Il virus come crash test del volontariato. Intervista al Presidente Bobba.

La sentenza della Corte costituzionale (131/2020) dà forma alla sussidiarietà orizzontale. E recepisce alcuni articoli del Codice del Terzo settore. Cosa cambia?

“Questa sentenza della Consulta rappresenta una piccola rivoluzione culturale. Per cui non sarà più possibile sostenere che lo Stato sia l’unico titolare del bene comune. Il giudice costituzionale ha preso in esame l’articolo 55 del Codice del terzo settore (Cts). E’ quello che regola i rapporti tra Enti del terzo settore (Ets) e amministrazioni pubbliche”.

Cosa stabilisce?

“Afferma con chiarezza che esso rappresenta una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale. Per tale principio (articolo 118 della Carta Costituzionale), le diverse articolazioni dello Stato hanno il compito di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini. Singoli e associati. Nello svolgimento di attività di interesse generale. Secondo il principio di sussidiarietà”.

Con quali effetti?

“In sintesi, la Corte afferma che nel rapporto tra Ets (Enti del terzo settore) e amministrazioni pubbliche vi è una “comunione di scopo”. Ciò giustifica un trattamento specifico nei confronti degli Ets. Infatti, l’articolo 55 del Codice del terzo settore prefigura una convergenza di obiettivi. Tra privato sociale e Stato. Nel realizzare interventi diretti ad elevare i livelli di cittadinanza attiva. Di coesione. E protezione sociale”.

L’ Europa è d’accordo?

“La Corte, in buona sostanza, riconosce un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza, ma a quello di solidarietà. E ciò, in relazione ad attività a forte valenza sociale, è compatibile anche con il diritto dell’Unione Europea. Naturalmente questa particolarità è riservata esclusivamente ad alcuni Ets. Cioè agli Enti del terzo settore che potranno iscriversi al Registro unico del Terzo settore: per struttura, scopo, funzionamento”.

Quali cambiamenti comporta?

Per gli Ets si tratta insomma di passare dal ruolo di semplice fornitore a “partner di progetto” delle pubbliche amministrazioni. Nella realizzazione e cura di beni comuni. Una disamina più approfondita di tale cambiamento, la si può trovare nel primo Quaderno di Terzjus, scaricabile dal sito www.terzjus.it. All’interno di esso vi sono raccolti autorevoli contributi di accademici e professionisti”.

In cosa consiste la proposta fatta a Conte di un Action plan per l’economia sociale e il terzo settore, analogamente a quanto sta facendo la Commissione Europea?

“A luglio, diversi esponenti del Terzo settore e del mondo accademico, avevano scritto al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Nella lettera si chiedeva al governo di dotarsi di un ‘Action plan’; un piano d’azione nazionale, per tracciare una strategia con cui rendere il terzo settore e l’economia sociale parti integranti del percorso di rilancio del Paese. Tale richiesta trovava origine in una decisione della Commissione Europea”.

Quale?

La decisione di realizzare per il 2021 un piano di azione per l’economia sociale che sostenga gli investimenti sociali. Dia supporto agli attori dell’economia sociale e alle imprese sociali, Per avviare nuove attività e sviluppare quelle esistenti, innovare e creare occupazione. A tale nostra sollecitazione non è ancora stato dato un riscontro; così come non risulta che il governo abbia risposto alla lettera del Commissario, Nicolas Schmidt”.

Cioè?

“A Schmidt è stata attribuita questa delega. E ha scritto nella primavera scorsa alle ministre Catalfo e Bonetti. Inoltre, lo stesso Commissario Schmit ha espresso un auspicio. E cioè che, grazie al turno di presidenza italiana del G20, il tema dell’economia sociale diventi centrale, e possa essere inserito nell’agenda dei lavori di tale autorevole consesso internazionale”.

Perché

“Ciò anche in ragione della qualificata legislazione di cui il nostro Paese si è recentemente dotato in materia di Terzo settore e di imprese sociali. Un “Action plan nazionale” potrebbe indicare una chiara strategia dell’Italia per valorizzare il terzo settore in ordine al contributo che può offrire: sia per gli investimenti relativi alla Next Generation Eu, sia per i programmi comunitari 2021-27. Il tutto, attraverso la regia e il coordinamento della presidenza del Consiglio. E mediante un’ampia consultazione che coinvolga tutti gli attori interessati”.

La seconda ondata della pandemia, vista dalla prima linea dell’assistenza ai fragili, quali difficoltà e sfide pone?

“Difficile ora avere un quadro degli effetti della seconda ondata della pandemia sulle persone più fragili, sui vulnerabili. Vi sono però alcuni indicatori che ci dicono che non vi sia ancora un’adeguata attenzione a tutelare e proteggere le persone che vivono maggiori problematiche sia sociali che di salute. Ha suscitato molto clamore il tweet lanciato dal presidente della regione Liguria, Giovanni Toti. L’infelice espressione lasciava intendere che possono anche essere considerati cittadini di serie B coloro che non sono fondamentali, per la tenuta del sistema produttivo. in quel caso gli anziani”.

Chi altri?

“Altrettanto è capitato alle categorie delle persone più povere, o che presentano diverse forme di disabilità. Se si fa un esame di ciò che è accaduto con i diversi decreti legati all’emergenza, si può constatare un dato di realtà: queste persone sono state non poche volte dimenticate o lasciate in una specie di limbo. E’ il caso dei bambini che vivono in famiglie o in contesti territoriali disagiati: la didattica a distanza li ha fortemente penalizzati”.

E i migranti?

La sostanziale distruzione del sistema di accoglienza diffusa operata con i ‘decreti sicurezza’ ha esposto maggiormente i migranti  al rischio di contagio. Così come si registra il mancato coinvolgimento del mondo della cooperazione sociale nella programmazione, e nella gestione dei servizi socio-sanitari. Ciò ha prodotto non poche carenze nella continuità dei servizi per i più deboli, scaricando sulle famiglie gran parte dell’onere della loro assistenza”.

Di cosa c’è urgente bisogno?

“Servono misure puntuali per le diverse categorie di persone fragili. Ma c’è bisogno anche anche di un coinvolgimento non episodico del mondo del Terzo settore, per evitare lo sfilacciamento delle reti della solidarietà e della coesione sociale”.

Papa Francesco ha ribadito che nessuno si salva da solo. Nell’emergenza sanitaria si diventa più egoisti o più solidali?

Il Pontefice, fin dall’inizio della pandemia, ha sempre tenuto fede ad un principio semplice ma essenziale: nessuno si salva da solo. Un antidoto alle spinte egoistiche che nella crisi si sono fatte più forti e resistenti. Ma la ‘pedagogia popolare’ di Papa Francesco è andata oltre. Nel dramma e nelle difficoltà della crisi, ha cercato di cogliere un’occasione per riflettere sul nostro modo di vivere, produrre e consumare”.

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