Profili di diritto transitorio del terzo settore

1. Introduzione

Il Registro unico nazionale del terzo settore (“Registro” o “RUNTS”) costituisce una delle più importanti e significative innovazioni recate dalla nuova legislazione sul terzo settore, emanata in attuazione della legge delega 6 giugno 2016, n. 106. Tale giudizio consegue all’essenzialità ed eterogeneità delle funzioni svolte dal Registro, che lo rendono originale e del tutto diverso dai precedenti registri “di settore”, anche per ciò che concerne i rapporti con i due registri “generali” delle persone giuridiche e delle imprese1.

Mentre si scrive, tuttavia, il RUNTS, ancorché formalmente istituito (dall’art. 45, comma 1, CTS) e disciplinato ai sensi di legge (dagli articoli 45 e ss. CTS, e dal d.m. 15 settembre 2020, n. 106), non è ancora operativo. Ciò significa che nessun ente si trova in esso attualmente iscritto né può ancora chiedere di esserlo, e che i diversi effetti ricollegati all’iscrizione nel Registro non sono per il momento realizzabili. Ciò implica altresì che le questioni applicative collegate alla gestione del RUNTS non possano ancora essere colte nella loro esatta dimensione dagli interpreti della disciplina, che al riguardo possono solo avanzare ipotesi prospettiche che la prassi operativa potrà successivamente confermare o smentire. Dubbi e perplessità di vario genere accompagnano inoltre l’attività quotidiana degli uffici pubblici che si preparano a gestire il Registro.

L’avvio del RUNTS presupponeva l’entrata in vigore del d.m. 106/2020 e da allora è stato annunciato più volte ed altrettante volte posticipato.

Allorché, di recente, è stato nuovamente prorogato2 il termine di cui all’art. 101, comma 2, CTS, adesso coincidente con il 31 maggio 2022, tale circostanza – pur riguardando, come spiegheremo in seguito, un profilo disciplinare diverso – ha ingenerato in molti il sospetto (o il timore) di un ulteriore, ancor più consistente slittamento dell’avvio del RUNTS, che è stato tuttavia smentito, sebbene in forma non ufficiale3, dal Ministero competente.

Ciononostante, ancora oggi non si conosce la data ufficiale di inizio di operatività del Registro e si rimane in attesa del decreto direttoriale che dovrà individuarla ai sensi dell’art. 30 del d.m. 106/2020.

Finché il RUNTS non sarà attivo, non solo la Riforma non potrà operare a pieno regime e diverse sue opportunità non potranno essere colte, ma continuerà ad applicarsi il complesso e problematico regime transitorio fondato sull’art. 101, commi 2 e 3, CTS, cui questo scritto è dedicato, intendendo soffermarsi su alcuni dei suoi aspetti più critici.

2. I preesistenti registri di settore transitoriamente equiparati al RUNTS

Per effetto di quanto disposto dall’art. 101, comma 3, finché il RUNTS non sarà funzionante4 il requisito dell’iscrizione al RUNTS – che ai sensi dell’art. 4, comma 1, CTS, è necessario innanzitutto ai fini dell’assunzione dello status di ente del terzo settore – s’intenderà soddisfatto attraverso l’iscrizione dell’ente in uno dei “registri attualmente previsti dalle normative di settore”.

L’accesso al terzo settore passa dunque, attualmente, attraverso l’iscrizione degli enti in questi, non meglio identificati dalla disposizione testé menzionata, registri. Considerata la transitoria equiparazione di questi registri al RUNTS, solo gli enti iscritti nei “registri di settore” potranno godere dello status di ETS in mancanza del RUNTS. Non è chiaro peraltro se – alla luce del disposto dell’art. 101, comma 3 – gli enti iscritti nei registri di settore possano a tutti gli effetti qualificarsi “enti del terzo settore” o debbano considerarsi soltanto equiparati a questi ultimi a determinati fini, ciò che può influire sul raggio di applicazione del d.lgs. 117/2017. Quel che certo è che l’assenza del RUNTS non consente di poter applicare, nel periodo transitorio, numerose disposizioni del CTS, come chiarito dal Ministero nella nota n. 12964/2017 di cui ci occuperemo in seguito.

