Brevi note sulle tecniche attributive della personalità giuridica

1.Il riconoscimento delle persone giuridiche private: il d.P.R. 361/2000

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.P.R. 361/2000, associazioni, fondazioni e istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall’iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture territorialmente competenti.

Il predetto decreto di riforma, mediante l’abrogazione dell’art. 12 c.c., ha cercato di superare i limiti del riconoscimento affidato al controllo della pubblica amministrazione e rappresentati da eccessiva discrezionalità, lentezza e incertezza delle procedure. A ciò conseguivano singolari disparità di trattamento riservate ad enti con analoghe caratteristiche e l’impossibilità di prevedere in anticipo tempi e condizioni della personificazione. La discrezionalità dell’amministrazione in sede di controllo si esercitava soprattutto sui requisiti patrimoniali idonei ad assicurare la responsabilità limitata, mentre i tempi del riconoscimento oscillavano in media tra uno e tre/quattro anni. A livello pratico, la situazione di pendenza determinava una significativa situazione d’incertezza quanto all’imputazione dell’attività giuridica compiuta in nome e per conto dell’ente costituito ma non ancora riconosciuto.

Dalla lettura del comma 1 può subito evincersi come il riconoscimento di associazioni e fondazioni non abbia, a differenza del riconoscimento della personalità giuridica delle società di capitali e delle cooperative, efficacia costitutiva, poiché non opera come condizione dell’esistenza dell’ente (ai sensi dell’art. 2331, comma 1, c.c., la società acquista la personalità giuridica con l’iscrizione nel registro delle imprese). Pertanto, associazioni e fondazioni possono esistere come enti non riconosciuti, possedendo una precisa soggettività giuridica. Mentre in base all’abrogato art. 12 c.c., l’atto amministrativo di riconoscimento era dotato di efficacia costitutiva, e la conseguente iscrizione svolgeva un ruolo dichiarativo, con l’entrata in vigore del d.P.R. 361/20002, svanisce la duplice fase della concessione della personalità giuridica e dell’iscrizione dell’atto nel registro. Nel nuovo sistema la personificazione si collega all’iscrizione nel registro delle persone giuridiche; precedentemente la personificazione era effetto del decreto, l’iscrizione aveva valore di pubblicità notizia e nelle more dell’iscrizione si determinava una situazione di “irregolarità” caratterizzata da un sistema di responsabilità per le obbligazioni sociali diversa da quella prevista per l’associazione non riconosciuta.

Il Consiglio di Stato, mediante la sentenza 1693/2022 ha chiarito che “il d.P.R. n. 361 del 2000 ha previsto una forma di pubblicità costitutiva relativamente al valore della iscrizione nel registro delle persone giuridiche”.

Spetta alla Prefettura, come può evincersi anche dall’art. 8, comma 1, d.P.R. 361/2000, iscrivere nel registro, esaurita la fase di verifica dei presupposti abilitanti, i soggetti che lo richiedono: la registrazione non rende solo conoscibile l’ente e le sue vicende ma ne determina il formale riconoscimento e completa la procedura di acquisto della personalità giuridica. Si assiste, inoltre, ad una generalizzazione del sistema del riconoscimento attraverso la registrazione: la personalità giuridica si acquista per effetto di un adempimento pubblicitario, dato dall’iscrizione nel registro delle persone giuridiche, disposta dal prefetto, ovvero dalla Regione se trattasi di ente operante nelle materie di competenza regionale e volto a perseguire finalità che si esauriscono – a livello spaziale – nell’ambito di una sola regione.

Il comma 1 è contraddistinto da una ampia portata a livello soggettivo: infatti, possono ottenere il riconoscimento per registrazione non solo le associazioni o le fondazioni, ma anche le altre e differenti istituzioni di carattere privato (così tratteggiandosi una categoria aperta). Si pensi alle associazioni atipiche (movimenti, gruppi e rispettivi coordinamenti o federazioni), ovvero alle figure associative che si collocano in una posizione mediana tra l’associazione in senso stretto e le società.

Sebbene il d.P.R. 361/2000 valorizzi l’antico principio della libertà corporativa, occorre ricordare quanto statuito dal TAR PUGLIA-LECCE, sentenza n. 562/2018:

“appare evidente come la permanenza di margini di discrezionalità nella verifica che deve effettuare la Prefettura ai fini della concessione del riconoscimento, escluda che in capo all’ente che chiede il riconoscimento medesimo possa ritenersi sussistente un diritto soggettivo ad ottenere la personalità giuridica”.

