Riforma del Terzo settore: come funziona la registrazione delle imprese sociali. Sintesi del Quickinar del 12 marzo.

“Se il codice del Terzo settore è l’architrave della riforma, sicuramente il decreto legislativo 112 che riguarda la disciplina delle imprese sociali è uno dei pilastri su cui poggia”. Con queste parole, il presidente di Terzjus Luigi Bobba ha aperto il quickinar “Le imprese sociali e le cooperative sociali tra registro delle imprese e Runts” che si è tenuto lo scorso 12 marzo nell’ambito del percorso su “Gli Ets verso il registro unico (Runts)” organizzato da Terzjus in collaborazione con CSVnet e Forum nazionale del Terzo settore, in media partnership con Cantiere terzo settore. Relatore del seminario, il professore di Diritto privato nell’Università degli Studi del Molise, e Direttore scientifico di Terzjus, avvocato Antonio Fici.

Come è stato sottolineato in apertura dell’incontro, nonostante esistesse già il decreto legislativo 155/2006 e una normativa ad hoc sulle cooperative sociali (la legge 381/1991), la riforma del Terzo settore ha dato un forte impulso alle imprese sociali. Basti pensare che, pur in assenza delle norme fiscali di favore previste dalla nuova normativa (art. 18, d.lgs. 112/2017) e non ancora in vigore, è cresciuto considerevolmente il numero delle organizzazioni che si sono qualificate come imprese sociali iscrivendosi nel Registro delle imprese alla sezione “imprese sociali”. Un dato significativo riguarda le imprese sociali con forma diversa dalla cooperativa sociale che sono quasi raddoppiate, passando da 900 a circa 1800. Il processo si è messo in moto e se ci fosse il carburante delle norme fiscali troverebbe di sicuro un largo sviluppo.

Ecco una sintesi dell’intervento di Antonio Fici. In esso si sottolinea che il focus dell’intervento è il collocamento delle imprese sociali e delle cooperative sociali nella nuova cornice del sistema di registrazione degli enti del Terzo settore.

L’inquadramento dell’impresa sociale nel nuovo diritto del Terzo settore. Una storia che parte da lontano
L’impresa sociale non è una figura nuova, introdotta per la prima volta dalla riforma del Terzo settore del 2017, come nuove sono invece le figure degli enti filantropici e delle reti associative, ma trova origine in Italia nel decreto legislativo 155 del 2006 attuativo della legge delega n. 118 del 2005. La qualifica di impresa sociale esiste, quindi, da tempo. La normativa del 2006 presentava anzi una struttura generale che è stata sostanzialmente ripresa dal d.lgs. 112 del 2017 (recante la nuova disciplina dell’impresa sociale). A sua volta, il dl 155 del 2006 rappresentava una sorta di evoluzione della legge 381 del 1991 sulle cooperative sociali, in quanto consentiva, andando oltre la forma cooperativa, di costituire imprese sociali in altre forme giuridiche, come quella associativa, fondazionale o delle società commerciali (s.p.a., s.r.l., ecc.).

Quel disegno strategico, però, non è andato a buon fine, sia per la mancanza di misure fiscali ad hoc che per l’assenza di alcune norme, come quella sulla possibilità di remunerare, seppur limitatamente, il capitale conferito dai soci, che hanno impedito un vero e proprio decollo delle imprese sociali che non fossero cooperative sociali ex legge 381/1991.

A conti fatti, dalla legge 381 del 1991 in poi le cooperative sociali sono aumentate numericamente in modo considerevole, e la loro evoluzione quantitativa non si è arrestata dopo il 2006. Al contrario, le imprese sociali diverse dalle cooperative sociali erano poche centinaia.

Oggi l’impresa sociale costituisce una tipologia particolare – tra le altre – di ente del Terzo settore (Ets). Come già analizzato nel primo quickinar su “Forme e modalità di iscrizione al Runts”, ad ogni tipologia di ETS corrisponde una specifica sezione del RUNTS. La fonte principale di disciplina dell’impresa sociale è il decreto legislativo 112 del 2017, un testo formalmente separato dal decreto 117 del 2017, ma che deve essere letto come parte integrante e sostanziale di quest’ultimo. Non a caso ciascun decreto rinvia all’altro, sia per inquadrare le imprese sociali nel più ampio ambito del Terzo settore, sia per far capire che alle imprese sociali possono applicarsi anche le norme del Codice del Terzo settore (Cts) nel caso in cui non siano derogate da quelle del decreto sull’impresa sociale. Questo delicato equilibrio tra disciplina particolare di singole tipologie di ETS e disciplina generale del terzo settore trova fondamento nell’articolo 3 del Cts.