Occorre innanzitutto sottolineare che la prassi, anche in virtù dei riferimenti presenti negli articoli 54, 101, comma 2, 102, comma 4, e 104, comma 1, ha individuato quali “registri di settore” provvisoriamente equiparati al RUNTS:

a) i registri (regionali o provinciali autonomi) delle organizzazioni di volontariato (“ODV”), istituiti ai sensi dell’art. 6, comma 1, l. 11 agosto 1991, n. 266;

b) i registri (nazionale e regionali o provinciali autonomi) delle associazioni di promozione sociale (“APS”), istituiti ai sensi dell’art. 7, l. 7 dicembre 2000, n. 383;

c) l’anagrafe unica delle ONLUS, istituita (presso il Ministero dell’economia e delle finanze) dall’art.  11, d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460.

Tra i “registri di settore” preesistenti alla riforma del 2017 andrebbe inoltre annoverato il Registro delle imprese limitatamente alla sua sezione “imprese sociali”, già istituita dall’art. 5, comma 2, d.lgs. 155/2006. Tuttavia, la registrazione delle imprese sociali ha regole sue proprie che prescindono da quelle applicabili agli altri ETS (iscrivendosi nel Registro delle imprese, nell’apposita sezione loro dedicata, le imprese sociali soddisfano il requisito pubblicitario che per gli altri ETS consiste invece nell’iscrizione nel RUNTS). Essa, inoltre, non è stata sospesa né interrotta in alcun modo dalla riforma del 2017, ma è proseguita senza soluzione di continuità in forza di quanto disposto dagli articoli 11, comma 3, CTS, e 5, comma 2, d.lgs. 112/2017. Di conseguenza, le imprese sociali non risentono della persistenza assenza del RUNTS e per esse non si pongono, relativamente a questo aspetto, questioni di diritto transitorio.

In ragione della suddetta equiparazione normativa tra registri, il diritto transitorio del terzo settore è incentrato soprattutto su ODV (iscritte), APS (iscritte) ed ONLUS, che sono e rimarranno, finché il RUNTS non sarà funzionante, le uniche figure soggettive del terzo settore “in transizione”5.

Per consentire la costituzione di enti del terzo settore in assenza del RUNTS, i registri di settore sono ancora funzionanti ed aperti a nuove iscrizioni, non essendo stata (proprio a tal fine) abrogata la normativa che li ha istituiti e disciplinati. L’art. 101, comma 2, CTS, prevede infatti che “fino all’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione degli enti nei Registri Onlus, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di promozione sociale …”; ed in maniera conforme, l’art. 102, comma 4, CTS, stabilisce che “le disposizioni di cui all’articolo 6, della legge 11 agosto 1991, n. 266, agli articoli 7, 8, 9 e 10 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, nonché il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14 novembre 2001, n. 471, sono abrogate a decorrere dalla data di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, ai sensi dell’articolo 53”. La sopravvivenza delle menzionate norme nazionali sui registri di settore determina altresì, anche se il Codice non lo dice espressamente, la persistente efficacia e conseguente applicabilità delle norme regionali e provinciali autonome alla loro disciplina destinate in attuazione delle leggi 266/1991 e 383/2000.

Lo stesso vale per l’anagrafe delle ONLUS, poiché ai sensi dell’art. 102, comma 2, lett. a), CTS, l’intera disciplina delle ONLUS (ad eccezione dei commi 2-4 dell’art. 13) sarà abrogata solo a decorrere dal termine di cui all’art. 104, comma 2, CTS, ovvero “a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, comma 10, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto Registro”. Questo dies a quo coincide peraltro con quello in cui le nuove norme fiscali contemplate nel Codice (se autorizzate) cominceranno a produrre i loro effetti (art. 104, comma 2, CTS)6.