Il controllo prefettizio, come si evince da un più puntuale esame dei restanti commi dell’art. 1 in rassegna, attiene alla verifica della sussistenza delle condizioni – legali e regolamentari – richieste per il riconoscimento della personalità giuridica. Si tratta, pertanto, di un controllo di legalità, con forte compressione dei poteri discrezionali, rispetto a quanto invece rappresentato dal sistema concessorio delineato dall’art. 12 c.c.: rispetto al previgente sistema è quindi venuta meno la possibilità di un sindacato di merito sull’atto di autonomia privata. L’autorità governativa esercitava un controllo penetrante che andava ben oltre i parametri odierni della liceità dello scopo, della congruità patrimoniale e della validità dell’atto costitutivo, per estendersi sino all’opportunità del riconoscimento: di tal fatta, veniva negata l’attribuzione del riconoscimento qualora lo scopo dell’ente fosse risultato estremamente generico ovvero già perseguito da altri soggetti.

Proseguendo con l’esame della disciplina, il comma 2 dispone che la domanda per il riconoscimento, sottoscritta dal fondatore ovvero da coloro ai quali è conferita la rappresentanza dell’ente, sia presentata alla prefettura nella cui provincia è stabilita la sede dell’ente. Alla domanda dovranno essere allagate le copie autentiche dell’atto costitutivo e dello statuto.

Il comma 3 incide sull’ampiezza dei poteri di verifica amministrativa. Il riconoscimento sarà disposto qualora i) siano soddisfatte le condizioni legali o regolamentari per la costituzione dell’ente; ii) lo scopo risulti possibile e lecito; iii) il patrimonio sia adeguato alla realizzazione dello scopo. La consistenza patrimoniale, come disposto dal comma 4, deve essere dimostrata da idonea documentazione allegata all’istanza.

Con riferimento a quest’ultimo profilo, i giudici del TAR CAMPANIA-NAPOLI, mediante la sentenza 1961/2019, hanno chiarito che

“non si appalesa irragionevole la richiesta istruttoria della Prefettura – avanzata nel 2013 successivamente alla riapertura del procedimento seguito all’accoglimento dei ricorsi avverso il primo diniego – di avere una relazione aggiornata ed attuale sullo stato patrimoniale in vista della valutazione sull’adeguatezza alla realizzazione dello scopo visto che, per ammissione di parte ricorrente, le informazioni fornite risalivano, in un caso, a più di un anno prima della riapertura del procedimento in seguito alle pronunce del T.A.R. Campania del 2013 (certificazione del Banco di Napoli del 6.2.2012) e, nell’altro, al 1986 (perizia di stima dell’architetto Fiorentino). In altri termini, gli atti istruttori sui quali la Prefettura era chiamata a svolgere la propria valutazione non potevano considerarsi attuali, di qui la ragionevolezza e plausibilità della richiesta avanzata dall’amministrazione di acquisire documentazione aggiornata e, atteso il mancato riscontro, la legittimità del provvedimento reiettivo alla luce dell’art. 1, comma 4, del D.P.R. n. 361/2000 […]”.

Si delineano, quindi, i prerequisiti, ovvero i presupposti necessari e sufficienti, del riconoscimento: il che erode la discrezionalità amministrativa e imprime all’atto del riconoscimento una connotazione formale e non politica. Il controllo in negativo porta l’amministrazione a verificare che l’attività del soggetto richiedente non sia contra legem e che il patrimonio sia congruo, venendo esclusa ogni valutazione attinente alla sussistenza di interessi pubblici, nonché riguardante la rilevanza sociale dei fini. Risulterebbe, pertanto, illegittimo il diniego di registrazione motivato con presunte incongruenze degli scopi, aventi ad oggetto la ridotta utilità o importanza sociale, nonché la pretesa irrazionalità o la coincidenza o concorrenza con finalità perseguite da altri enti. Esclusa, quindi, l’espansione del controllo sino all’accertamento dell’utilità sociale dello scopo, può rilevarsi come il rispetto del divieto di distribuzione degli utili e la liceità dello scopo costituiscono i requisiti necessari e sufficienti ad identificare sul piano causale la fattispecie associativa o fondazionale e, quindi, sufficienti anche ai fini di accedere alla personificazione.

Sebbene possa registrarsi una emancipazione dal previgente regime disciplinare e un accresciuto favor per la libertà organizzativa dei corpi intermedi, dell’atto di riconoscimento rimane una colorazione “elargitiva”, non potendosi parlare di mera autorizzazione. Ad esempio, nei casi in cui non vi sia adeguatezza nel rapporto tra scopo perseguito dall’ente e dotazione patrimoniale, o nell’ipotesi in cui lo statuto presenti clausole contrarie e a norme imperative, si può registrare un controllo sostanzialmente di merito sull’autonomia privata: si pensi al caso di uno statuto che autorizza l’esclusione arbitraria dei soci, o che indichi una maggioranza inferiore ai ¾ per lo scioglimento dell’ente e la devoluzione dei beni, ovvero che rimetta ad altri organi poteri di competenza assembleare.

Rimane comunque da evidenziare come anche il sistema concessorio non manifesti un disfavore ordinamentale nei confronti degli enti non lucrativi, ma, al contempo, presenta un controllo non in ragione d’una procedura informata al raffronto con un modello astratto, ma attraverso un’indagine singolare sullo statuto e sul patrimonio dell’ente che chiede la personalità giuridica.

