Depositata in cancelleria il 17 dicembre 2024, la sentenza n. 201 della Corte costituzionale (giudice redattore la Prof.ssa A. Sciarrone Alibrandi) offre un contributo al consolidamento sistematico del Terzo settore.
All’origine della controversia vi è stato il giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1, 2 e 3, 3, comma 1, e 7, comma 1, lettera c), della legge della Regione Calabria 14 marzo 2024, n. 8 – Disposizioni per il riconoscimento della rilevanza sociale della fibromialgia e della elettrosensibilità e istituzione dei relativi registri regionali – promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Per quanto qui interessa, sono stati impugnati: l’art. 1, comma 3, nella parte in cui prevede che gli ambulatori multidisciplinari possano essere «coadiuvati da sportelli delle associazioni di volontariato che si occupano di fibromialgia e di elettrosensibilità sul territorio regionale […]»; l’art. 3, comma 1, nella parte in cui dispone che «la Regione riconosce il rilevante apporto delle associazioni e del volontariato che si occupano della fibromialgia e della elettrosensibilità sul territorio regionale, valorizzando e diffondendo le loro attività aventi come obiettivo il perseguimento di finalità di solidarietà»; infine, l’art. 7, comma 1, lettera c), nella parte in cui prevede la presentazione, ogni due anni, da parte della Giunta regionale al Consiglio regionale, di una relazione volta a documentare, fra l’altro, «le attività di informazione e formative nonché le campagne di sensibilizzazione promosse dalle associazioni sul territorio regionale».
Secondo la prospettazione del ricorrente, le disposizioni regionali:
i) nel prevedere forme di collaborazione istituzionale soltanto con le associazioni di volontariato e altre associazioni, si porrebbero in contrasto con le norme statali contenute nel codice del Terzo settore (CTS), per cui tutti gli enti del terzo settore (ETS), compresi quelli non qualificati come organizzazioni di volontariato o non costituiti in forma di associazione, possano svolgere, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lettere b) e c), prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e avvalersi dell’apporto di volontari;
ii) nella parte in cui non comprendono tutti gli ETS individuati e disciplinati dalla legge statale, limiterebbero irragionevolmente il novero di quelli abilitati al coinvolgimento e alla collaborazione istituzionale nelle attività aventi a oggetto prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, in contrasto con l’art. 3 Cost., e invaderebbero la competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile, a cui deve ricondursi non solo la conformazione specifica e l’organizzazione degli ETS, ma anche la definizione delle regole essenziali di correlazione con le autorità pubbliche.
La Regione Calabria, invece, ha contestato i rilievi del ricorrente:
i) le espressioni impiegate dalle disposizioni regionali impugnate, peraltro in maniera generica, non sarebbero utilizzate allo scopo di circoscrivere gli ambiti di intervento a una tipologia specifica di soggetti. Ciò sarebbe dimostrato dalla previsione di cui all’art. 3 della medesima legge che, richiamando il rilevante apporto delle associazioni e del volontariato che si occupano di fibromialgia e di elettrosensibilità sul territorio, si porrebbe in correlazione con l’art. 5 CTS;
ii) dalla lettura complessiva della legge impugnata emergerebbe la volontà del legislatore regionale di coinvolgere, nella realizzazione degli obiettivi previsti, tutti gli ETS che si occupano di fibromialgia ed elettrosensibilità sul territorio, a tanto non ostando la generica denominazione utilizzata per indicare i beneficiari.
La Corte costituzionale ha reputato le questioni prive di fondamento.
Dopo aver ricordato la precedente sentenza n. 72/2022, mediante cui è stata posta in risalto la “funzione unificante” del CTS, ed aver rievocato la concretizzazione della sussidiarietà orizzontale da parte del CTS, così come fatta emergere dalla sentenza n. 131/2020, secondo i giudici “la lettura sistematica di tutte le disposizioni che compongono la legge reg. Calabria n. 8 del 2024, anche alla luce della ratio complessiva di quest’ultima, rende possibile un’interpretazione delle disposizioni regionali impugnate in linea con l’art. 5 cod. terzo settore e, quindi, conforme alla Costituzione”.
Gli artt. 1, comma 3, 3, comma 1, 7, comma 1, lett. c), e 4 (quest’ultimo non impugnato) effettuano “plurimi richiami a tipologie di enti («associazioni», «volontariato»), identificate in maniera generica e atecnica, di volta in volta differenti, sebbene alle medesime siano imputate attività sostanzialmente coincidenti e riconducibili a quelle iniziative «di rilevante interesse regionale» che l’art. 4 attribuisce espressamente e correttamente a tutti gli «enti del Terzo settore» presenti sul territorio regionale”.
Pertanto, in disparte da irrigidimenti interpretativi formalistici, “la genericità dei termini impiegati e la coincidenza fra le attività cui si riferiscono le disposizioni impugnate e quelle imputate dalla medesima legge reg. Calabria n. 8 del 2024 – sia pure in una distinta disposizione – agli ETS «consente di interpretare la categoria dei beneficiari in senso costituzionalmente conforme all’art. 3 Cost.» (sentenza n. 52 del 2021), nonché alle norme del cod. terzo settore”.
La Corte costituzionale non risparmia critiche alla scarsa precisione del linguaggio tecnico; tuttavia, si ritiene che il legislatore regionale “abbia inteso riferirsi, con riguardo allo svolgimento di attività di interesse generale comunque riconducibili in prevalenza alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie di cui all’art. 5, lettere b) e c), cod. terzo settore, a quel complesso e variegato arcipelago dei soggetti di diritto privato che «esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale» (come recita il comma 1 dell’art. 5 appena richiamato), avvalendosi preferibilmente di volontari”.
Quindi, il legislatore regionale ha effettuato semplici richiami nominalistici, ancorché “in maniera poco accurata e disomogenea”, senza così conferire “significati preclusivi, bensì meramente esemplificativi”.
Il passaggio finale è dedicato all’apporto del volontariato: “il riferimento ricorrente al «volontariato», pur rivelando un favor nei confronti degli enti che si avvalgono di volontari”, non assume alcuna valenza discriminatoria, “considerato che, ai sensi dell’art. 17 cod. terzo settore, tutti gli ETS possono avvalersi di volontari senza limitazioni, previste solo per l’impresa sociale, non a caso esclusa dall’imputazione di tali attività di interesse generale”. Ciò è vero, alla luce di quanto è disposto dall’art. 12, commi 2 e 2-bis, d.lgs. n. 112/2017, ma occorre pur sempre ricordare che tra le attività d’impresa di interesse generale vi rientrano quelle aventi ad oggetto interventi e prestazioni sanitarie e prestazioni socio-sanitarie, così come previsto dall’art. 2, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 112/2017. Il discrimine quindi si coglie sul piano dell’organizzazione dell’attività e dell’allocazione delle risorse.