Sulla scia della normativa primaria, l’art. 38, comma 2, d.m. 106/2020 stabilisce che “i registri delle ODV e delle APS … rimangono operanti esclusivamente per i procedimenti di iscrizione e cancellazione pendenti al giorno antecedente il termine di cui all’articolo 30; a conclusione degli stessi i dati e le informazioni degli enti interessati sono trasferiti al RUNTS con le modalità di cui agli articoli precedenti”.

In sostanza, sarà possibile iscriversi nei “vecchi” registri di ODV e APS sino al giorno precedente a quello di avvio del RUNTS, che, come già detto, dovrà essere fissato con decreto direttoriale.

S’individua in tal modo una particolare categoria di enti destinatari di regole ad hoc nell’ambito del CTS e del d.m. 106/2020, che è quella delle ODV ed APS che risulteranno già iscritte nei loro “registri di settore” prima dell’avvio del RUNTS. Solo a questa categoria di enti si applicheranno infatti le regole sulla “trasmigrazione” di cui agli articoli 54 CTS e 31-33 d.m. 106/2020.

Per quanto riguarda invece le ONLUS e la relativa anagrafe, la disposizione di riferimento è quella di cui all’art. 38, comma 3, d.m. 106/2020, secondo cui “l’Anagrafe unica delle Onlus di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 viene soppressa a decorrere dal termine di cui all’articolo 104, comma 2, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 102, comma 2, lettera a) del medesimo decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117. Le procedure di iscrizione all’anagrafe unica delle ONLUS cessano, ai sensi dell’articolo 101, comma 2, del decreto legislativo n. 117 del 2017, alla data del giorno antecedente al termine di cui all’articolo 30, fatta eccezione per i procedimenti di iscrizione e cancellazione pendenti a tale data; a conclusione degli stessi i dati e le informazioni degli enti interessati sono trasferiti al RUNTS con le modalità di cui agli articoli precedenti”.

L’art. 38, comma 3, d.m. 106/2020, nella sua prima parte ha carattere chiaramente riproduttivo della norma di rango primario, cioè l’art. 101, comma 2, CTS, laddove nella sua seconda parte sembrerebbe avere carattere innovativo se messo a confronto con la fonte legislativa.

Anche l’anagrafe delle ONLUS, come i registri di ODV e APS, non ammetterà nuove iscrizioni a partire dal giorno di avvio del RUNTS. Da quel momento, dunque, non sarà più possibile qualificare nessun ente come ONLUS mediante iscrizione alla relativa anagrafe. La legge, tuttavia, prevede che l’abrogazione della disciplina delle ONLUS abbia luogo solo a partire dal periodo di imposta successivo a quello in cui interverrà l’autorizzazione della Commissione europea (102, comma 2, lett. a), CTS). Da qui alcuni possibili dubbi di legittimità costituzionale della seconda parte dell’art. 38, comma 3, d.m. 106/2020, che appaiono tuttavia fugati, a nostro avviso, dalla previsione di cui all’art. 101, comma 2, CTS, là dove stabilisce che le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione degli enti nei “registri di settore”, inclusa l’anagrafe delle ONLUS, continuano ad applicarsi “fino all’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore”. Tale disposizione sembra infatti avere carattere derogatorio rispetto a quella generale di cui all’art. 102, comma 2, lett. a), CTS. D’altra parte, la legittimità della norma non può impedire di formulare un giudizio negativo sulla sua opportunità, alla luce delle conseguenze fiscali dell’accesso delle ONLUS al RUNTS prima dell’autorizzazione europea di cui all’art. 101, comma 10, CTS, sui cui torneremo in un successivo paragrafo di questo scritto.

3. La disciplina della registrazione nella fase transitoria (a proposito della nota ministeriale n. 12964/2017)

La complessità del regime transitorio è accentuata dall’intrecciarsi e sovrapporsi di due normative diverse, quella “nuova” del CTS e quelle “vecchie” sui “registri di settore”, tanto più se si considera che tra queste ultime rientrano normative regionali e provinciali autonome che, nel regolare il fenomeno della registrazione, talvolta non si limitano a disciplinarne gli aspetti procedurali, ma si spingono sino ad individuare requisiti e condizioni necessari ai fini dell’iscrizione.

