Il Consiglio di Stato, attraverso la sentenza n. 6211 dell’11 luglio 2024, si è pronunciato su un ricorso originato dall’impugnazione della sentenza del T.A.R. Campania, n. 6670 del 4 dicembre 2023, avente ad oggetto una procedura aperta per la conclusione di un accordo quadro, ai sensi del previgente art. 54, comma 3, d.lgs. n. 50/2016, per l’affidamento del servizio di noleggio di automediche dotate di autista e infermiere con posizionamento sul territorio aziendale.
Secondo la società ricorrente seconda classificata, l’A.T.I. aggiudicataria dichiarava, nelle giustificazioni, un utile da reinvestire per attività istituzionali: pertanto, il servizio di appalto, andava inquadrato quale attività secondaria e marginale. Proprio l’art. 6 del codice del Terzo settore, rubricato “Attività diverse”, prevede che gli enti del Terzo settore possano svolgere attività differenti da quelle di interesse generale, svolte in via esclusiva o principale ex art. 5 del predetto codice, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti dal D.M.L.P.S. 19 maggio 2021, n. 107. Nel caso in rassegna, secondo la prospettazione attorea, le associazioni di volontariato che componevano l’A.T.I. non si erano avvalse della facoltà di esercitare delle attività diverse con la conseguente carenza in capo alle stesse dell’idoneità professionale necessaria per la partecipazione alla gara. Inoltre, lo svolgimento dell’appalto quale attività secondaria era incompatibile con i limiti quantitativi fissati dal D.M. n. 107/2021 e avrebbe determinato la decadenza delle controinteressate dall’iscrizione nel RUNTS.
Per il giudice di prime cure, invero, “la tesi sostenuta nel ricorso (in ordine alla natura secondaria dell’attività oggetto di appalto) non può desumersi dalla dichiarazione resa dalla controinteressata circa la destinazione degli utili ad attività istituzionali; al riguardo, non può escludersi, infatti, che quella dedotta dell’appalto debba essere ascritta proprio alle attività di interesse generale ex art. 5 del D. Lgs. n. 117/2017 che, tra l’altro, ricomprendono, alla lett. b), gli “interventi e prestazioni sanitarie”.
L’appellante insiste, precisando che “le prestazioni da erogare ai fini dell’esecuzione dell’appalto oggetto del presente giudizio non sono né a titolo gratuito, né a rimborso spese, per cui esse non rientrano tra quelle di interesse generale ma, avendo natura commerciale, devono essere annoverate nell’ambito di quelle secondarie, di cui all’art. 6, potendo quindi essere esercitate solo se espressamente previste all’interno dello statuto, con la conseguente carenza in capo alla controinteressata del relativo requisito idoneativo”.
Il Consiglio di Stato reputa non meritevole di accoglimento il motivo di appello formulato.
Dopo aver ripercorso i fondamenti disciplinari del diritto degli enti del Terzo settore, i giudici amministrativi hanno valorizzato la “tipizzazione normativa” condotta dal codice del Terzo settore: essa si è svolta “su due fronti, connessi funzionalmente ma oggettivamente distinti: da un lato il contenuto delle attività di “interesse generale”, tratteggiato essenzialmente in relazione agli interessi (di carattere sociale, sanitario, umanitario e culturale) che sono dirette a soddisfare, dall’altro la forma e gli scopi del loro svolgimento, i quali devono essere caratterizzati in senso non lucrativo”.
Per i giudici, l’art. 6 del codice del Terzo settore si fonda “su un criterio di “diversità” oggettiva e non teleologica, quale emerge appunto dal raffronto con il catalogo di cui all’art. 5, comma 1: con la conseguenza che è rispetto a tale attività, oggettivamente connotata, che deve ricorrere la condizione che “l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano”. Quindi, le attività di interesse generale “ove svolte con lo scopo di lucro (ovvero attraverso l’ottenimento di un utile), non diventano per ciò solo “diverse” né richiedono quindi, a differenza di quelle anche “oggettivamente” diverse, una specifica iscrizione nell’atto costitutivo o nello statuto, ma possono essere svolte come attività “secondarie e strumentali”, purché nel rispetto dei “criteri e dei limiti” fissati dal citato D.M”. A conforto dell’elaborazione suggerita, i giudici richiamano quanto disposto dall’art. 33, comma 3, del codice del Terzo settore, ove è riconosciuta alle organizzazioni di volontariato la possibilità di ricavare lucro oggettivo, e quindi senza il vincolo canonico del rimborso spese, solo qualora l’attività di interesse generale prestata sia svolta quale attività secondaria e strumentale, nei limiti di cui all’art. 6 del codice del Terzo settore.
In sintesi, “non essendo contestato che le attività oggetto del presente appalto, nella loro oggettiva consistenza, siano previste nell’atto costitutivo della controinteressata (trovando corrispondenza l’oggetto dell’accordo quadro, relativo al “servizio di noleggio di automediche dotate di autista e infermiere con posizionamento sul territorio aziendale”, nel “trasporto degli infermi e dei feriti a mezzo ambulanza, anche in emergenza e urgenza, e noleggio con conducente di ambulanza per trasporto infermi”, quale risulta dalla visura camerale della Confraternita di -OMISSIS- O.D.V.), la censura in esame non può che essere respinta”.