Le principali caratteristiche dell’impresa sociale

Rispetto alle altre tipologie particolari di ETS, l’impresa sociale è quella più eccentrica, più particolare e che più si distacca da tutte le altre tipologie. Nonostante sia un ente del Terzo settore a tutti gli effetti, se immaginiamo che esista un DNA comune a tutti gli Ets, l’impresa sociale è quella che presenta tratti particolari sotto tutti gli elementi di cui questo comune denominatore si compone. In generale gli ETS possono avere la forma di associazione (riconosciuta o meno) o di fondazione. Sebbene probabilmente nella settima sezione del Runts, quella dedicata agli “Altri Ets”, potrebbero iscriversi anche i comitati – ammesso che abbiano un’esistenza giuridica autonoma e siano distinti dalle associazioni – ma in generale le forme giuridiche di riferimento per il Terzo settore sono l’associazione e la fondazione.

Per l’impresa sociale, invece, si aggiunge la possibilità della forma societaria. Possono infatti aspirare alla qualifica di impresa sociale tutti i tipi di società, da quella semplice a quella in nome collettivo, dalla società a responsabilità limitata (incluso unipersonale) a quella per azioni (incluso unipersonale), dalle società cooperative a quelle consortili.

In sintesi, l’impresa sociale può essere costituita in tutte le forme giuridiche del codice civile: associativa (riconosciuta o meno), fondazionale o societaria.

Vi sono diverse ragioni che fanno prevedere che l’impresa sociale avrà per lo più forma societaria. Tale forma consente di finanziare l’impresa sociale con maggiore capitale di rischio, è quella più appropriata quando i conferimenti dei soci non siano tutti del medesimo ammontare, nonché quando si vogliano emettere strumenti finanziari di debito o misti. Ancor più in particolare, molta diffusione dovrebbe avere la società unipersonale “impresa sociale”, e quindi srl o spa costitute da un unico socio, così da fornire adeguata veste giuridica a tutte quelle società strumentali che altri enti del Terzo settore desiderino costituire per separare un ramo della loro attività e svolgerlo in forma d’impresa. Non ci si riferisce qui ai soli enti religiosi civilmente riconosciuti, ma a tutto il Terzo settore. Se un ente svolge marginalmente o solo in parte una certa attività commerciale, può farlo attraverso la costituzione (e il successivo controllo) di una società unipersonale impresa sociale. Vedremo in futuro se questa ipotesi sarà confermata dalla realtà, ciò per cui l’attivazione del regime fiscale dell’art. 18, d.lgs. 112/2012 sarà fondamentale.

Costituzione, registrazione, attività: alcuni elementi identitari

A differenza degli altri enti del Terzo settore che possono scegliere anche di costituirsi per scrittura privata (se non vogliono acquisire la personalità giuridica iscrivendosi al RUNTS), le imprese sociali si costituiscono sempre per atto pubblico notarile, indipendentemente dalla forma giuridica: associativa, fondazionale o societaria.

Una seconda differenza sostanziale tra le imprese sociali e gli altri Ets riguarda la modalità di registrazione: le imprese sociali non si registrano nel RUNTS ma nel Registro delle imprese, dove si trova una sezione “imprese sociali” loro dedicata. Poi, i dati sulle imprese sociali confluiranno anche al RUNTS attraverso una comunicazione diretta tra pubblici uffici. Le imprese sociali, pertanto, appariranno anche nel RUNTS, dove si trova per loro una sezione particolare.