Al riguardo, nella nota n. 12964 del 29 dicembre 2017, dedicata alle “questioni di diritto transitorio”, il Ministero del lavoro opera una distinzione tra norme di natura privatistica riguardanti l’ordinamento e l’organizzazione degli ETS e norme di natura pubblicistica inerenti i procedimenti di iscrizione nei preesistenti registri. Le seconde, ovvero (come anche le denomina il Ministero) le “norme procedimentali”, continueranno a regolare le iscrizioni ai “registri di settore”, mentre la conformità alle prime, cioè alle “norme sostanziali”, dovrà essere verificata in sede di iscrizione degli enti, tenendo però conto dell’esistenza di due diverse categorie di enti.

a) La prima è quella degli enti costituiti prima dell’entrata in vigore del CTS, cioè del 3 agosto 2017.

Per tali enti la normativa sostanziale di riferimento è quella vigente al tempo della loro costituzione e non già quella del CTS, cui dovranno adeguarsi entro il termine di cui all’art. 101, comma 2, CTS, ovvero entro il 31 maggio 2022. Di conseguenza, “qualora dovesse essere riscontrata una corrispondenza solo parziale delle disposizioni statutarie con le norme del codice [del terzo settore], tale disallineamento non potrà ex se costituire motivo di rigetto della domanda di iscrizione, dovendosi tenere presente che gli enti hanno a disposizione il termine di 18 mesi [successivamente prorogato più volte ed oggi coincidente con il 31 maggio 2022] per apportare le conseguenti modifiche al proprio statuto”.

b) La seconda è quella degli enti costituiti dopo il 3 agosto 2017.

Questi enti, invece, “sono tenuti a conformarsi ab origine alle disposizioni codicistiche, purché queste siano applicabili in via diretta ed immediata”.

Il Ministero prosegue osservando che “ai fini dell’individuazione delle norme che presentano tali caratteristiche, si deve ritenere che nel periodo transitorio non sono suscettibili di immediata applicazione le norme del codice del Terzo settore che presentano un nesso di diretta riconducibilità all’istituzione ed all’operatività del registro unico nazionale, ovvero all’adozione di successivi provvedimenti attuativi”, ed annovera tra le norme di quest’ultimo tipo quelle di cui agli articoli 14, comma 1 (per quanto riguarda il bilancio sociale), 22 (sull’acquisto della personalità giuridica mediante iscrizione al RUNTS) e 48. Tra le norme immediatamente applicabili sono invece ricomprese quelle aventi ad oggetto i requisiti sostanziali degli ETS ed in particolare quelle di cui agli articoli 32-35, l’art. 13, l’art. 14, comma 2 (a partire dal 1° gennaio 2019 con riferimento all’anno 2018).

In definitiva, la posizione del Ministero del lavoro è nel senso che, nel periodo transitorio, le “vecchie” regole procedurali si applicano alle procedure di iscrizione, mentre le “nuove” regole sostanziali introdotte dalla riforma del 2017 determinano i requisiti di iscrizione degli enti costituiti dopo il 3 agosto 2017. Le “vecchie” regole sostanziali possono applicarsi soltanto agli enti costituiti prima del 3 agosto 2017, ai quali la legge concede un ampio margine (31 maggio 2022) per adeguarsi alla nuova disciplina del terzo settore. Sebbene non lo si dica espressamente, deve inoltre ritenersi che le “nuove” regole sostanziali siano applicabili anche agli enti costituiti prima del 3 agosto 2017 che abbiano già realizzato i dovuti adeguamenti statutari, manifestando così la loro intenzione di sottoporsi alla nuova disciplina (quanto meno relativamente alla porzione di adeguamenti già realizzata, nel caso in cui l’adeguamento non sia stato totale).