La già menzionata valutazione di adeguatezza del patrimonio per la realizzazione dello scopo ostacola l’affermazione di un automatismo nell’attribuzione della personalità giuridica.

Il controllo sull’adeguatezza patrimoniale dovrebbe servire a salvaguardare la concreta raggiungibilità degli scopi dell’organizzazione e a preservare i diritti dei creditori. Può anche rilevarsi come tale controllo puntualizzi e specifichi l’aspetto economico dell’accertamento circa la possibilità dello scopo.

Sarà allora possibile negare il beneficio della responsabilità limitata

“in caso di sottopatrimonializzazione dell’ente, ciò valendo con riferimento sia al momento costitutivo della persona giuridica – attraverso il controllo prefettizio, appunto -, sia ai successivi momenti di operatività dell’ente, in forza dei meccanismi giuridici di vigilanza e di scioglimento previsti dagli artt. 2528 cod. civ. Questo controllo risulta complesso in presenza di scopi frequentemente ampi e generici e per via della libertà dell’ente nella definizione e attuazione del programma statutario” (Cass., Sez. un., 9942/2014).

Quindi, il beneficio dell’autonomia perfetta è bilanciato da una serie di obblighi in capo all’ente collettivo, finalizzati a costituire e conservare una garanzia patrimoniale che sia adeguata in rapporto al tipo di attività svolta. In altri termini, se l’associazione risponde solamente con il proprio patrimonio, e nei limiti di questo, il patrimonio dovrà essere congruo rispetto allo scopo associativo e dovrà essere gestito in modo trasparente e conservato, eventualmente tramite integrazioni da parte degli associati, a un livello minimo, per non mettere in pericolo la possibilità per i creditori di essere soddisfatti da parte dell’associazione.

I giudici amministrativi piemontesi, con sentenza 781/2012, hanno chiarito che

“è legittimo il diniego prefettizio di iscrizione nel registro delle persone giuridiche di una fondazione derivante in via diretta, mediante trasformazione, da un’associazione non riconosciuta, dal momento che la predetta trasformazione (c.d. eterogenea), non essendo preceduta da un meccanismo preventivo di confronto con i creditori dell’associazione (come invece previsto in ambito societario dall’art. 2500 novies c.c.), espone il patrimonio della neocostituita fondazione, in forza del principio di continuità dei rapporti giuridici, a possibili azioni dei creditori dell’associazione, così impendo al Prefetto, all’atto di autorizzare l’iscrizione della fondazione nel registro delle persone giuridiche, di verificare preventivamente l’adeguatezza del patrimonio dell’ente alla realizzazione dello scopo statutario, secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 3 del D.P.R. 10.02.2000, n. 361”.

Il controllo circa l’adeguatezza patrimoniale può condurre all’adozione di un provvedimento di cancellazione dal registro delle persone giuridiche in caso di sopravvenuta carenza patrimoniale. Leggendo la sentenza 603/2014 del TAR FRIULI VENEZIA GIULIA si evince quanto segue:

-la documentazione versata in atti dimostra inequivocabilmente come l’associazione A.C.Q.U.A. si sia collocata al di sotto di quegli standard minimi che occorre osservare a tutela dei terzi che con essa venissero a contrarre. Risulta, infatti, che nel 2006, anno di iscrizione nel registro prefettizio e di conseguente acquisto della personalità giuridica, l’associazione potesse contare su di un avanzo attivo di €uro 4.981,00 e su di un affidamento bancario di €uro 30.000,00: affidamento bancario che era stato decisivo per il riconoscimento, posto che in assenza di esso la Prefettura di Pordenone aveva già emesso il preavviso di rigetto in riferimento alla domanda avanzata dalla ricorrente. Ebbene, di tale affidamento non vi è più traccia già a partire dal bilancio consultivo del 2007; circostanza questa confermata dal saldo contabile al 31.12.2009 dell’istituto bancario affidatario che non menziona la disponibilità di siffatta somma di denaro; – l’avanzo attivo a disposizione dell’ente nel periodo compreso tra il 2006 e il 2012 oscilla tra un minimo di €uro 2.833,87 e un massimo di €uro 7.854,09. L’esiguità del dato numerico esonera da ulteriori ragionamenti in ordine alla inidoneità rispetto alle aspirazioni di un’associazione, che per propria ammissione ha allargato il proprio orizzonte di intervento dal Friuli Venezia Giulia e dal Veneto, al Piemonte, alla Basilicata, e financo alla Germania e all’Inghilterra. Lo stesso ricorso introduttivo del presente giudizio elenca, a titolo “meramente esemplificativo”, ben ventitré iniziative dell’associazione; – di tanto è consapevole la stessa ricorrente che, infatti, rappresenta all’Autorità governativa come il proprio patrimonio sia costituito, oltre che da attrezzature d’ufficio, strumenti fotografici e proiettori, anche da 91 opere d’arte. Sennonché i rendiconti contabili annuali non risultano corredati da un documento che attesti l’esatta consistenza del patrimonio mobiliare, così come impongono le regole tecniche di tenuta di una contabilità anche di minima. Anzi, nonostante le legittime richieste della Prefettura di Pordenone, l’associazione ricorrente mai ha prodotto un elenco completo delle dichiarate opere d’arte, con indicazione dell’autore, dell’anno di produzione e una stima del valore, sicché allo stato vi è solo un’allegazione di parte priva di riscontro probatorio.