Ultima difformità sostanziale è che le imprese sociali si caratterizzano perché svolgono attività di impresa, e quindi un’attività economica, produttiva di beni e servizi, e non già un’attività erogativa svolta a titolo gratuito o con ricavi che non superano i costi di produzione. Si tratta quindi di attività auto-sostenibili grazie ai corrispettivi che gli utenti privati o pubblici di beni o servizi pagano all’impresa sociale affinché li renda loro. Su questo aspetto si segnala che i settori di attività su cui l’impresa sociale può e deve operare non sono quelli elencati nell’articolo 5 del Cts. Esiste, infatti, una disposizione particolare all’articolo 2 del decreto legge 112 che elenca le attività che l’impresa sociale deve svolgere per essere tale. Molte di queste attività corrispondono a quelle dell’articolo 5 del codice del Terzo settore. Altre no. Tra le differenze che spiccano più di altre, c’è il microcredito, non consentito agli altri enti del Terzo settore perché si tratta di un’attività che può svolgersi solo da un ente societario.

Come tutti gli enti del Terzo settore, anche l’impresa sociale può svolgere attività diverse da quelle di interesse generale entro limiti che risultano già ben definiti dalla legge rispetto a quelli che valgono per gli altri Ets. In questo caso infatti, già la norma di legge all’articolo 2 indica che le imprese sociali possano svolgere attività diverse da quelle generali purché i ricavi che da esse provengano non siano superiori al 30% dei ricavi complessivi. Nonostante si aspetti anche in questo caso un decreto ministeriale che definisca le esatte modalità di calcolo di questo 30%, rimane comunque un criterio molto più chiaro rispetto a quello valevole per gli altri enti del Terzo settore ai sensi dell’art. 6 del Codice. Le attività diverse rappresentano una buona opportunità per l’autofinanziamento delle attività di interesse generale delle imprese sociali.

Altra specificità è che le  imprese sociali si possano caratterizzare non già per le attività che svolgono, bensì per l’inserimento lavorativo di persone o lavoratori svantaggiati nell’attività di impresa, indipendentemente da quale sia questa attività di impresa (che potrebbe dunque anche essere non di interesse generale). In questo caso il legislatore si è rifatto allo schema della legge 381 e alla nota distinzione tra cooperative sociali di tipo A e cooperative sociali di tipo B, ovvero di inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Le particolari deroghe all’assenza di scopo di lucro

Un elemento che mancava nel decreto del 2006 ed è invece presente oggi grazie alla Riforma consiste nel fatto che le imprese sociali che hanno forma di società, pur essendo e rimanendo enti senza scopo di lucro (e a finalità sociali) al pari degli altri Ets, possono, entro certi limiti oggettivi e soggettivi, remunerare il capitale conferito dai propri soci. In sostanza, entro certi margini oggettivi (50% degli utili annuali dedotte eventuali perdite riferite ai precedenti anni) e soggettivi (interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di non più di 2,5 punti sul capitale effettivamente versato: lo stesso limite valevole per le cooperative sociali) è consentito alle società imprese sociali di riconoscere ai soci dividendi sul capitale conferito. Questa è una novità della riforma del Terzo settore che potrebbe consentire alle imprese sociali di svilupparsi anche in assenza del regime fiscale agevolato, al momento ancora inefficace (per mancanza di autorizzazione europea). 

L’impresa sociale in generale (e non soltanto quella societaria), inoltre, potrebbe utilizzare parte dei propri utili disponibili (il 50%) non per remunerare il capitale conferito dai soci ma per effettuare erogazioni gratuite ad altri enti del Terzo settore. Se attentamente congegnata, quindi, l’impresa sociale potrebbe essere quell’Ets che in una logica di gruppo va alla caccia di risorse attraverso l’attività di impresa. Queste risorse possono poi essere utilizzate a beneficio di altri Ets, solidaristici o mutualistici, che non svolgono attività di impresa.

Specifiche regole di governance

L’impresa sociale ha anche proprie regole di governance, in quanto nel decreto 112 ci sono molti dei punti già disciplinati dal codice del Terzo settore ma trattati in maniera diversa.

