Le imprese sociali in Italia: un aggiornamento sulle principali caratteristiche a fine 2023

Le più recenti elaborazioni effettuate nello scorso mese di luglio da Unioncamere sui dati della sezione speciale del Registro delle imprese riservata alle “Imprese Sociali”, confermano l’importante trend di crescita registrato per questa tipologia di ente del terzo settore a partire dalla riforma introdotta dal d.lgs. 3 luglio 2017, n.112.  

Infatti, a 6 anni dalla riforma sono 23.823 le imprese sociali registrate (di cui 18.806 costituite prima della riforma e 5.017 dopo la riforma), evidenziando una crescita complessiva pari al 26,7% e un tasso di crescita medio annuo del 4%. 

Se poi si escludono dall’osservazione le organizzazioni in liquidazione o in procedura concorsuale, il numero delle imprese sociali si attesta poco sotto le 20mila unità (precisamente 19.970, di cui il 23,2% costituito o riconosciuto come impresa sociale dopo la riforma) ed il tasso di crescita medio annuo tra il 2017 e il 2023 sale al 4,5%. 

Come già posto in evidenza dal volume “Le nuove imprese sociali”(1) pubblicato nella collana dei Quaderni di Terzjus, oltre il 90% dello stock delle imprese sociali è tuttora costituito da cooperative sociali e loro consorzi, ma il 31,1% delle imprese sociali costituito dopo la riforma ha assunto una forma giuridica e organizzativa diversa da quella della cooperativa sociale.

Imprese sociali costituite prima e dopo il d.lgs 112/2017 secondo le diverse forme giuridiche e organizzative. Dati al 31 dicembre 2023 

(*) L’aggregazione “altre forme organizzative” comprende società di persone, società cooperative diverse dalla cooperative sociali e altre forme giuridiche non societarie (associazioni e fondazioni) 

Fonte: Elaborazione Unioncamere su dati Infocamere

In particolare, il 18,3% delle nuove imprese sociali ha la forma della società di capitale (prevalentemente società a responsabilità limitata) e l’11,8 quella di associazione, fondazione, cooperativa diversa dalla cooperativa sociale o altra società di persone. Concentrando l’attenzione esclusivamente sull’anno 2023 si contano 527 nuove imprese sociali costituite. Il 52% di esse ha assunto la forma di cooperativa sociale, mentre ben il 31,1% si presenta con la forma giuridica di società di capitali e il 16,9% con quella di associazione, fondazione o altra di società di persone.

Si consolida, quindi, dall’analisi dei dati riferiti 2023 l’immagine di un crescente pluralismo organizzativo e societario all’interno della “galassia” delle imprese sociali. La principale (anche se non unica) tipologia di ente del terzo settore prevista nell’ordinamento italiano per lo svolgimento, in via prevalente o esclusiva, di un’attività d’impresa di interesse generale, si dimostra così sempre più flessibile e funzionale per rispondere alle diverse esigenze organizzative dei soggetti promotori.

Dal punto di vista territoriale il maggior numero delle imprese sociali continua ad avere sede nelle regioni meridionali (10.320, pari al 51,7% del totale nazionale), ma la maggiore flessibilità favorita dalla riforma del 2017 sembra essere sfruttata soprattutto nelle regioni del centro-nord dove sono nate oltre la metà (52,7%) delle “nuove” imprese sociali. 

Anche sotto il profilo settoriale si osserva una crescente diversificazione dei campi di attività in un cui operano le imprese sociali: la spinta innovativa della riforma, infatti, ha offerto rispetto al passato maggiori opportunità di sviluppo soprattutto nei servizi educativi e di formazione (dove è attivo il 15,1% delle “nuove” imprese sociali), nei servizi culturali e sportivi (10,5%), nei servizi turistici (5,7%).  

Imprese sociali costituite/qualificate prima e dopo la Riforma nei diversi settori economici. Dati al 31 dicembre 2023

Fonte: Elaborazione Unioncamere su dati Infocamere

Il settore dei servizi sociosanitari e assistenziali rimane, tuttavia, ancora prevalente anche per le “nuove” imprese sociali (40,3%), sebbene non nella misura rilevata prima della riforma (51,1%). 

Il Registro delle imprese consente anche di apprezzare la rilevanza assunta dalla dimensione occupazionale delle imprese sociali: sono, infatti, circa 500mila i dipendenti che lavorano nelle imprese sociali. Per avere un’immagine immediata di un tale peso occupazionale all’interno dell’economia italiana (in termini relativi il 3,7% rispetto all’occupazione totale delle imprese private nei settori industriali e dei servizi), basti considerare che esso è paragonabile all’intera occupazione dipendente della filiera dell’informatica e delle telecomunicazioni (481mila addetti dipendenti) o a quella delle industrie del tessile-abbigliamento-calzature (403mila) e delle industrie agroalimentari (359mila).

Per quanto riguarda il modello di governance che emerge nelle forme societarie delle imprese sociali, va sottolineata la rilevante presenza femminile (49,2%) tra gli amministratori dei diversi organi di gestione delle imprese sociali. Amministratori che hanno, complessivamente, un’età media di 50 anni (relativamente più giovani, 47 anni, quelli delle imprese sociali nate dopo la riforma) che può essere confrontata con l’età media di 54 anni osservabile nelle altre società “profit” iscritte al Registro delle imprese.

Prendendo, poi, in esame la composizione dei soci delle sempre più numerose imprese sociali costituite sotto forma di società di capitale, va sottolineata, da una parte, che si tratta nella maggioranza dei casi (oltre il 70%) di persone fisiche; ma, dall’altra parte, va segnalata l’importante crescita del numero di associazioni, fondazioni, altre società di capitali diverse dalle imprese sociali ed enti religiosiche scelgono questa tipologia organizzativa (spesso in partecipazione con altri soggetti) per realizzare attività economiche di produzione e scambio di beni o servizi di interesse generale, senza fini di lucro ma con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

In tal modo si stanno diffondendo all’interno delle “nuove” imprese sociali forme di ibridazione organizzativa, tra persone fisiche e persone giuridiche, tra soggetti del terzo settore e soggetti “profit” e/o di natura pubblica, con le relative specificità e competenze attraverso cui è possibile sperimentare sui territori modelli avanzati di innovazione sociale. 

Note:
(1) L. Bobba, A. Fici, C. Gagliardi (a cura di), Le “nuove” imprese sociali. Tendenze e prospettive dopo la riforma del terzo settore, Editoriale scientifica, 2022

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