Regime fiscale in attesa del via libera dell’Unione

Le impese sociali trovano un riconoscimento con la Riforma del terzo settore grazie a nuovi strumenti giuridici e tributari introdotti con il D.lgs. 112 del 2017. La crescita esponenziale delle imprese sociali diverse dalle coop sociali secondo Uniocamere dimostra il particolare appeal di tali realtà che avevano finora avuto un ruolo piuttosto marginale nel contesto degli enti produttivi dell’economia sociale. Si passa, da circa il 2,9% del totale prima dei decreti di riforma al 24,7%. Numeri a cui potranno poi aggiungersi le tante Onlus che svolgono attività produttiva e che ad oggi risultano ancora iscritte nell’Anagrafe gestita dall’Agenzia delle entrate. Un cambiamento, questo, dettato dal superamento di due importanti limitazioni sia sotto il profilo civilistico che fiscale. Il primo legato all’attenuazione del divieto assoluto di distribuzione di utili. Il secondo, invece, alla previsione di uno specifico regime fiscale, al momento in attesa del vaglio della Commissione UE, su cui si baserà il futuro sviluppo delle imprese sociali. Per tali realtà, infatti, scatterà la defiscalizzazione degli utili e avanzi di gestione reinvestiti in attività statuaria o incremento patrimoniale a prescindere dalla provenienza delle entrate.  Potranno pertanto scontare il regime agevolato anche le somme derivanti da plusvalenze e altri proventi che non originano dalla gestione ordinaria o dallo svolgimento dell’attività principale di interesse generale. Incentivato anche l’investimento nel capitale dell’impresa sociale con una detrazione pari al 30% per le persone fisiche e una deduzione di pari importo per i soggetti Ires, purché nel rispetto di determinate condizioni (art. 18,c. 3 e 4 D.lgs 112/17). Una possibilità, quella di attrarre capitali di investimento che, unita alla duttilità delle forme giuridiche utilizzabili (società, fondazioni, associazioni), consente alle imprese sociali di incentivare forme di partenariato con enti profit e pubblica amministrazione. Sotto questo ultimo punto di vista pensiamo, solo per fare un esempio, ai distretti socio sanitari o, da ultimo, alle comunità energetiche. Tuttavia, un tassello importante per lo sviluppo dell’impresa sociale è legato al definitivo via libera da parte della UE alle nuove misure fiscali. Trattandosi di disposizioni che integrano una forma di incentivo ad una specifica categoria di operatore economico l’art. 18 deve superare il vaglio del divieto di aiuto di Stato c.d. selettivo. Occorre verificare, in altre parole, se le misure fiscali introdotte per le imprese sociali creano disparità di trattamento tra operatori economici che si trovano in una situazione di fatto e diritto analoga. È proprio su questo aspetto che si gioca l’autorizzazione, puntando ad ottenere il placet in considerazione dei tratti peculiari delle imprese sociali (cfr. CGCE Paint Graphos del 2011). Pensiamo ai limiti allo svolgimento di attività di interesse generale e diverse, all’obbligo di devoluzione patrimoniale. Elementi questi che, uniti ad altre peculiarità, consentono di escludere che le misure di favore provochino distorsione nel mercato.

[articolo pubblicato su «Il Sole 24 Ore» del 15 dicembre 2022]

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