Un margine di dubbio residua in merito alla nozione di “enti costituiti prima dell’entrata in vigore del CTS” di cui alla menzionata nota ministeriale. A quali enti deve farsi esatto riferimento? Di certo non già a quelli non solo costituiti ma altresì iscritti nei registri di ODV e APS prima del 3 agosto 2017, poiché per questi enti un problema di iscrizione nei registri equiparati al RUNTS più non si pone, essendo appunto già registrati in essi (questi enti hanno semmai interesse a conservare l’iscrizione pendente il termine di adeguamento di cui all’art. 101, comma 2, CTS). Il dubbio è piuttosto relativo a se gli enti in questione siano solo le ODV ed APS costituite prima del 3 agosto 2017 ma non ancora registrate nei relativi registri di settore, ciò che la disciplina preesistente – non imponendo la registrazione a fini di qualificazione ma solo di accesso al regime agevolativo – consentiva, oppure genericamente gli enti giuridici costituiti prima di quel giorno (ad es. un’ordinaria associazione costituita ai soli sensi del codice civile), anche non in conformità alle discipline di settore (di ODV ed APS). Il tenore dell’art. 101, comma 2, CTS, nonché l’interpretazione logico-sistematica della normativa, fanno propendere decisamente nel primo senso. Pertanto, interessate dalla nota ministeriale n. 12964/2017 devono ritenersi soltanto le ODV e le APS costituite prima del 3 agosto 2017 in conformità, rispettivamente, alle leggi 366/1991 e 383/2000, e non ancora iscritte nei relativi registri.

Invece, beneficiarie del termine (e delle procedure agevolate) di adeguamento di cui all’art. 101, comma 2, CTS, dovrebbero ritenersi tutte le ODV e APS costituite prima del 3 agosto 2017, a prescindere dal fatto che, a quella data, risultino già iscritte nei relativi registri o non lo siano ancora7. Ciononostante, resta naturalmente il fatto che, in assenza del RUNTS, ETS potranno considerarsi (ovvero agli ETS potranno equipararsi) soltanto le ODV e le APS che risultino iscritte nei registri di cui alle leggi 266/1991 e 383/2000. Al contrario, ETS non potranno ritenersi (ovvero agli ETS non potranno equipararsi) quelle ODV ed APS che non abbiano ancora completato, con esito positivo, il procedimento di iscrizione nei propri registri di settore8.

4. Il problema dell’applicazione delle normative regionali in materia di ODV e APS

Come in precedenza osservato, le normative regionali e provinciali autonome di disciplina dei “registri di settore” istituiti ai sensi delle leggi 266/1991 e 383/2000 non hanno ancora smarrito efficacia e possono pertanto continuare ad applicarsi fintanto che il RUNTS non sarà operativo. Ciò, a ben vedere, dovrebbe valere con esclusivo riferimento alle regole di funzionamento dei registri e non già anche in relazione ai requisiti sostanziali di iscrizione degli enti in questi ultimi, che (anche alla luce della nota ministeriale n. 12964/2017) dovrebbero rimanere individuati unicamente dalla nuova fonte legislativa statale, per lo meno con riferimento agli enti costituiti dopo il 3 agosto 2017, nonché a quelli che, sebbene costituiti prima di quel momento, si siano già volontariamente conformati alla nuova disciplina avendo operato i necessari adeguamenti statutari9.

Il problema trae origine dall’esistenza in alcune regioni di una dettagliata disciplina di ODV ed APS, in cui peraltro si condiziona l’iscrizione degli enti nei relativi registri regionali al possesso e al mantenimento di specifici requisiti sostanziali10. Ebbene, se questi requisiti continuassero a considerarsi, in termini generali, sempre essenziali ai fini dell’iscrizione, potrebbero generarsi occasioni di conflitto tra fonti legislative, quella statale e quella regionale.