Vediamone alcuni:

  • Bilancio sociale: è obbligatorio per tutte le imprese sociali, a differenza che per gli altri enti del terzo settore in cui è obbligatorio solo nel caso in cui si superi il limite individuato dal Cts nell’art. 14 (un milione di euro di entrate);
  • Organo di controllo: è sempre obbligatorio, a differenza che per gli altri enti associativi del terzo settore per cui invece lo è solo nel caso in cui si superino le soglie previste dall’articolo 30; obbligatorio è sempre invece per le fondazioni;
  • Devoluzione del patrimonio: se un’impresa sociale esce dal Runts, e così perde la qualifica di impresa sociale, essa perde tutto il proprio patrimonio (deve devolverlo disinteressatamente ad altre imprese sociali), ad eccezione del capitale conferito dai soci in una società impresa sociale; per gli altri ETS, invece, si perde in questo caso solo l’incremento patrimoniale eventualmente realizzato dal momento dell’ingresso nel RUNTS e non già l’intero patrimonio.
  • Norme sul coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti: se per gli Ets non è un obbligo il loro coinvolgimento, per le imprese sociali invece sì. Non si tratta di norme rigide: le imprese sociali possono adottare modalità diverse a seconda delle loro dimensioni o caratteristiche. Soltanto le imprese di grandi dimensioni hanno l’obbligo di coinvolgere i lavoratori e gli utenti anche negli organi di gestione e controllo dell’impresa sociale stessa.

Infine, le imprese sociali non sono soggette al controllo degli Uffici del Runts ma al controllo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali esercitato attraverso gli uffici dell’Ispettorato del lavoro. Anche in questo caso sarà possibile in futuro avere forme di auto-controllo: le imprese sociali che aderiscano ad un ente di secondo livello da loro formato o a una centrale cooperativa (cioè le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza, tutela e revisione del movimento cooperativo) potranno essere controllate da queste ultime piuttosto che dal Ministero.

Come funziona il sistema di registrazione delle imprese sociali

Come spiegato, le imprese sociali non devono iscriversi nel Runts ma solo al Registro delle imprese, nella sezione “imprese sociali”, operativa dal 2008. I problemi derivanti dalla mancata attivazione del RUNTS, quindi, non coinvolgono le imprese sociali, che non avvertono alcun effetto negativo dal lungo regime transitorio che stiamo vivendo, ad eccezione della mancanza dei benefici fiscali previsti dall’articolo 18 del dl 112, che diverranno operativi soltanto dopo l’autorizzazione della Commissione europea.

Al momento, le imprese sociali che non siano imprese sociali non possono ottenere il beneficio di non pagare le imposte sugli utili reinvestiti nelle attività (art. 18 comma 1) e usufruire indirettamente delle agevolazioni a disposizione di chi investe nel loro capitale (commi 3 e 5 dell’art. 18). L’auspicio è che questa fase temporanea sia presto superata in quanto il vero decollo delle imprese sociali passa non solo per questa nuova disciplina sostanziale, ma anche dalla leva fiscale, in particolare dalla misura relativa alla promozione delle partecipazioni (della sottoscrizione di capitale di rischio) in nuove imprese sociali.

Cosa accade dopo che le imprese sociali si iscrivono al registro delle imprese
Dopo che il Runts sarà attivo, tutti i dati relativi alle imprese sociali iscritte nel Registro delle imprese transiteranno nel RUNTS nella sezione “d”. Tuttavia, le imprese sociali dovranno dialogare anche con il RUNTS, così come previsto dal decreto 106 di settembre 2020, comunicando all’ufficio del Runts competente, regionale o provinciale autonomo in cui hanno la loro sede legale, alcune informazioni che non sono presenti nel registro delle imprese, tra cui:

  • numero di telefono;
  • sito internet;
  • eventuale attestazione di adesione a una rete associativa;
  • eventuale richiesta di partecipare alla misura del 5 per mille (tranne per quelle che hanno forma di società che non possono accedere a questo beneficio);
  • numero dei volontari iscritti.

La migrazione tra diverse sezioni del registro unico nazionale del Terzo settore

Il dialogo delle imprese sociali con il Runts si potrà avere anche nel caso di migrazione.

