[di Ilaria Ioannone e Gabriele Sepio, pubblicato in Norme e Tributi de «Il Sole 24 Ore» del 09 Gennaio 2025]
La manovra di bilancio lascia al di fuori del taglio delle tax expenditures le detrazioni fiscali per gli investimenti in start-up e PMI innovative. Grandi escluse, invece, le imprese sociali che rappresentano un settore cruciale per il sistema del welfare, contribuendo per oltre il 4% al PIL italiano. Si tratta di una scelta che, peraltro, rischia di penalizzare tali realtà in un momento cruciale per il Terzo settore in vista dell’arrivo del placet UE sui nuovi regimi fiscali (art. 18 del D.lgs. n. 112/2017 attualmente al vaglio della Commissione europea). Al pari delle start up innovative, infatti, il legislatore ha intenso agevolare chi sceglie di investire in una impresa sociale prevedendo, rispettivamente, una detrazione IRPEF del 30% della somma investita in favore delle persone fisiche e una deduzione IRES di pari importo in favore delle persone giuridiche (art. 18, c. 3 e 4). In particolare, a regime, il contribuente persona fisica, per quanto di interesse, potrà detrarre dall’IRPEF il 30% della somma investita nel capitale sociale di una o più società, incluse le società cooperative, aventi la qualifica di impresa sociale, a condizione che tale qualifica sia acquisita successivamente all’entrata in vigore del Decreto e che la società abbia acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni. A ciò si aggiunge il rispetto di due condizioni. L’ammontare dell’investimento non detraibile nel periodo d’imposta di riferimento può essere portato in detrazione in quelli successivi, ma non oltre il terzo; mentre l’investimento massimo oggetto di incentivo non può superare, per ciascun periodo d’imposta, l’importo di 1.000.000 di euro e deve essere mantenuto, a pena di decadenza del beneficio, per almeno cinque anni. Un sistema, quello appena descritto, che ricalca quanto previsto per le start up innovative e che, senza una espressa menzione tra le deroghe ai tagli previsti dalla legge di bilancio, rischia in futuro, per i contribuenti con redditi superiori a 75mila euro, di disincentivare gli investimenti a favore del terzo settore. In sostanza, una volta operativo l’art. 18 del D.lgs. n. 112/2017, proprio per i contribuenti con maggiore capienza finanziaria il rischio è di avere ben poco spazio per recuperare fiscalmente una parte degli investimenti. In tal caso la soluzione possibile potrebbe essere quella di allineare le agevolazioni fiscali per le start-up e le PMI innovative con quelle destinate alle imprese sociali, in modo da garantire un sostegno equo e coerente al settore del welfare.