Questa normativa regionale, là dove si occupa di struttura, ordinamento ed amministrazione degli enti, non dovrebbe applicarsi né agli enti costituiti dopo il 3 agosto 2017, né a quelli costituiti prima di questa data e già adeguatisi alla riforma del terzo settore. Di conseguenza, l’iscrizione di questi enti nei registri regionali di ODV ed APS non potrebbe essere impedita dagli uffici regionali competenti in ragione di un preteso contrasto dei loro statuti con la normativa regionale attuativa delle leggi 266/1991 e 383/2000, neanche allorché, come sovente accade, determinati requisiti siano da questa normativa espressamente richiesti ai fini dell’iscrizione degli enti nei registri. Le ODV ed APS in questione sono infatti sottoposte unicamente alla nuova normativa statale di cui al d.lgs. 117/2017, e la normativa regionale può applicarsi loro solo per ciò che concerne gli aspetti meramente procedurali dell’iscrizione nei “registri di settore”11.

La normativa regionale sostanziale può invece continuare a trovare applicazione solo con riferimento agli enti costituiti prima del 3 agosto 2017 che non si siano ancora adeguati alla riforma del terzo settore, ciò per cui, come ricordato, hanno tempo sino al 31 maggio 2022.

5. Adeguamenti statutari e registrazione degli enti del terzo settore

L’art. 101, comma 2, CTS, attribuisce due opportunità agli enti preesistenti alla riforma, cioè costituiti come ODV ed APS prima del 3 agosto 2017 (anche se ancora non iscritti nei relativi registri): quella di potersi conformare alla nuova disciplina di ODV ed APS entro il 31 maggio 2022, e quella di poter a tal fine modificare, sempre entro il 31 maggio 2022, i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria.

Non affronteremo qui tutte le diverse questioni interpretative poste dall’art. 101, comma 2, CTS12. Ci si limiterà a sollevare un problema legato al rapporto tra la libertà della suindicata categoria di enti di adeguarsi alla riforma entro il termine di cui all’art. 101, comma 2, CTS, e il procedimento d’iscrizione al RUNTS allorché esso sarà operativo. Ci riferiamo all’ipotesi della registrazione al RUNTS in pendenza del termine di adeguamento di cui all’art. 101, comma 2, CTS, ovverosia se sia possibile iscrivere nel RUNTS una ODV o una APS costituite prima del 3 agosto 2017, ma i cui statuti non siano ancora adeguati alla riforma (ciò per cui vi sarebbe tempo sino al 31 maggio 2022). L’ipotesi riguarda sia ODV ed APS già iscritte nei relativi registri di settore, che dunque accedono al RUNTS per trasmigrazione, sia, a ben vedere, anche ODV ed APS non iscritte nei registri di settore che facciano istanza d’iscrizione al RUNTS.

La questione, che nasce a causa di un mancato coordinamento di norme, dovrebbe risolversi nel senso che nessun ente può essere registrato nel RUNTS se non risulti già adeguato alla riforma e non abbia a tal fine coerentemente conformato il proprio statuto. Sarebbe infatti quanto meno curioso ammettere nel RUNTS soggetti che già nel momento in cui vi accedono non sono in regola con i requisiti d’iscrizione, e dunque dovrebbero esserne cancellati. Eppure, la facoltà di cui all’art. 101, comma 2, CTS, è espressamente contemplata nella legge, sicché, in linea di principio, nulla impedirebbe agli enti che ne sono beneficiari di opporre agli Uffici del RUNTS che lo richiedano il termine ivi concesso in loro favore (soprattutto nel caso in cui accedano al RUNTS per trasmigrazione, ovvero sulla base di un procedimento che inizia d’ufficio). D’altra parte, in forza dell’art. 101, comma 2, CTS, a tali enti è consentito iscriversi (o mantenere l’iscrizione) nei registri di settore transitoriamente equiparati al RUNTS e dunque possedere lo status transitorio di ETS. Perché dunque dovrebbe avvenire diversamente rispetto alla registrazione nel RUNTS?