Per i giudici friulani,

“tali emergenze documentali giustificano la decisione dell’Autorità governativa di procedere alla cancellazione dell’associazione ricorrente dal registro delle persone giuridiche, perché è incontestabile che manca la certezza di una adeguata garanzia patrimoniale per i terzi che verranno a contrarre con l’associazione. D’altro canto, il patrimonio è elemento costitutivo dell’associazione, unitamente allo scopo ideale e alla pluralità di associati: se esso, inteso come consistenza minima, viene meno, l’associazione non può continuare ad esistere come centro di imputazione di rapporti giuridici dotato di autonomia patrimoniale perfetta”.

Venendo a considerare il requisito della conformità dell’ente alle condizioni legali e regolamentari è possibile dare conto di due pronunce.

Il TAR Piemonte, del 25 luglio 2002, n. 1449 ha chiarito che il concetto di liceità dello scopo non può essere riduttivamente fatto coincidere con la non contrarietà a specifici precetti penali. Esso deve essere interpretato come conformità alle regole generali di ordine pubblico e buon costume vigenti in base al momento storico: pertanto, non può essere concesso il riconoscimento ad una associazione avente come fine quello di consentire agli associati lo svolgimento di determinate pratiche sessuali, poiché le manifestazioni della libertà sessuale incentivate non appaiono né apprezzate né condivise dalla maggioranza dei consociati.

Con sentenza 1847/2009, il TAR LAZIO-ROMA si è espresso sul ricorso avverso il diniego di iscrizione di una fondazione nel registro delle persone giuridiche. Nel caso di specie veniva considerata ostativa alla predetta iscrizione la condanna inflitta al Presidente della Fondazione, ai sensi degli artt. 110 e 416 del c.p., a nove anni di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Per il ricorrente l’operare della Prefettura confliggeva con l’art. 1, comma 6, d.P.R. 361/2000, che imponeva all’amministrazione, in luogo di respingere ex abrupto l’istanza di erezione in ente morale, di partecipare previamente le ragioni ostative all’iscrizione al fine di consentire all’interessato la presentazione di osservazioni e memorie delle quali tenere conto ai fini dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento. Inoltre, secondo il ricorrente, il provvedimento di riconoscimento della persona giuridica ha perso l’originaria natura concessoria per divenire una sorta di atto di accertamento costitutivo condizionato dalla unicamente dalla sussistenza dei prescritti requisiti (possibilità e liceità dello scopo; adeguatezza della relativa dotazione patrimoniale), con conseguente ininfluenza e/o irrilevanza dell’esistenza di condanne penali a carico degli amministratori della Fondazione.

Per l’amministrazione procedente, invece, l’esistenza a livello ordinamentale del principio generale di tutela della pubblica fede consente la valutazione della sussistenza dei requisiti di onorabilità e professionalità delle nomine a cariche direttive nelle persone giuridiche. Il provvedimento avversato, alla luce della condanna inflitta al Presidente dell’ente, aveva carattere vincolato con conseguente esclusione dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990, atteso che non sarebbe stato possibile adottare un provvedimento di contenuto diverso da quello impugnato.

Per i giudici amministrativi,

“è erroneo il convincimento che il provvedimento adottato avesse natura vincolata. E ciò non fosse altro che per il fatto – correttamente evidenziato dalla parte ricorrente – che la condanna inflitta al Presidente è ancora sub iudice essendo stata appellata la relativa decisione. Ciò non significa che in presenza di gravi pregiudizi penali nei confronti di persona che viene ad assumere, a tempo indeterminato (cfr. art.6 Atto costitutivo), la carica di Presidente di una Fondazione [che, nel caso di specie, include lo svolgimento di attività commerciale sia tra i suoi scopi (cfr. art.3 Statuto ove, fra l’altro, si precisa che uno degli scopi della Fondazione è quello di realizzare “prodotti editoriali, di editoria elettronica e multimediali”) che quale strumento per il conseguimento degli stessi scopi (cfr. Statuto art. 6 lett. “c”; art.17 comma 2)], debba ritenersi, sic et simpliter, interdetta all’Autorità amministrativa ogni valutazione discrezionale in ordine all’invocato riconoscimento. Ma è altrettanto vero che un giudizio di tal natura, ove ritenuto ammissibile, oltre a dover trovare giustificazione in un supporto motivazionale che espliciti i presupposti giuridici sui quali si fonda lo specifico potere valutativo da esercitare, rimane sempre confinato nell’ambito dell’apprezzamento discrezionale della p.a. traducendosi in una ragione apprezzabile quale ostativa al riconoscimento e che, in quanto tale, va comunicata agli interessati acchè costoro possano dare il loro apporto partecipativo mediante la produzione di memorie e documenti come recita il comma 6 dell’art.1 del d.P.R. n.361 del 2000 la cui violazione è stata fondatamente dedotta da parte ricorrente”.

