[di Antonio Fici, pubblicati in «DIRITTO ed ECONOMIA del TERZO SETTORE», vol. I, 1/2024, pp. I-IV]
A distanza di alcuni anni dall’avvio della Riforma, sembra oggi superata la stagione in cui ancora si esortava a «prendere sul serio» il diritto del terzo settore, ammonendo che «non può esistere terzo settore senza diritto del terzo settore». Il diritto del terzo settore è ormai una realtà presa in considerazione a tanti fini e diversi livelli.
Sul versante legislativo, il diritto del terzo settore sta dimostrando una notevole capacità di influenzare l’ordinamento giuridico generale, così come altri diritti «secondi». Basti qui menzionare, a titolo d’esempio, da un lato l’impatto che gli articoli 55-57 del Codice del terzo settore hanno avuto sul nuovo Codice dei contratti pubblici (dove è adesso presente un articolo specificamente dedicato all’«amministrazione condivisa»), e dall’altro lato l’influenza notevole che il Codice del terzo settore ha spiegato sulle scelte operate dal legislatore dello sport nella riforma del 2021.
Del resto, il grado di «salienza costituzionale» del diritto del terzo settore è molto elevato, come emerge dalla storica sentenza n. 131 del 2020 della Corte Costituzionale. Da qui, l’attenzione che il diritto del terzo settore merita a livello istituzionale, nonché la necessità per gli stessi enti cui s’indirizza di trattarlo come un «bene comune» da curare, preservare e promuovere con tutti i mezzi loro possibili. Anche l’Unione europea, originariamente disinteressata verso questo gruppo di organizzazioni, sembra adesso, forse spinta dalla necessità, dedicarvi crescente attenzione. Del resto, il diritto dell’Unione europea serve agli enti del terzo settore allo stesso modo in cui serve alle organizzazioni for profit per realizzare propri interessi di carattere transfrontaliero.
Sul fronte scientifico, il diritto del terzo settore si dimostra per sua natura particolarmente articolato e complesso. Quale disciplina di secondo livello che individua le norme per l’attribuzione e la conservazione di uno status promozionale deve coordinarsi con le discipline di primo livello che regolano la costituzione e il funzionamento degli enti giuridici che tale status assumono, ovvero quel diritto privato delle organizzazioni che più non sopporta l’artificiosa e controproducente suddivisione tra un’area coltivata dalla dottrina giusprivatistica (gli enti del primo libro) e un’area di competenza della dottrina giuscommercialistica (gli enti del quinto libro). Essendo inoltre una disciplina che promuove i suoi enti su più fronti, il diritto del terzo settore non è solo diritto privato, ma spazia dal diritto amministrativo al diritto tributario, dal diritto del lavoro al diritto dell’Unione europea, richiedendo competenze trasversali che oltrepassano i tradizionali confini tra discipline scientifiche dell’area giuridica.
È proprio la complessità del diritto del terzo settore a rendere il suo studio particolarmente utile e stimolante anche in prospettiva sistematica. Si pensi soltanto all’impatto dirompente dell’art. 22 d.lgs. 117/2017 sulla teoria della personalità giuridica degli enti di diritto privato. Non è un caso, dunque, se la letteratura giuridica sul tema è già «sterminata».
Il diritto del terzo settore è per sua natura un diritto fortemente ancorato alla realtà organizzativa che è chiamato a regolare. È un diritto «concreto», che deve perciò essere esaminato e valutato per il suo effettivo impatto sul terzo settore. Da qui l’esigenza di un approccio multi- ed inter-disciplinare al diritto del terzo settore, capace di coniugare le conoscenze giuridiche con quelle proprie di altre scienze sociali, in particolar modo economiche, ma anche sociologiche, statistiche e filosofico-politologiche.
Non meno degni di nota sotto il profilo dell’analisi economica e giuridica sono altresì da un lato i rapporti che il terzo settore e il suo diritto intrattengono con i diversi campi di attività nei quali gli enti del terzo settore possono agire e con le relative discipline (dallo sport dilettantistico alla sanità, dalla protezione civile al commercio equo e solidale, dalla socio-assistenza alla cultura e formazione professionale, ecc.), dall’altro lato i rapporti tra terzo settore e tutto ciò che ruota attorno alla socialità e/o sostenibilità delle imprese for profit e cooperative, in particolar modo quante di esse hanno lo status di società benefit o sono chiamate a redigere rendiconti non finanziari o di sostenibilità.
Questa Rivista nasce per iniziativa di un gruppo di studiosi appassionati della materia e convinti, per le ragioni sopra brevemente illustrate, che il terzo settore meriti uno specifico spazio nel quale la riflessione accademica possa avvalersi dell’ormai indispensabile confronto tra diritto ed economia, convergendo, se possibile, in analisi unitarie.
La Rivista ambisce pertanto ad essere il luogo in cui questa riflessione possa liberamente svolgersi, grazie ad apporti di studiosi di differenti discipline e provenienza diversa, cercando di esplorare le relazioni con diritti limitrofi e con ordinamenti giuridici stranieri, in prospettiva di completa multi- ed inter-disciplinarietà.
L’auspicio è che la Rivista, oltre ad essere letta e apprezzata da lettori non solo accademici, possa essere utile a risolvere le questioni concrete che quotidianamente enti ed istituzioni si trovano ad affrontare nell’interpretare ed applicare questa complessa disciplina.