di Monica Canalis*
L’approvazione all’unanimità, lo scorso 12 marzo, della mia proposta di legge sul Terzo Settore piemontese è frutto di un lungo lavoro di mediazione con la maggioranza, in particolare con gli assessori Caucino e Marrone.
La gestazione della legge è stata molto lunga: è durata due anni e mezzo, da giugno 2021. Sono felice sia stata approvata all’unanimità, perché il Terzo Settore non deve essere materia divisiva. Si tratta di un provvedimento super partes, costruito insieme al Terzo Settore, che ha partecipato all’iter legislativo e alle audizioni in consiglio regionale.
Alla fine la maggioranza di centrodestra ha detto sì in maniera compatta.
Segno che il Terzo Settore non è un tema di parte, ma una ricchezza trasversale, in una Regione che vanta un patrimonio storico e un numero particolarmente alto di organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative, società di mutuo soccorso, fondazioni ed enti filantropici, che coinvolgono migliaia di lavoratori e volontari.
Una rete silenziosa che tiene in piedi il Paese, in ambito sociale, sanitario, culturale, sportivo, educativo, ambientale, rafforzando i legami di comunità.
Un insieme di enti di natura giuridica diversa, accomunati dalla vocazione no profit, dalla funzione pubblica e dalla finalità dell’interesse generale, come sancito dalla sentenza 131/2020 della Corte Costituzionale.
Pubblica Amministrazione (PA) e Enti di Terzo Settore (ETS) possono agire in sinergia e cooperazione, piuttosto che in spirito di competizione o subordinazione, concorrendo al bene comune.
Il Terzo Settore è un soggetto terzo rispetto a Stato e mercato, un fattore di libertà, di democrazia e di equilibrio tra derive stataliste o liberiste della nostra società, sempre dietro l’angolo.
Il Terzo Settore è stato, fin dall’Ottocento, un pilastro della coesione sociale della nostra Regione. Le opere dei santi sociali, le società di mutuo soccorso e le cooperative sono state le prime espressioni organizzate di solidarietà, a fianco delle organizzazioni sindacali, nel tumultuoso periodo della prima industrializzazione.
Ma è soprattutto a partire dagli anni settanta e ottanta del Novecento che il Terzo Settore si rafforza. Anche con l’arrivo delle leggi nazionali, si registra una notevole crescita delle organizzazioni di volontariato, dell’associazionismo di promozione sociale, delle cooperative sociali e delle diverse strutture della formazione professionale e dell’accompagnamento all’inserimento nel mondo del lavoro.
Indubbiamente questa rete, promossa in particolare dall’ispirazione cristiana o dalla tradizione socialista, ha vissuto un originale ed autonomo protagonismo, ma è stata anche valorizzata da una Pubblica Amministrazione che in Piemonte, ha sempre voluto lavorare insieme a Terzo Settore.
Il Terzo Settore piemontese ha prodotto esperienze straordinarie di innovazione sociale, come la formazione professionale, l’affido familiare, l’assistenza domiciliare per persone non autosufficienti, una sviluppata protezione civile, la metà delle società di mutuo soccorso d’Italia e via dicendo. Possiamo davvero considerare la nostra Regione una culla del Terzo Settore.
Le novità principali introdotte dalla legge piemontese sono:
- L’abrogazione di quattro leggi regionali antecedenti e di un regolamento. Mettendo ordine nella materia, semplifichiamo l’impianto normativo regionale
- L’istituzione di una Consulta che dà rappresentanza alle varie realtà no profit del Terzo Settore: le organizzazioni di volontario, le associazioni di promozione sociale, le cooperative, le società di Mutuo Soccorso, le fondazioni non bancarie e gli enti filantropici. Con questa legge le coinvolgiamo nella programmazione regionale. E’ una certificazione del ruolo del Terzo Settore non solo all’interno della società civile, ma anche nell’istituzione regionale.
- L’introduzione di punteggi premiali nei bandi regionali per gli enti locali che praticano la co-progettazione con il Terzo settore.
- la definizione dettagliata delle modalità di co-programmazione e co-progettazione tra PA ed ETS, di fatto recependo a livello regionale la riforma nazionale del 2017 e riconoscendo l’apporto inestimabile degli enti del Terzo Settore alla nostra comunità.
Con la nuova legge regionale si auspica uno scatto in avanti, come già accaduto con le leggi regionali di Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Molise e Lazio, dando seguito al D.lgs 117/2017, che a livello nazionale ha operato una revisione organica della disciplina degli ETS con la redazione di un apposito codice che ha riunificato all’interno di un unico quadro normativo le singole leggi settoriali (volontariato, promozione sociale e impresa sociale) e ha introdotto in particolare il modello dell’ “amministrazione condivisa” tra Pubblica amministrazione e Terzo Settore, intesi come alleati e partners e non come antagonisti.
Successivamente, la Sentenza della Corte Costituzionale n. 131 del 26 giugno 2020 ha rappresentato una tappa fondamentale del riconoscimento giuridico degli Enti di Terzo Settore e della sussidiarietà, sottolineando che le attività di interesse generale possono essere ben svolte non soltanto dalla PA, ma anche da un’autonoma iniziativa dei cittadini, in linea di continuità con le espressioni della società solidale, fortemente radicata nel tessuto comunitario del nostro Paese. In questo senso gli ETS svolgono funzione pubblica al pari della PA.
Occuparsi delle persone più fragili o in difficoltà, promuovere cause sanitarie, culturali o ambientali, non è statalismo o assistenzialismo, ma tutela dei diritti umani, attuazione della Costituzione e investimento sui legami tra le persone.
Se non insistiamo sul tema della comunità, la nostra democrazia potrà prendere una piega illiberale o lascerà indietro chi è meno efficiente e performante.
C’è molto da fare, se Pubblica Amministrazione e Terzo Settore lo faranno insieme, in modo paritetico, avranno più successo.
*Monica CANALIS – consigliera regionale PD e prima firmataria della nuova legge piemontese