L’impresa sociale è il modello specifico di ETS congegnato per gli enti che si propongono di svolgere attività di impresa in via esclusiva o principale. Tutte le altre forme di Ets possono esercitarla ma non sono pensate per questo scopo.  Per evitare forzature, quindi, è auspicabile che gli enti del Terzo settore che di fatto svolgono già attività di impresa, soprattutto nel momento in cui le misure fiscali saranno sbloccate, acquisiscano la qualifica di impresa sociale. Quando ci sarà il Runts, le migrazioni interne per cambiare veste saranno semplificate, senza il rischio di perdere il patrimonio o di incorrere in altri impedimenti che rallentino l’operazione. In ogni caso, sarà necessario effettuare alcune modifiche come l’adeguamento dello statuto, o una trasformazione (ad es. da società ad associazione o fondazione), o, ove necessario, l’acquisizione della personalità giuridica nei casi in cui l’ente ne fosse sprovvisto.

Potrebbe verificarsi, inoltre, un processo inverso: la migrazione, quindi, può essere da o verso l’impresa sociale.

Nel caso in cui la migrazione avvenga da impresa sociale ad altro ente del Terzo settore, la prima dovrà avanzare una richiesta all’ufficio del Runts territorialmente competente – e non al Registro delle imprese – chiedendo di migrare nella nuova sezione individuata sulla base della veste del terzo settore che intenda assumere. A migrazione avvenuta, l’ente la comunicherà al Registro delle imprese ai fini della cancellazione. Tutto questo avviene senza applicare l’articolo 12 del decreto 112, quindi senza il rischio di perdere il patrimonio, ma soprattutto senza necessità dell’autorizzazione ministeriale richiesta per altre operazioni straordinarie che riguardino le imprese sociali. 

Gli effetti dell’iscrizione

L’iscrizione delle imprese sociali nel Registro delle imprese serve ad ottenere gli stessi effetti che si realizzano con l’iscrizione al Runts.

In primo luogo, con l’iscrizione è possibile ottenere la qualifica di impresa sociale. Nessun ente, infatti, può dirsi tale se non è iscritto nella sezione “impresa sociale” del registro delle imprese.

In secondo luogo, è utile ricordare che solo le imprese sociali iscritte potranno godere dei benefici fiscali riservati a questa tipologia di enti.

Un tema fondamentale è quello della personalità giuridica. Anche se non esplicitamente previsto, infatti, attraverso l’iscrizione al Registro delle imprese, le imprese sociali che hanno forma di associazione o fondazione dovrebbero poter acquisire la personalità giuridica ai sensi dell’articolo 22 del Cts. Su questo aspetto, però, manca una conferma ufficiale che sarebbe molto utile ottenere.

Le imprese sociali in forma di associazione o fondazione possono acquisire la personalità giuridica iscrivendosi al Registro delle imprese attraverso il notaio e con i requisiti minimi dell’articolo 22 o nel Runts?

Da un punto di vista logico, in assenza di posizioni ufficiali, la risposta è sì: un’associazione del Terzo settore che abbia 15.000 euro o una fondazione che abbia 30.000 euro di patrimonio, iscrivendosi al Registro delle imprese come impresa sociale dovrebbe poter acquisire la personalità giuridica come fanno le associazioni e le fondazioni che si iscrivono nel Runts. Ciò perché ai sensi dell’articolo 11 del Cts l’iscrizione al registro delle imprese sostituisce a tutti gli effetti l’iscrizione al Runts. Il che, in teoria, potrebbe avvenire anche domani, in quanto il registro delle imprese è già attivo.

Il caso delle cooperative sociali

Le cooperative sociali costituiscono la tipologia numericamente più ampia di imprese sociali. Questa è conseguenza della loro storia, della loro democraticità e perché sono le uniche imprese sociali che vantano un trattamento fiscale di favore già vigente e che –quando diventerà vigente anche quello delle imprese sociali – sarà sempre più favorevole, perché per le cooperative sociali ai benefici della legge 381 si sommeranno quelli del d.lgs. 112/2017. Le cooperative sociali, però non rappresentano il modello organizzativo adatto a tutti i tipi di esigenze, come nell’eventualità in cui l’ente del Terzo settore necessiti di esternalizzare alcuni servizi da realizzare separatamente attraverso un ente strumentale. In questo caso, ad esempio, dovrà necessariamente costituire una srl unipersonale o una spa unipersonale, anche perché la cooperativa deve avere un numero minimo di almeno 3 soci. Altri due possibili esempi di alleanze che difficilmente potrebbero assumere la forma giuridica di cooperativa sociale si riscontrano nei casi in cui è necessario aggregare capitali di ingente rilevanza oppure avere una governance interna basata sul capitale conferito piuttosto che sulla parità di voti in assemblea.

