Terzo settore, una riforma da completare. Dalla regolazione alla promozione dell’economia sociale

[di Paolo Bertezzolo, pubblicato in «Note Mazziane» 2023-4, pagg. 233-235]

Il Terzo settore ha un ruolo molto importante per realizzare una crescita economica inclusiva, difendere le persone vulnerabili, preservare i luoghi e i territori dimenticati ed essere un attore non subalterno dello spazio pubblico nel tempo della democrazia digitale[1] . A che punto è la realizzazione di questo programma? Sono trascorsi sei anni da quando il Parlamento ha approvato il Codice del Terzo settore (DL 117/2017) con cui è stato riconosciuto giuridicamente e riordinato questo fondamentale ambito della vita economica e sociale del Paese. È stato istituito, in particolare, il RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore), con lo scopo di “regolamentare” il mondo del no profit eliminando la grande frammentarietà che lo caratterizzava. L’iscrizione degli Enti del Terzo settore al Registro, come risulta ormai chiaro, rappresenta un’opportunità da non perdere e non un adempimento burocratico. Anima della riforma è stato l’ex sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali Luigi Bobba, attualmente presidente della Fondazione Terzjus che si propone di promuovere la cultura e il diritto della riforma stessa e di incentivare il dialogo con le istituzioni italiane ed europee sul ruolo del Terzo settore e dell’economia sociale.

Il Terzjus report 2023

Il 18 ottobre scorso la Fondazione Terzjus, nell’ambito di una giornata di confronto e riflessione, ha presentato il Terzjus report 2023 sullo stato della concreta applicazione della riforma. Gli enti iscritti al Runts sono ormai poco più di 116.000. Di questi quasi 22.000 sono nuovi iscritti e circa 5.000 le nuove imprese sociali nate o qualificatesi come tali dalla fine del 2017 ad oggi. Tuttavia, oltre alle luci, il quadro presenta anche ombre. Se i decreti e le procedure relative alla nuova regolazione sono ormai quasi completati, manca ancora all’appello l’autorizzazione comunitaria su alcune norme fiscali che prevedono un trattamento più favorevole per le attività degli Enti del Terzo settore. Enti di piccole dimensioni hanno trovato difficoltà nell’iscrizione al Runts a causa di una eccessiva e complessa regolamentazione. L’alternarsi di cinque differenti governi, dall’approvazione della riforma a oggi, non ha favorito la continuità normativa necessaria all’attuazione della stessa. Manca ancora, inoltre, un decreto attuativo sulle attività di controllo delle reti associative, che era stato promesso dalla vice ministra alle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci per questo autunno. Sono limiti da superare se si vuole permettere finalmente alle imprese sociali di accedere ai fondi pubblici, ricevere donazioni in maniera semplificata, riscuotere il 5xmille e godere di altre agevolazioni   Nonostante questo, tuttavia, il numero totale dei donatori tra il 2019 e il 2021 è cresciuto del 5% e, nello stesso periodo, è cresciuto pure in modo significativo (+ 40%) l’importo medio delle donazioni. È probabile che l’incremento della quota di detrazione dal 26 al 30% per tutti gli ETS (Enti del Terzo Settore), nonostante l’anno orribile del Covid, abbia favorito questo maggior flusso di elargizioni. È stata senz’altro premiata anche la possibilità di dedurre l’importo versato dal reddito imponibile anziché utilizzare la detrazione. Positiva appare l’operazione che il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, assieme al Consiglio nazionale del terzo settore, ha avviato per una manutenzione, correzione e integrazione dell’attuale normativa sia primaria che secondaria al fine di arrivare prossimamente all’approvazione del decreto “Semplificazioni” con l’obiettivo di snellire i processi e alleggerire le procedure, in particolare per gli enti di minori dimensioni.

