Nota redazionale alla Sentenza n. 131 della Corte Costituzionale del 26 giugno 2020

In diversi interventi, anche presentati durante il seminario organizzato da Terzjus lo scorso 11 giugno, proprio in tema di rapporti tra enti del terzo settore e pubbliche amministrazioni, si è rilevata la portata costituzionale del Codice del terzo settore, soprattutto, anche se non esclusivamente, in relazione al principio di sussidiarietà orizzontale. Ebbene questo giudizio è ora condiviso dalla Corte costituzionale, che nella sentenza in oggetto sostiene che l’articolo 55 del Codice del terzo settore rappresenta una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale valorizzato dall’articolo 118, comma 4, della Costituzione. Tutto ciò nel più generale ambito di un’esaltazione del principio di solidarietà costituzionale, che sempre secondo la Corte, costituisce, unitamente ai diritti fondamentali della persona umana, uno dei valori fondanti dell’ordinamento giuridico che assicurano la pacifica convivenza sociale.

Secondo la Corte, l’art. 55 CTS realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria – strutturando e ampliando una prospettiva che era già stata prefigurata, ma limitatamente a interventi innovativi e sperimentali in ambito sociale, nell’art. 1, comma 4, della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) e quindi dall’art. 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 marzo 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell’art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328).

Si tratta di una forma di amministrazione condivisa alternativa a quella del profitto e del mercato. Un rapporto diverso non fondato non semplicemente sinallagmatico. Infatti, il modello configurato dall’art. 55 CTS, non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico.

La Corte, in buona sostanza, legittima la tesi della “comunione di scopo” come fondamento “causale” dei rapporti ex art. 55 CTS, che ne giustifica il trattamento particolare rispetto ai rapporti “sinallagmatici” di cui si occupa il Codice dei contratti pubblici. Ciò che, sempre secondo la Corte, è anche compatibile con il diritto dell’Unione Europea, che consente agli Stati membri di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà (sempre che le organizzazioni non lucrative contribuiscano, in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente al perseguimento delle finalità sociali).

In tutto ciò, acquista centralità la categoria normativa degli enti del terzo settore, così come puntualmente definita dal Codice. Il regime particolare dell’art. 55, infatti, acquista senso solo se riservato a soggetti, anch’essi particolari, per struttura, scopo e funzionamento, tanto è vero che esso non può estendersi a soggetti che non rientrano nella categoria degli ETS. La definizione legislativa del terzo settore comincia a far sentire il suo peso nella costruzione di un regime giuridico congeniale e favorevole agli enti del terzo settore.

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