A livello procedimentale, entro il termine di centoventi giorni dalla presentazione della domanda il prefetto provvede all’iscrizione: risultano soppresse le scansioni operative del precedente regime concessorio e rappresentate dal parere del Consiglio di Stato e dalla pubblicazione del decreto di riconoscimento in Gazzetta Ufficiale. In base al comma 6, qualora siano ravvisate ragioni ostative all’iscrizione, ovvero emerga la necessità di integrare la documentazione, il prefetto concede ai richiedenti un termine di trenta giorni per trasmettere memorie e documenti. Qualora nell’ulteriore termine di trenta giorni, il prefetto non comunichi ai richiedenti il motivato diniego, ovvero non provvede all’iscrizione, questa si intende negata.

Il riconoscimento può essere annullato oppure revocato. La revoca spetta al prefetto e determina la caducazione della personalità giuridica acquistata.

2. L’acquisto della personalità giuridica nel codice del Terzo settore

Per le associazioni e fondazioni del Terzo settore è possibile acquistare la personalità giuridica mediante l’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS), così come previsto dall’art. 22, comma 1, d.lgs. 117/2017 (CTS), e dal d.m. 106/2020 specialmente agli artt. 15-19, seguendo l’iter normativamente delineato, in deroga al d.P.R. 361/2000: si crea così un doppio binario per l’attribuzione della personalità giuridica degli enti.

Va subito chiarito come, per essere iscritto all’interno del RUNTS, requisito necessario al fine dell’attribuzione della qualifica di ente del Terzo settore, non è necessaria la personificazione. Qualora l’ente intenda conseguire la personalità giuridica, la procedura da seguire sarà quella dettagliatamente disciplinata dall’art. 22 e dagli artt. 15 ss. d.m. 106/2020.

Si badi, peraltro, che le associazioni e le fondazioni già in possesso della personalità giuridica ex d.P.R. 361/2000, qualora ottengano l’iscrizione al RUNTS assisteranno alla sospensione dell’efficacia dell’iscrizione nei registri delle persone giuridiche. Ciò non determina la perdita della personalità giuridica conseguita con la pregressa iscrizione: la stessa, invero, conoscerà una sorta di reviviscenza qualora venga adottato un provvedimento di cancellazione dal RUNTS. Tuttavia, dell’iscrizione al RUNTS dovrà essere data comunicazione da parte dell’ufficio territorialmente competente del RUNTS alla Prefettura o alla Regione o alla Provincia autonoma. Si intende con ciò evitare sovrapposizioni, appesantimenti disciplinari ed eccessivi oneri amministrativi e pubblicitari che discenderebbero dalla contemporanea iscrizione ai due registri.

Quindi, per gli enti già dotati di personalità giuridica, l’iscrizione al RUNTS avverrà in conformità alla disciplina prevista dall’art. 47 CTS e non già attraverso la procedura speciale di cui all’art. 22 CTS, pensata per il contestuale ottenimento della personalità giuridica e della qualifica di ente del Terzo settore. In quest’ultimo caso, la cancellazione dal RUNTS determinerà anche la perdita della personalità giuridica, poiché il venir meno dei presupposti per la permanenza nel Registro si ripercuoterà su tutti gli effetti della fattispecie unitaria delineata dall’art. 22 CTS. L’ente potrà, comunque, richiedere la personalità giuridica ai sensi del d.P.R. 361/2000, ovvero l’iscrizione al RUNTS quale ente non riconosciuto secondo la procedura comune di cui all’art. 47 CTS.

A livello procedimentale emerge la funzione di controllo assegnata al notaio. Questi vigila sulle associazioni e sulle fondazioni che vogliono acquisire la personalità giuridica e, analogamente a quanto accade nelle società di capitali, quando riceve un atto costitutivo di associazione o fondazione, ovvero pubblica un testamento che disponga una fondazione del Terzo settore, è tenuto a verificare la presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge e dal codice del Terzo settore (v. spec. artt. 3, 4 e 5 CTS), nonché l’esistenza di un patrimonio minimo, coincidente con una somma liquida e disponibile non inferiore a 15.000 per le associazioni e a 30.000 Euro per le fondazioni. Quindi, provvede al deposito degli atti entro venti giorni presso l’ufficio territoriale competente del RUNTS e ne richiede l’iscrizione. In questo caso, l’ufficio del RUNTS, verificata la regolarità formale in termini documentali, iscrive l’ente nel Registro (art. 22, comma 2, CTS).