La dimensione promozionale della riforma

Nella parte conclusiva del Rapporto, la Fondazione Terzjus ha messo l’accento sulla dimensione promozionale conseguenza l’agevolazione, pur facendo le stesse cose di prima. Considerando poi il trend positivo – tra il 2019 e il 2021 – sia del numero dei donatori che dell’importo medio delle donazioni, il Rapporto ha suggerito di rafforzare l’incentivo fiscale previsto per le erogazioni liberali in modo da indirizzare una maggiore quota di donazioni verso gli Ets e ha sollecitato il governo a promuovere, senza alcuna modifica normativa, l’utilizzo di due strumenti già pienamente in vigore: da una parte il 5×1000, cercando di raggiungere, con una campagna promozionale, il 44% di contribuenti con tassazione positiva che non si avvalgono di tale facoltà; dall’altra di offrire un robusto sostegno al “Social Bonus” in modo da supportare gli enti che intendono rimettere a nuovo immobili pubblici inutilizzati o confiscati alle mafie, per destinarli ad attività di interesse generale. Il ritardo dell’avvio di tale strumento promozionale, in ragione della formidabile leva fiscale di cui possono godere le donazioni finalizzate a tale scopo, dal 2018 ad oggi ha comportato una “perdita” per gli Ets di risorse pari a circa 150 milioni di euro. Il Rapporto avanza infine altre due proposte. La prima, che ha l’intento di rendere meno arduo  l’utilizzo degli istituti dell’Amministrazione Condivisa, è di modificare, in nome del comune interesse della comunità sociale, l’art. 15 della legge 241/90 in modo da fornire uno statuto generale ai rapporti di collaborazione tra la Pubblica Amministrazione ed enti. La seconda è rivolta al governo italiano a seguito dell’approvazione, il 9 ottobre scorso, della Raccomandazione sull’Economia sociale da parte del Consiglio Europeo. Sotto la guida del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, il governo dovrebbe predisporre entro il 2024 un Piano strategico nazionale per il rafforzamento e lo sviluppo dei soggetti dell’economia sociale del nostro Paese con l’obiettivo di promuovere buona occupazione e inclusione sociale. Al di là dei ritardi e dei correttivi necessari, è positiva la crescita delle nuove iscrizioni al Runts di cui si è parlato. Il Registro unico, nonostante i limiti e le lentezze, si sta trasformando nell’“anagrafe” degli Ets, quindi di un’area economica e sociale che vale il 5% del Pil italiano e conta quasi 7 milioni di volontari, di cui 4,5 milioni “assidui”. Il Terzo settore insomma, oltre a prendersi cura dei cittadini e delle comunità e contribuire in modo significativo a realizzare coesione sociale, è un soggetto economicamente rilevante che produce occupazione e benessere. Porta ricchezza, in tutti i sensi.

