Il patriottismo “sociale e/è gentile” di Gianluca Budano può diventare uno strumento di riscatto per il sociale

Ecco il contributo del Presidente di Terzjus, Luigi Bobba, al libro di Gianluca Budano Base, altezza e profondità. Fondamenti scientifici e popolari di managerialità diffusa e di patriottismo sociale (Meltemi Editore, 2023)

L’originale ed inedita espressione “patriottismo sociale”- che Gianluca Budano utilizza nell’introduzione di questo volume – potrebbe apparire a prima vista un po’ oscura e non facilmente decifrabile.

A chi scrive è tornato immediatamente alla mente il “patriottismo dolce” coniato da Ermete Realacci all’inizio degli anni 2000. Non un patriottismo maschio, guerriero, la cui identità si regge sulla contrapposizione tra patrie, ma un patriottismo gentile che non rinuncia a riconoscere le domande di identità e di appartenenza delle persone, dei popoli e delle nazioni, ma non le brandisce come arma per contrapporsi ad altre persone, ad altri popoli, ad altre nazioni; bensì concepisce l’identità e l’appartenenza come vie per un dialogo tra diversi che ha come orizzonte la la “convivialità delle differenze” (felice espressione di Antonio Nanni).

Ebbene, con il “patriottismo sociale” si compie una analoga operazione di sfondamento culturale, attraversando campi tra loro accuratamente recintati. Come in Realacci l’operazione culturale mirava ad un obiettivo politico – non regalare il concetto di patria ad un passato polveroso o alle pulsioni di una destra sovranista -; così il “patriottismo sociale” rivendica per il sociale un ruolo né ancillare, né marginale; non ultima ruota del carro, opzione residuale a fronte di ciò che sa di potenza: la scienza, la politica, le imprese. Ma esiste un rischio: che l’espressione possa apparire un po’ fumosa se non ha un ancoraggio certo, un luogo fondativo. E l’autore per certi versi lo evoca quando richiama le parole di Toqueville “gli stati li hanno inventati gli uomini, ma le città le ha inventate Dio”; o quando si riallaccia al concetto di “patriottismo municipale” come paradigma dell’appartenza ad una comunità territoriale. Ed è proprio la comunità il porto di approdo a cui il vascello leggero del “patriottismo sociale” potrebbe tendere  per trovare un luogo in cui dare vita ad una nuova patria, a una nuova città, ad un nuova esistenza. Quella comunità spesso “dimenticata da stato e  mercati” (il richiamo è al bel libro di  Raghuram G. Rajan ”Il terzo pilastro”). Non certo una comunità come orizzonte nostalgico e ristretto, ma risposta per superare la crescente incertezza e precarietà del tempo presente. Comunità come “terzo pilastro”, come luogo generativo per sconfiggere la crescente solitudine delle nostre metropoli, combattere il cancro delle diseguaglianze sociali e restituire senso al vivere comune. Se letto in questa direzione, il “patriottismo sociale” può diventare uno strumento di riscatto per il sociale. Perché i problemi del vivere comune, non possono essere compresi e affrontati solamente affidandosi alla crescita economica o al potere salvifico della tecnologia. Da sole crescita e innovazione tecnologica diventano ben presto maschere deformate che producono nuove forme di esclusione sociale. La sfida lanciata da Budano è rischiosa ma affascianante; per questo merita di essere raccolta.

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