Come chiarito dalla Massima 14/2023 del Consiglio Notarile di Milano, Commissione Terzo settore, le disposizioni vigenti

“nulla dicono invece le disposizioni in questione […] circa il dovere del Notaio di dichiarare espressamente nell’atto da cui dipende l’iscrizione dell’ente o delle modifiche statutarie o in un separato documento di aver effettuato la verifica della sussistenza delle condizioni prescritte dal CTS. Difatti, dall’obbligo di svolgere l’anzidetto controllo non discende altresì l’obbligo di attestare il fatto di averlo compiuto; ne è prova la circostanza che quando la Legge ha voluto imporre al Notaio di inserire nell’atto determinate menzioni l’ha fatto chiaramente (si vedano, ad esempio, oltre alle note menzioni edilizie e catastali, gli artt. art. 51, n. 8 – 9 – 10, art. 53, co. 2 e 4, art. 55, co. 2, art. 56, co. 1, L. not.)”.

Peraltro,

“limitatamente alla verifica del requisito patrimoniale, di cui al comma 4 dell’art. 22 CTS, il regolamento ministeriale n. 106/2020 prevede (art.16) che dall’istanza di iscrizione o dalla documentazione allegata (non necessariamente dall’atto, come chiarito anche dalla circolare ministeriale n.9/2022) deve risultare “l’attestazione della sussistenza del patrimonio minimo”. Nessuna specifica attestazione, invece, è richiesta al notaio in relazione all’esecuzione delle prescritte verifiche inerenti le (altre) condizioni prescritte dalla legge per l’iscrizione dell’ente nel RUNTS ed al loro esito positivo, il quale costituisce il necessario (ed implicito) presupposto logico della presentazione dell’istanza. Del resto, tale conclusione è indirettamente confermata dall’obbligo per il notaio, che non ravvisi la sussistenza delle condizioni per la costituzione dell’ente quale ETS, di astenersi dal depositare l’atto nel Registro, dandone motivata comunicazione nel termine di 30 giorni ai fondatori o agli amministratori: così prevede l’art. 22, comma 3, CTS, applicabile, in virtù del rinvio contenuto nel comma 6 del medesimo articolo, anche in caso di modifiche statutarie”.

Se, invece, il notaio non ritiene sussistenti le condizioni per la costituzione dell’ente o il patrimonio minimo, ne dà comunicazione motivata e tempestiva entro trenta giorni ai fondatori o agli amministratori dell’ente che, nei trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione, possono comunque domandare l’iscrizione al RUNTS (medesima facoltà è riconosciuta ad ogni associato in via residuale). Successivamente, se nel termine di sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza non segue motivato diniego o integrazione documentale o iscrizione, quest’ultima si intende negata (art. 22, comma 3, CTS).

La regola sul patrimonio minimo per l’ottenimento della personalità giuridica pare determinare l’esclusione di ogni giudizio arbitrario circa l’adeguatezza patrimoniale. Se il patrimonio è costituito da beni diversi dal denaro, ovvero non solo da beni in natura e crediti ma da ogni altra utilità valutabile economicamente, tra cui apporti di opera e servizi garantiti da polizza assicurativa o da fideiussione bancaria, come previsto per le s.r.l. dall’art. 2464, comma 6, c.c., il valore dovrà risultare da una relazione giurata allegata all’atto costitutivo, redatta da un revisore legale o da una società di revisione legale.

Come precisato dalla Massima 3/2021 del Consiglio Notarile di Milano, Commissione Terzo settore

“quanto all’aggiornamento temporale della relativa documentazione (bilancio, situazione patrimoniale, perizia, etc.), in assenza di altri riferimenti normativi, si ritiene legittimo applicare la previsione contenuta in proposito nell’art. 42-bis, comma 2, codice civile (introdotto dall’art. 98 del d.lgs. 117/2017), la quale fissa in 120 giorni la data di aggiornamento della documentazione prevista per la trasformazione degli enti del libro primo del codice civile (con maggior rigore, quindi, di quanto previsto per fusioni e scissioni). Pertanto, si ritiene legittima la verifica della sussistenza del patrimonio minimo, costituente presupposto per l’iscrizione nel RUNTS degli enti già in possesso della personalità giuridica acquisita ai sensi del D.P.R. n. 361/2000, quando sia effettuata sulla base di documenti contabili/patrimoniali aggiornati ad una data non anteriore a centoventi giorni rispetto alla data della delibera di iscriversi al RUNTS”.