L’azione dell’Unione Europea

Si è consapevoli di questo anche a livello europeo. Come accennato sopra, il 9 ottobre, a Lussemburgo, il Consiglio Europeo EPSCO (Consiglio dei ministri del lavoro e delle politiche sociali) ha approvato una raccomandazione agli Stati membri per incoraggiarli a intervenire per promuovere e sostenere gli enti dell’economia sociale, suggerendo diverse misure che vanno dall’accesso ai finanziamenti agli appalti pubblici, dagli aiuti di Stato alla tassazione, che non solo non deve essere discriminatoria ma deve riconoscere la funzione d’interesse generale svolta dagli enti dell’economia sociale che contribuiscono a circa l’8 % del PIL e alla creazione di 13 milioni di posti di lavoro e che, quindi, costituiscono pure un fattore competitivo nel sistema industriale europeo. È la prima raccomandazione europea che ha questo oggetto specifico e che invita i governi del l’Unione a riconoscere il valore aggiunto creato dagli enti dell’economia sociale nella promozione del lavoro, dell’inclusione e dell’innovazione sociale. Suo scopo è anche di ridurre le differenze che, in questo ambito, sono ancora troppo ampie tra i 27 stati membri. La raccomandazione si pone in linea con la risoluzione sul lavoro dignitoso e l’economia sociale e solidale adottata nella 110^ Conferenza internazionale dell’Organizzazione internazionale del lavoro, con la raccomandazione dell’OCSE sull’economia sociale e solidale e sull’innovazione sociale e con la risoluzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sulla promozione dell’economia sociale e solidale per lo sviluppo sostenibile. La raccomandazione, supportata sia sul piano delle analisi sia quello dei documenti accompagnatori [2], individua una serie di ambiti nei quali introdurre misure per sostenere il valore specifico dell’economia sociale: accesso al mercato del lavoro, inclusione sociale, crescita delle competenze, innovazione sociale, sviluppo economico sostenibile e coesione territoriale. In questi ambiti si incoraggia a migliorare l’accesso a finanziamenti pubblici e privati, a garantire un adeguato accesso al mercato degli appalti pubblici, a sostenere la competitività delle organizzazioni dell’economia sociale anche attraverso una adeguamento delle politiche sugli aiuti di Stato. Una particolare attenzione merita l’invito agli Stati a fare in modo che i sistemi fiscali non ostacolino lo sviluppo dell’economia sociale e ad incoraggiarne lo sviluppo anche mediante incentivi fiscali per il settore, prevedendo espressamente an che esenzioni dalle imposte societarie sugli utili non distribuiti dai soggetti dell’economia sociale e incentivi riguardanti le imposte sul reddito quali detrazioni o crediti di imposta concessi a donatori. Viene infine trattata anche la misurazione dell’impatto sociale degli enti dell’economia sociale, invitando ad adottare a tale scopo metodi semplici e pratici, dato che queste pratiche sono auspicabili e necessarie ma che, per essere realizzate, necessitano di adeguato sostegno. La misurazione dell’impatto sociale, infatti, comporta costi e richiede competenze che vanno implementate e sostenute. La raccomandazione rappresenta il compimento di un lungo percorso in cui la Commissione Europea si è impegnata a realizzare uno specifico piano d’azione per l’economia sociale assumendo una serie di misure come mai si era visto nelle precedenti legislature. Ora, con la raccomandazione stessa, anche il Consiglio scende in campo, adottando un atto politico di grande significato, che impegna gli Stati membri a farsi a loro volta protagonisti nella promozione dell’economia sociale. Si consolida così una dimensione sempre più europea di questo ambito dell’economia. A questo si aggiunge la proposta presentata dalla Commissione lo scorso 5 settembre, che con una Direttiva e un Regolamento è intervenuta per abbattere le barriere all’attività transfrontaliera degli enti dell’economia sociale, con la costituzione di un nuovo modello associativo con statuto giuridico specifico: quello dell’associazione transfrontaliera europea (European cross-border associations, ECBA3). Lo scopo è quello di consentire l’effettivo esercizio da parte di associazioni senza scopo di lucro, del diritto di libertà di insediamento, libera circolazione, libera possibilità di fornire e ricevere servizi nei diversi Stati dell’Unione. Nasce così, finalmente anche il mercato unico sociale, dopo 20 anni di mercato unico delle merci e dei servizi.  

[1] Cfr. Luigi Bobba, Terzo settore: le potenzialità per una nuova stagione comunitaria, «Note Mazziane», anno LVIII, n. 2, pp. 95-98.  

[2] Due in particolare riguardano le tematiche fiscali: Relevant taxation frameworks for Social Economy Entities e il Nondiscriminatory taxation of charitable organisations and their donors: principles drawn from EU case-law. Il secondo, in particolare, consente di confrontare i diversi approcci messi in campo negli Stati membri. Cfr. rispettivamente: https://t.ly/ bQX3W, https://t.ly/OfbK5. Oltre a questi sono disponibili: una mappatura degli ecosistemi delle imprese sociali in tutti i paesi dell’UE pubblicata nel 2020; il Better Entrepreneurship Policy Tool; le analisi approfondite della politica di imprenditoria sociale di vari Stati membri e le guide internazionali Social Impact Measurement for the Social and Solidarity Economy e Legal Frameworks for the Social and Solidarity Economy, sviluppati in cooperazione con l’OCSE e la relativa raccomandazione adottata il 10 giugno 2022 insieme alla Policy Guide on Social Impact Measurement for the Social and Solidarity Economy, oltre allo studio Sviluppi recenti dell’economia sociale nell’Unione europea e quello sull’impatto dell’iniziativa per l’imprenditoria sociale del 2011 della Commissione europea. Cfr. https://t.ly/ j95jW

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