Conversione in legge del PNRR e modifiche al diritto del Terzo settore

Il d.l. 31 maggio 2021, n. 77, rubricato “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”, mediante l’art. 66, comma 1, ha determinato il differimento al 31 maggio 2022 del termine indicato dall’art. 101, comma 2, del codice del Terzo settore. Si tratta di una proroga annuale rispetto al precedente termine coincidente con la data del 31 maggio 2021 che consentirà agli enti già iscritti nei registri Onlus, ODV e APS di adeguarsi alle disposizioni inderogabili contenute nel codice del Terzo settore.

Ben più marcata appare l’incidenza della l. 29 luglio 2021, n. 108, attraverso cui è stato convertito il predetto d.l. con integrazioni che hanno interessato anche l’art. 66, comma 1, d.l. 77/2021, che modifica, a sua volta, l’art. 4, comma 3, del codice del Terzo settore.

Agli enti religiosi civilmente riconosciuti si applicano, quindi, le norme del codice del Terzo settore non più limitatamente allo svolgimento delle attività di interesse generale, disciplinate dall’art. 5 del codice in questione, bensì anche con riguardo alle attività diverse previste dall’art. 6 del codice del Terzo settore, purché gli enti «adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, recepisca le norme del presente Codice e sia depositato nel Registro unico nazionale del Terzo settore».

Per lo svolgimento delle attività di interesse generale e delle attività diverse è resa obbligatoria la costituzione di un patrimonio destinato, oltre a dover essere tenute separatamente le scritture contabili disciplinate dall’art. 13 del codice del Terzo settore. Vengono aggiunti i seguenti periodi alla fine dell’art. 4, comma 3: «I beni che compongono il patrimonio destinato sono indicati nel regolamento, anche con atto distinto ad esso allegato. Per le obbligazioni contratte in relazione alle attività di cui agli articoli 5 e 6, gli enti religiosi civilmente riconosciuti rispondono nei limiti del patrimonio destinato. Gli altri creditori dell’ente religioso civilmente riconosciuto non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo svolgimento delle attività di cui ai citati articoli 5 e 6».

Con tale novella si precisa l’ampiezza della segregazione patrimoniale riguardante il “ramo” ente del Terzo settore (ETS) degli enti ecclesiastici: a tale “ramo” viene riconosciuta una autonomia patrimoniale perfetta tale da impedire confusioni con gli altri cespiti dell’ente. Infatti, per le obbligazioni contratte nell’ambito delle attività di interesse generale o delle attività diverse, gli enti religiosi risponderanno nei limiti del patrimonio destinato. L’effetto separativo è reale e non meramente contabile o documentale: in linea con la disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare (in base al combinato disposto tra art. 10 codice del Terzo settore e artt. 2447-bis s.s. c.c.), è preclusa ai creditori diversi da quelli del “ramo” ETS l’aggressione dei beni compendiati nel patrimonio destinato al fine di far valere le proprie pretese.

Le regole strutturali e operative appena menzionate sono estese anche agli enti religiosi civilmente riconosciuti che esercitano attività d’impresa di interesse generale e nei cui confronti trova applicazione il d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112. Il nuovo art. 1, comma 3, d.lgs. 112/2017, come disposto dall’art. 66, comma 1-bis, d.l. 77/2021, reca con sé la seguente addizione normativa: «I beni che compongono il patrimonio destinato sono indicati nel regolamento, anche con atto distinto ad esso allegato. Per le obbligazioni contratte in relazione alle attività di cui all’articolo 2, gli enti religiosi civilmente riconosciuti rispondono nei limiti del patrimonio destinato. Gli altri creditori dell’ente religioso civilmente riconosciuto non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo svolgimento delle attività di cui al citato articolo 2».

L’art. 66, comma 1, d.l. 77/2021 interviene anche sull’art. 32, comma 4, del codice del Terzo settore, dedicato alle ODV che svolgono attività di interesse generale di protezione civile. Ai sensi dell’art. 32, comma 2, del codice del Terzo settore, gli atti costitutivi delle ODV possono prevedere l’ammissione come associati di altri enti del Terzo settore o di soggetti senza scopo di lucro, purché «il loro numero non sia superiore al cinquanta per cento del numero delle organizzazioni di volontariato». Con l’art. 66, comma 1, d.l. 77/2021, ora, si esclude che ai fini del calcolo della quota percentuale siano computati «i gruppi comunali, intercomunali e provinciali di protezione civile».

Un ultimo intervento sul testo del codice del Terzo settore avviene mediante l’art. 66-bis, comma 10, d.l. 77/2021, ove è disposta l’abrogazione del comma 3 dell’art. 78 del codice del Terzo settore. Per quanto riguarda il regime fiscale del social lending non occorrerà più alcun decreto attuativo del Ministero dell’economia e delle finanze. Come si legge nel Dossier del 26 luglio 2021, preparato dal Servizio Studi del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, già l’art. 78, comma 1, del codice del Terzo settore “prevede già che i soggetti gestori delle piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (piattaforme di Peer to Peer Lending), nel caso in cui i prestiti erogati attraverso le piattaforme siano stati destinati al finanziamento e al sostegno delle attività di interesse generale (indicate all’articolo 5 del Codice del Terzo settore) operano, sui redditi di capitale corrisposti a persone fisiche per il loro tramite, una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta con l’aliquota prevista per le obbligazioni pubbliche (12,5%)”.

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