Si registra l’intervento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali attraverso la nota 9184/2022:

“la richiesta presentata da alcune associazioni “di assumere come valido – per il solo periodo di primo popolamento del RUNTS e unicamente con riferimento al bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2021 (non si comprende il motivo per il quale tale estensione debba riguardare anche un bilancio infrannuale) un arco temporale ampliato a 180 giorni antecedenti la presentazione dell’attestazione patrimoniale perché tale situazione sia accompagnata dalla relazione del revisore legale esterno o del revisore legale componente dell’organo di controllo (si precisa che in tal caso nella relazione deve essere espressamente menzionata la qualifica di quest’ultimo, mentre non è considerabile l’ipotesi in cui la relazione sia demandata ad un organo di controllo che non contempli la presenza di almeno un revisore legale) potrebbe incontrare ostacolo proprio nell’indisponibilità del notaio, sul quale ricade in ultima analisi la responsabilità dell’attestazione. In tal senso inoltre si fa rilevare che non è corretto individuare in 6 mesi (180 giorni) il termine previsto dal CTS per il deposito dei bilanci degli ETS al RUNTS: il CTS fa infatti riferimento al termine del 30 giugno successivo alla chiusura dell’esercizio precedente, inteso come termine entro il quale l’ente deve assolvere all’adempimento pubblicitario concernente il bilancio, non necessariamente utile a determinare l’attendibilità delle scritture contabili alla chiusura dell’esercizio precedente (si pensi agli esercizi non coincidenti con l’anno solare) ai fini della valutabilità della consistenza patrimoniale”.

Secondo il Ministero,

“quanto sopra premesso, e unicamente nei limiti prospettati (ovvero unicamente con riferimento agli enti coinvolti nella trasmigrazione, già in possesso della personalità giuridica ex dpr 361/2000 che si avvalgano, per l’approvazione dei bilanci, della revisione legale o di un revisore quale componente dell’organo di controllo) si ritiene che la questione possa rimettersi alla prudente valutazione del notaio incaricato, che potrà in tal senso, anche sulla base delle interlocuzioni con il revisore legale interno o esterno all’ente, procedere alle attestazioni di propria competenza utilizzando a tal fine documentazione contabile aggiornata ad un termine antecedente superiore ai 120 giorni e comunque non superiore ai 180”.

L’integrità patrimoniale condiziona l’esistenza dell’ente del Terzo settore personificato ed è presidiata da regole che replicano la disciplina societaria a tutela del capitale. Infatti, allorché si registrino perdite che riducano di oltre un terzo il patrimonio minimo, l’organo amministrativo, o in caso di inerzia l’organo di controllo, se nominato, devono subitaneamente convocare l’assemblea associativa ovvero in caso di fondazione deliberare la ricostituzione del patrimonio minimo oppure la trasformazione, la prosecuzione dell’attività in forma di associazione non riconosciuta, la fusione o lo scioglimento dell’ente.

Sul tema del patrimonio minimo e personalità giuridica occorre segnalare la Deliberazione n. XI/6939 del 12 settembre 2022 della Giunta regionale lombarda con cui si è proceduto ad “adeguare” il patrimonio minimo indisponibile necessario per l’acquisto della personalità giuridica di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato ai sensi del d.P.R. 361/2000 a quanto divisato dal codice del Terzo settore (d.lgs. 117/2017).

Come noto, l’art. 7 d.P.R. 361/2000 disciplina il riconoscimento delle persone giuridiche private che operano nell’ambito delle materie demandate alla competenza regionale dall’art. 14 del d.P.R. 616/1977 e le cui finalità statutarie si esauriscono nell’ambito regionale: esso è determinato dall’iscrizione nell’apposito registro regionale, istituito, nel caso di specie, dalla Regione Lombardia mediante Regolamento n. 2/2001. Peraltro, la stessa Regione, con deliberazione di Giunta n. VII/7295 del 11 dicembre 2001, aveva fissato in 52.000 Euro l’importo patrimoniale minimo ai fini dell’acquisto della personalità giuridica. Inoltre, in base alle Circolare regionale del 14 novembre 2011 “la verifica dell’adeguatezza patrimoniale, tesa a garantire il perseguimento degli scopi e i terzi sotto il profilo della responsabilità civile per le obbligazioni assunte, è svolta dalla Direzione regionale competente in relazione allo scopo prevalente della persona giuridica, tenendo conto della dotazione accertata al momento dell’istanza (…). Per la valutazione della congruità patrimoniale, ciascuna Direzione regionale potrà, in piena autonomia, fissare dei parametri di riferimento in relazione alla tipologia di attività perseguita dalla persona giuridica”.

Con la Deliberazione in esame la Giunta regionale si prefigge di superare il residuo meccanismo para-discrezionale emergente dal d.P.R. 361/2000, impedendo l’affermazione di applicazioni difformi sulla scorta di valutazioni casistiche circa le finalità istituzionali statutariamente fissate. Pertanto, l’allineamento alla disciplina ora offerta dal codice del Terzo settore intende:

assicurare uniformità all’azione amministrativa, neutralizzando disparità di trattamento; favorire l’espansione dei soggetti privati riconosciuti, dotati di personalità giuridica, favorendo anche la tutela dei terzi;rimuovere ogni incongruenza tra l’entità patrimoniale minima richiesta, a livello nazionale, per gli enti del Terzo settore e quella valevole per gli enti che operano nella sola Regione Lombardia; evitare l’eventuale ricostituzione del patrimonio minimo nei casi di migrazione dal registro unico nazionale del Terzo settore al registro lombardo delle persone giuridiche private.

