Lo scorso 21 marzo, in esecuzione di quanto disposto dal d.m. 106/2020 sulla base delle norme del Codice del terzo settore (“Cts”), i dati degli enti iscritti nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese sono stati “massivamente riversati” nel Runts, nell’apposita sezione di quest’ultimo registro, denominata “imprese sociali”.
Ad oggi circa il 90% del totale iscritto sono cooperative sociali ex L. 381/1991 ed il restante 10% sono enti diversi dalle cooperative sociali. Tra le imprese sociali diverse dalle cooperative sociali, vi sono diverse centinaia di cooperative non “sociali”, ma anche diverse centinaia di società a responsabilità limitata (e altre società di capitali), che stanno diventando la seconda forma giuridica più utilizzata di impresa sociale.
Occorre innanzitutto ricordare che nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese si trovano iscritti:
- tutti gli enti che (a prescindere dalla forma giuridica posseduta: associazione, fondazione, cooperativa, società di persone, società di capitali, ecc.) hanno inteso acquisire la qualifica di impresa sociale chiedendo l’iscrizione in questa sezione ai sensi dell’art. 1, comma 1, e 5, d.lgs. 112/2017;
- tutte le cooperative sociali (e consorzi di cooperative sociali) che la qualifica di impresa sociale la possiedono invece per legge, sulla base dell’art. 1, comma 4, d.lgs. 112/2017, e proprio per questo sono automaticamente iscritte, senza necessità di farne richiesta, nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese;
- le società di mutuo soccorso, che la disciplina propria (art. 23, comma 1, d.l. 179/2012) obbliga all’iscrizione in questa sezione e che non abbiano optato per la trasformazione in associazione del terzo settore (ciò che, ai sensi dell’art. 43 Cts, possono ancora fare sino al 31/12/2022) oppure, avendone i requisiti (individuati dall’art. 44, comma 2, Cts), per l’iscrizione esclusiva nel Runts.
Deve inoltre ricordarsi che, ai sensi dell’art. 11, comma 3, Cts, l’iscrizione nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese soddisfa il requisito dell’iscrizione nel Runts, sicché le imprese sociali (incluse ovviamente le cooperative sociali e i loro consorzi) non sono tenute né possono formulare domanda d’iscrizione al Runts (ove presentata, essa dovrebbe essere respinta dall’Ufficio del Runts che la riceva). Lo stesso vale per le Società di Mutuo sSoccorso (diverse da quelle di cui all’art. 43 e all’art. 44, comma 2, Cts). Quanto precede peraltro non esclude un “dialogo” diretto tra imprese sociali e (Uffici del) Runts, poiché le imprese sociali possono comunicare al Runts alcuni dati che non producono al Registro delle imprese, come ad esempio la loro adesione ad una rete associativa del Terzo settore.
Ebbene, con un certo grado di approssimazione (poiché non è facile estrarre i dati dal file unico attualmente disponibile nel sito ministeriale del Runts), alla data del 27 marzo 2022, vi sono 22.220 enti iscritti nella sezione “imprese sociali” del Runts. Pertanto, se i nostri calcoli sono corretti, dandosi un totale di 23.557 enti iscritti al 27 marzo 2022, gli enti diversi dalle imprese sociali, attualmente iscritti nelle altre sezioni del Runts, sono 1.337.
Dobbiamo anche qui sottolineare che questi 1.337 enti sono enti “nuovi” iscritti, cioè enti che non si trovavano precedentemente iscritti (al 23/11/2021, il giorno antecedente alla data di avvio del Runts) nei registri regionali di Odv e Aps. Questi ultimi (la stima è di circa 88.000 enti) sono gli enti del “vecchio” Terzo settore che stanno attualmente “trasmigrando” verso il Runts, in cui la maggior parte di essi finirà per essere iscritta (la trasmigrazione, infatti, non è un procedimento ad esito automatico e scontato, poiché presuppone pur sempre una verifica della sussistenza, in capo all’ente trasmigrante, delle condizioni di iscrizione nel Runts; da qui la possibilità che parte degli enti “trasmigranti” non venga alla fine iscritta).
Il quadro complessivo vede dunque un Terzo settore che nell’immediato futuro (entro la fine di quest’anno) dovrebbe risultare complessivamente composto (ipotizzando che degli enti trasmigranti una parte non sarà alla fine iscritta al Runts, che delle cooperative sociali attualmente figuranti non tutte siano ancora giuridicamente esistenti e che altri enti, incluse diverse Onlus, nel frattempo facciano domanda di iscrizione) da circa 110.000/120.000 enti del Terzo settore, di cui:
- il 20% circa imprese sociali;
- la stragrande maggioranza Odv e Aps (per lo più provenienti da “trasmigrazione”);
- una piccola, ma non per questo meno significativa minoranza, da enti filantropici, società di mutuo soccorso, e soprattutto “altri Ets” (categoria, quest’ultima, ampiamente utilizzata in sede di nuove iscrizioni e che dunque nel medio-lungo periodo vedremo percentualmente crescere rispetto al totale complessivo degli Ets).
