si è introdotta una disciplina unitaria con riguardo alla vita e all’operatività di quelli che gergalmente sono individuati come enti non profit, e che costituiscono o una realtà innegabile della nostra società, oltre ad influire con la loro attività sul PIL del nostro Paese. Fino al d.lgs. 117/2017, adottato in attuazione della legge delega 106/2016, mancava una disciplina unitaria degli enti senza scopo di lucro che andasse oltre quanto previsto dal libro primo del Codice Civile. Gli impianti normativi preesistenti in materia avevano natura prettamente settoriale. Ad esempio, il d.lgs 460/1997 individuava e disciplinava le Onlus principalmente come una categoria fiscale, e non dal punto di vista civilistico.Lo stesso vale per la legge quadro sul volontariato n. 266/1991 e per la legge n. 383/2000 sulle Associazioni di Promozione Sociale.
Qual è, a suo avviso, l’elemento più innovativo/promettente della nuova legislazione del Terzo Settore (Codice del Terzo Settore, Impresa Sociale, 5×1000, Servizio Civile Universale)?
Elemento assolutamente innovativo è l’istituzione del RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore), strutturato ontologicamente sulla falsariga del Registro delle Imprese, con riferimento alla natura costitutiva della pubblicità derivante dalla relativa iscrizione. Il decreto istitutivo varato nello scorso autunno, e che dovrebbe diventare operativo nell’aprile 2021, segna la nascita del registro unico per gli Enti del Terzo Settore, con o senza personalità giuridica e rappresenta un approdo di fondamentale importanza per dare omogeneità a una materia rimasta fino ad ora troppo “disarticolata”. Un secondo aspetto innovativo è rappresentato dalla previsione del sistema normativo per il riconoscimento della personalità giuridica degli Enti del Terzo Settore rispetto al regime concessorio finora vigente. Viene infatti innovata la disciplina del dpr 361/2000 caratterizzato da un’eccessiva discrezionalità attribuita a prefetture, regioni e province autonome nel valutare la sussistenza dei requisiti necessari per il riconoscimento della personalità giuridica con una conseguente disparità di trattamento, visto la non omogenea valutazione dei requisiti nelle diverse aree territoriali.
Continua a leggere l’intervista.