Per quanto concerne le imprese sociali, disciplinate dal d.lgs. 112/2017, ma pur sempre enti del Terzo settore iscritti in apposita sezione del RUNTS, il Notaio che riceva l’atto costitutivo di un’associazione che intenda conseguire la personalità giuridica o di una fondazione esercente attività di impresa sociale deve effettuarne il deposito nel Registro delle Imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede legale dell’ente entro il termine di 30 giorni, con richiesta di iscrizione nella relativa sezione speciale (così come previsto dall’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 112/2017).

In base all’art. 11, comma 3, CTS, l’iscrizione nell’apposita sezione del Registro delle Imprese soddisfa, per le imprese sociali, il requisito dell’iscrizione al RUNTS e il Conservatore del Registro delle Imprese dovrà provvedere ad effettuare le prescritte comunicazioni all’Ufficio competente del RUNTS; la presentazione della domanda di iscrizione presuppone l’effettuazione da parte del notaio della verifica circa la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per la costituzione dell’ente e del patrimonio minimo, in conformità all’art. 22 CTS. Infatti, ai sensi dell’art. 1, comma 5, d.lgs. 112/2017, alle imprese sociali si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice del Terzo settore.

Come chiarito dalla Massima 11/2022, del Consiglio Notarile di Milano, Commissione Terzo settore,

“l’iscrizione nel Registro delle Imprese determina, pertanto, l’acquisto della personalità giuridica per i suddetti enti, coerentemente con il nuovo sistema per il conseguimento della stessa da parte degli ETS ed in linea con l’analogo effetto che l’iscrizione nel Registro delle Imprese determina per le società di capitali e le società cooperative (cfr. artt. 2331, 2454, 2463, comma 3 e 2519 codice civile)”.

3. La personalità giuridica delle associazioni sportive dilettantistiche

Con la riforma del diritto sportivo, avvenuta nell’anno 2021, si assiste ad una ulteriore facilitazione nell’attribuzione della personalità giuridica a favore delle associazioni sportive dilettantistiche, ovvero dei soggetti giuridici affiliati ad una Federazione sportiva nazionale, ad una Disciplina sportiva associata o ad un Ente di promozione sportiva che svolgono, senza scopo di lucro, attività sportiva, nonché la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica (così art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. 39/2021).

Presso il Dipartimento per lo sport è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, il Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, di seguito indicato come RASD: il Dipartimento si avvale della società Sport e Salute Spa per la gestione del Registro nonché per l’esercizio delle funzioni ispettive. L’iscrizione nel Registro certifica la natura dilettantistica di società e associazioni sportive, per tutti gli effetti che l’ordinamento ricollega a tale qualifica. Sia consentito precisare, tenendo presente quanto divisato dall’art. 2, lett. l), d.lgs. 39/2021, che al Registro devono essere iscritte, per accedere a benefici e contributi pubblici statali in materia di sport, tutte le società e associazioni sportive dilettantistiche che svolgono attività sportiva, compresa l’attività didattica e formativa, e che operano nell’ambito di una Federazione sportiva nazionale, una Disciplina sportiva associata, un Ente di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.

La domanda di iscrizione è inviata al Dipartimento per lo sport, su richiesta delle associazioni e società sportive dilettantistiche, dalla Federazione sportiva nazionale, dalla Disciplina sportiva associata o dall’Ente di promozione sportiva affiliante e dovrà avvenire conformemente a quanto previsto dall’art. 6 del decreto in rassegna, nonché dal d.p.c.m. del 27 marzo 2023 (Regolamento disciplina sulla tenuta, conservazione e gestione del registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche).

L’art. 7 d.lgs. 39/2021 dispone che congiuntamente alla domanda di iscrizione al Registro può essere presentata l’istanza di riconoscimento della personalità giuridica: ai sensi dell’art. 14, infatti, le associazioni dilettantistiche, in deroga al d.P.R. 361/2000, possono acquistare la personalità giuridica mediante l’iscrizione al predetto Registro.

Il notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo di un’associazione, verificata la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la costituzione dell’ente e, in particolare, dalle disposizioni del d.lgs. 39/2021 con riferimento alla natura dilettantistica, deve depositarlo, con i relativi allegati, entro venti giorni presso il competente ufficio del Dipartimento per lo sport, richiedendo l’iscrizione dell’ente. Il Dipartimento per lo sport, ricorrendone i presupposti, iscrive l’ente nel registro stesso ai sensi dell’art. 6.

Si può registrare, rispetto a quanto disciplinato dal codice del Terzo settore, la mancanza di un requisito attinente al patrimonio minimo.

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