La legge 381 del 1991, a differenza di altre leggi, non è stata abrogata. Non solo. La riforma ha ampliato le potenzialità delle cooperative sociali perché ha esteso l’ambito delle attività che esse possono svolgere mediante il riferimento ad alcune lettere dell’articolo 2 del decreto 112.

Oggi, le cooperative sociali acquisiscono di diritto la qualifica di impresa sociale. Con il decreto 155 l’acquisizione non era invece automatica. La qualifica di impresa sociale di diritto ha fatto sì, per esempio, che le cooperative sociali già iscritte nella sezione ordinaria del Registro delle imprese venissero massivamente iscritte in blocco ed ex officio nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese dal Ministero dello Sviluppo economico che è competente in materia di cooperative.

Quali sono i vantaggi della qualifica di impresa sociale di diritto per le cooperative sociali?

Le cooperative sociali, essendo imprese sociali di diritto, possono godere dei vantaggi fiscali dell’articolo 18 che spettano a tutte le imprese sociali. A ciò si aggiunge il fatto che, essendo imprese sociali di diritto, non sono sottoposte a tutte le norme del 112 perché molte di queste servono appositamente per qualificare un ente come impresa sociale, ciò si cui loro, essendolo di diritto, non hanno bisogno. Infatti, essendo imprese sociali “di diritto”, le cooperative sociali non sono tenute a rispettare le norme “qualificatorie” dell’impresa sociale. Su questi aspetti, però, ci sono diverse interpretazioni contrastanti tra loro.

Per quanto riguarda, ad esempio, l’articolo 11 il problema non si pone in quanto viene esplicitato che le cooperative a mutualità prevalente (tra cui rientrano le cooperative sociali) sono dalla sua applicazione escluse, ma rimangono diversi dubbi su altre norme.

Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dello Sviluppo economico (Mise) che per ragioni diverse (il primo per la competenza sul terzo settore, il secondo per la competenza sulle cooperative) sono entrambi competenti sulle cooperative sociali hanno comunicato in una circolare interministeriale che alle cooperative sociali si applica l’articolo 9 comma 2 sul bilancio sociale.

Su questo è utile segnalare che l’obbligo scatta da quest’anno, con riferimento all’anno passato, secondo le linee guida ministeriali. Secondo, invece, l’Alleanza delle cooperative italiane, alle cooperative sociali, oltre all’articolo 9 comma 2, si applicherebbe anche l’articolo 7 comma 2.

Altre posizioni, tra cui quella dell’odierno relatore, seppur minoritarie, prevedono che non si dovrebbe applicare nessuna norma del decreto 112 se non quelle di favore come l’articolo 18 sulle misure fiscali.

Si ricorda inoltre che le cooperative sociali non sono tenute ad adeguare i propri statuti alla riforma del Terzo settore, posizione ribadita più volte dai due Ministeri sopra citati.

In ultimo, le cooperative sociali secondo il d.lgs 460 del 1997 sono Onlus di diritto, così come lo sono anche i consorzi di cooperative sociali formati esclusivamente da cooperative sociali. Ma fino a quando continueranno a godere del regime Onlus essendo il decreto ONLUS in fase di abrogazione? Al momento è ancora in vigore, anche se l’anagrafe delle Onlus rimarrà aperta a nuove iscrizioni fino al giorno prima di quello di operatività del Runts. Le Onlus iscritte prima dell’avvio del Runts continueranno a esistere e a godere dei benefici fiscali previsti, applicabili a anche a tutti quegli enti che sono Onlus di diritto come, appunto, le cooperative sociali o le organizzazioni di volontariato. Le ONLUS di diritto dovrebbero dunque, anche dopo l’iscrizione al Runts e finché il decreto 460 rimarrà in vigore, quindi fino al primo gennaio del periodo di imposta successivo all’autorizzazione comunitaria alle norme del Terzo settore, continuare a poter usufruire del regime ONLUS.

Tutte le registrazioni video dei quickinar sono consultabili alla pagina youtube di Terzjus. La presente sintesi del quickinar è stata redatta da Lara Esposito.

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