Terzo settore: l’adeguamento guarda anche alla denominazione

Per coloro che intendono accedere al Terzo settore sono in corso le prime valutazioni su come collocarsi nell’istituendo Registro unico nazionale e quali modifiche apportare agli statuti per allinearsi alle nuove disposizioni introdotte dalla Riforma (Dlgs 117/2017 e 112/2017). Sul punto, dovranno fare particolare attenzione i soggetti che rientrano in specifiche categorie di enti del Terzo settore (Ets), come organizzazioni di volontariato (Odv), associazioni di promozione sociale (Aps) e reti associative.

Un primo aspetto da considerare riguarda la denominazione. Gli enti che appartengono a specifiche tipologie sono obbligati ad utilizzare la denominazione “tipica” (ad esempio Odv, Aps, eccetera), alla quale possono facoltativamente aggiungere la locuzione «Ente del Terzo settore» o l’acronimo «Ets» (circolare ministero del Lavoro 20 del 27 dicembre 2018). Fanno eccezione le reti associative, ossia quegli enti svolgono attività di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione e supporto degli Ets ad essi associati. Per queste ultime, il legislatore non ha previsto una denominazione specifica, ma occorre fare riferimento agli enti che compongono la rete. Essendo l’unica tipologia di Ets a poter essere iscritta contemporaneamente in più sezioni del registro (articolo 46, comma 2, del Dlgs 117/2017), ai fini della denominazione le strade sono due: se la rete è iscritta in una delle sezioni “speciali” (previste per le particolari categorie di enti individuate alle lettera a), b), c), d), e) ed f) dell’articolo 46), dovrà necessariamente utilizzare la denominazione corrispondente, eventualmente integrata con quella generale degli Ets; in caso contrario, l’uso della locuzione «Ente del Terzo settore» o del relativo acronimo diventano obbligatori.

Odv e Aps dovranno poi necessariamente adeguare le clausole statutarie che riguardano le modalità di svolgimento delle attività di interesse generale. Come confermato dalla citata prassi ministeriale, tali enti dovranno necessariamente rispettare il dettato dell’articolo 32, comma 2, del Dlgs 117/2017, specificando nei propri statuti che le attività istituzionali sono svolte attraverso l’apporto prevalente dei volontari associati. Non è necessario, invece, un richiamo espresso all’articolo 36, che limita l’impiego di lavoratori nell’attività delle Aps, prevedendo un numero non superiore al 50% di quello dei volontari o al 5% di quello degli associati. La disposizione, infatti, è immediatamente applicabile, anche in mancanza di un’espressa previsione in tal senso nello statuto.

Non meno rilevante è la nuova normativa sul volontariato. Tutti gli enti che si avvalgono di personale volontario sono chiamati a rispettare le disposizioni dell’articolo 17 del Dlgs 117/2017, già immediatamente efficaci dall’entrata in vigore del decreto (3 agosto 2017). Eventuali clausole statutarie non conformi, quindi, dovranno essere rimosse o modificate a seconda dei casi. Da ultimo, in tema di governance, le reti associative avranno maggiore flessibilità, potendo derogare ad alcune disposizioni che sono obbligatorie per tutti gli altri Ets. Così, ad esempio, il diritto di voto in assemblea potrà essere strutturato a seconda delle esigenze concrete, attribuendo agli associati persone fisiche più di un voto e agli associati che siano Ets più di cinque voti (in deroga all’articolo 24, coma 2). Analogamente per quanto riguarda modalità e limiti delle deleghe di voto in assemblea (articolo 24, comma 3) e competenze di quest’ultima (articolo 25, comma 1). Adeguamenti, questi, che potranno essere adottati con i quorum più snelli dell’assemblea ordinaria (articolo 101, comma, 2).

Articolo tratto da Le parole del non profit de Il Sole 24 Ore del 30 gennaio 2019.

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