Delle 22.220 imprese sociali presenti nel Runts, sempre con la dovuta cautela derivante dalla difficoltà di estrazione dei dati, circa il 90% sono cooperative sociali ex l. 381/1991 e il restante 10% sono enti diversi dalle cooperative sociali. In realtà, la proporzione tra questi gruppi di enti è diversa, e sicuramente in favore del secondo gruppo (cioè degli enti diversi dalle cooperative sociali), poiché molte cooperative sociali che ancora figurano nella sezione “imprese sociali” (del Registro delle imprese ed oggi anche del Runts) non dovrebbero essere più esistenti, se è vero quanto riporta l’Istat con riferimento al 31/12/2019 (meno di 15.500 cooperative sociali attive a quella data). Del resto, già nell’elenco degli enti iscritti nel Runts, alcune migliaia di cooperative sociali risultano “in liquidazione” o sottoposte a fallimento o liquidazione coatta amministrativa.
Tra le imprese sociali diverse dalle cooperative sociali, vi sono diverse centinaia di cooperative (non “sociali” ai sensi della l. 381/1991) ma anche diverse centinaia di società a responsabilità limitata (e altre società di capitali), che stanno diventando la seconda forma giuridica più utilizzata di impresa sociale (dopo quella cooperativa), nonostante l’art. 18 del d.lgs. 112/2017 sia (purtroppo) ancora inefficace. Significativa appare inoltre la presenza di alcune (circa 30) fondazioni imprese sociali.
Quanto invece ai 1.337 enti del terzo settore diversi dalle “imprese sociali” e di “nuova” iscrizione nel Runts (ovverosia non coinvolti nel procedimento di trasmigrazione in quanto già iscritti nei “vecchi” registri di Odv e Aps), si conferma la predominanza di Aps (oltre il 55%), seguite dagli “altri Ets” (poco meno del 25%) e dalle Odv (poco più del 17%). In numero limitato (ma ciò non sorprende) gli enti filantropici (poco meno dell’1,5%) ed ovviamente le SoMS (poco meno dell’1%, dal momento che le più rilevanti di esse si trovano iscritte nella sezione “imprese sociali” e non già nella sezione del Runts loro specificamente dedicata). Importante rilevare ancora il fatto che di questi 1.337 enti nuovi iscritti, il 12% circa ha la forma giuridica di fondazione: tra gli effetti della riforma del 2017, vi è stato proprio quello del “rilancio” di questo istituto, che nella disciplina del codice civile, e soprattutto del d.P.R. 361/2000, si trovava ingessato da vincoli di varia natura. È un dato, quest’ultimo, che peraltro segnala inequivocabilmente il progressivo confluire del non profit genericamente inteso (quello del codice civile) nel terzo settore post riforma.
Deve infine osservarsi come, tra le nuove associazioni iscritte al Runts, pochissime, intorno all’1%, siano associazioni sportive dilettantistiche. Ciò significa forse che i diversi dubbi diffusi in merito all’opportunità per le ASD di iscriversi nel Runts, benché privi di fondamento sostanziale, stiano producendo i loro primi effetti (negativi), anche se, molto probabilmente, il numero di ASD del terzo settore sarà presto alimentato da iscrizioni “di massa” realizzate dagli enti di promozione sportiva nell’interesse delle loro aderenti. In verità, come già si è fatto notare nel primo Rapporto di Terzjus, sebbene è opportuno che ogni Asd conduca una valutazione ex ante (rispetto ad iscriversi nel Runts oppure no), per la stragrande maggioranza di esse i vantaggi, anche dal punto di vista fiscale, dell’iscrizione al Runts sicuramente superano i relativi svantaggi. Per togliere ogni perplessità a questa cospicua fetta di enti non profit e traghettarla nel nuovo terzo settore, si potrebbe d’altra parte, a parere di chi scrive, riformulare l’art. 89, comma 1, Cts, semplicemente prevedendo, piuttosto che l’incompatibilità tra regimi fiscali, la possibilità in capo all’ente del terzo settore di scegliere il regime fiscale applicabile. In questo modo, le decine di migliaia di Asd esistenti finirebbero senz’altro per popolare il terzo settore, ciò che è nell’interesse di tutti che accada.