Innovazione e Terzo settore, le parole d’ordine sono: cultura, contaminazione e investimenti

L’indagine La domanda di innovazione del Terzo settore, ha fatto emergere una esigenza forte e condivisa (96%) degli enti di Terzo Settore che, in varie forme, che si traduce anche in un impegno concreto: oltre il 70% delle organizzazioni intervistate ha dichiarato di investire in innovazione. Tuttavia, emergono anche alcune criticità che restituiscono un quadro più in chiaroscuro di quanto possa sembrare.  Più del 60% delle organizzazioni infatti incontra delle resistenze nel promuovere l’innovazione: si tratta, forse con una certa sorpresa, soprattutto di freni interni da parte di collaboratori e dipendenti. Anche qui, però, approfondendo le dinamiche interne, emerge che la formazione sul tema non è continuativa nel 75% dei casi, il tempo di lavoro dedicato in un mese è nella stragrande maggioranza delle organizzazioni inferiore al 20%, il coinvolgimento tra gli stakeholder non è sistematico e c’è poca strategia dedicata all’innovazione (solo nel 20% dei rispondenti). Tutti aspetti che contribuirebbero a creare una cultura condivisa dell’innovazione e che dovrebbero partire dalla leadership per contagiare l’operato a tutti i livelli.

Più facile a dirsi che a farsi se il 65% delle organizzazioni dichiara di avere scarse disponibilità di budget per investire in innovazione, e non è difficile crederlo. Basta guardare come è strutturata la maggior parte dei bandi di istituzioni pubbliche ed enti erogatori: obiettivi definiti, tempi contingentati e risorse dedicate ad attività specifiche. Al contrario l’innovazione necessita di sperimentazioni, errori, correzioni e di conseguenza tempi e investimenti poco conciliabili con le classiche linee erogative.

Eppure il Terzo settore da sempre è spinto a innovare per far fronte alla doppia necessità di dare risposte concrete a vecchie e nuove urgenze e di farlo, appunto, con risorse scarse, che richiedono una ricerca costante di fondi da fonti pubbliche, filantropiche e di mercato. Istituzioni pubbliche e private dunque se chiedono innovazione al Terzo settore dovranno adeguare le loro linee di finanziamento di conseguenza. Nel frattempo, l’auspicio è che ancora una volta il Terzo settore si doti autonomamente di quelle soluzioni, appunto innovative, che ne hanno permesso fino ad oggi una crescita costante sotto tutti i paramenti (numero di unità, valore generato e numero di occupati), anche e soprattutto in termini di credibilità. É allora in quest’ottica che il rapporto invita a collaborare maggiormente con realtà di altri settori, a sviluppare network e praticare economie di scala che permettano investimenti più sistematici in strategia, formazione e tecnologia.  

La Riforma del Terzo settore è un ulteriore spunto in questo senso, perché oltre a prevedere elementi innovativi in termini di finanza sociale e modalità di operato, ha definito un quadro giuridico preciso e la risposta delle organizzazioni è stata decisamente più veloce dei decreti attuativi: una consistente maggioranza degli intervistati ha già modificato lo statuto per diventare ETS (60%) e si è dotato di un organo di vigilanza e controllo (55%).

Dall’insieme delle condizioni presenti e future risulta quindi un quadro di opportunità che vanno colte ora: dal completamento della Riforma nei prossimi mesi, al crescere delle urgenze causate dalla pandemia, dalla disponibilità di risorse previste dai fondi di Next Generation EU, alla prossima programmazione europea dei fondi di coesione 2021-2027 fino agli indirizzi della Commissione europea riguardo al Piano d’azione europeo per l’economia sociale.

È dunque il momento perché l’impegno in innovazione non sia più un desiderio complicato da attuare, ma diventi un obiettivo strategico e una pratica costante degli enti di Terzo settore.

Qui il report completo https://fondazioneitaliasociale.org/analisi-e-studi/

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