In verità, le disposizioni di cui all’art. 101, comma 2, CTS, presuppongono l’assenza di operatività del RUNTS, sicché l’avvio del medesimo registro dovrebbe determinarne l’immediata cessazione d’efficacia. L’art. 101, comma 2, CTS, dato il suo carattere dichiaratamente transitorio (l’enunciato è chiaro sin dal suo incipit “fino all’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore …”), non dovrebbe più potersi applicare dal momento in cui il RUNTS sarà funzionante (cioè a partire dal giorno individuato nel decreto di cui all’art. 30, comma 1, d.m. 106/2020)13. Ne consegue che l’iscrizione su domanda di ODV ed APS non iscritte nei registri di settore, o per trasmigrazione di ODV ed APS iscritte, potrà farsi solo previo accertamento di conformità, anche dei loro statuti, alla nuova disciplina, nonostante il relativo procedimento amministrativo si concluda prima del 31 maggio 2022.

6. Le ONLUS nel regime transitorio

Riguardo alla figura delle “organizzazioni non lucrative di utilità sociale” o ONLUS, introdotta dal d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, abbiamo già ricordato in questo scritto che:

– l’anagrafe unica delle ONLUS rientra tra i “registri di settore” provvisoriamente equiparati al RUNTS, sicché le ONLUS iscritte all’anagrafe di cui al d.lgs. 460/1997 fanno transitoriamente parte, in assenza del RUNTS, del terzo settore, ovvero sono in questo stadio di applicazione della riforma equiparate agli ETS;

– le ONLUS, anche se iscritte alla relativa anagrafe prima del 3 agosto 2017, non saranno tuttavia coinvolte nel procedimento di “trasmigrazione”, che è riservato ad ODV e APS iscritte nei relativi registri prima di quel giorno (art. 54, comma 1, CTS); a queste ONLUS il d.m. 106/2020 ha tuttavia riservato (all’art. 34) uno specifico trattamento ai fini dell’iscrizione nel RUNTS;

– sarà possibile iscriversi all’anagrafe delle ONLUS sino al giorno antecedente a quello d’inizio di operatività del RUNTS, a partire dal quale nuove richieste di iscrizione non potranno più accogliersi; la disciplina delle ONLUS, tuttavia, rimarrà in vigore sino al periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, comma 10, a partire dal quale l’anagrafe delle ONLUS sarà soppressa;

– le procedure d’iscrizione all’anagrafe delle ONLUS rimarranno regolate dalla previgente disciplina di cui al d.lgs. 460/1997.

Rimane da comprendere quali siano le norme sostanziali che disciplineranno le ONLUS in questo periodo transitorio e come la questione degli adeguamenti statutari si ponga rispetto a queste ultime.

Agenzia delle entrate e Ministero del lavoro hanno sin qui condiviso la tesi secondo cui le ONLUS siano tenute ad apportare al proprio statuto, entro il termine previsto dall’articolo 101, comma 2 del Codice, gli adeguamenti necessari, subordinandone però l’efficacia alla decorrenza del termine di cui all’art. 104, comma 2. Nel contempo, allo stesso termine deve essere collegata, con espressa previsione statutaria, la cessazione di efficacia delle vecchie clausole statutarie rese necessarie dall’adesione al regime ONLUS ma divenute incompatibili con la sopravvenuta disciplina degli ETS. Pertanto, in coerenza con il predetto orientamento, entrambe le istituzioni hanno sostenuto che l’onere di adeguamento statutario debba per le ONLUS considerarsi adempiuto qualora entro il termine di cui all’art. 101, comma 2, siano deliberate le relative modifiche statutarie, nonostante la loro efficacia sia posticipata14.

Peraltro, al pari di ODV ed APS, anche le ONLUS costituite prima del 3 agosto 2017 potranno usufruire della facoltà concessa dall’art. 101, comma 2, CTS, di modificare, entro il 31 maggio 2022, i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria15.

Emerge inoltre dal contenuto della risoluzione del 25 ottobre 2019, n. 89/E, dell’Agenzia delle entrate, che i controlli sugli statuti (inizialmente inefficaci) delle ONLUS adattati alla riforma del terzo settore, saranno compiuti (non già immediatamente dall’Agenzia, bensì soltanto successivamente) dagli Uffici del RUNTS in sede di eventuale iscrizione delle ONLUS in quest’ultimo registro.

Si è altresì chiarito che, fino all’efficacia delle nuove disposizioni fiscali, le ONLUS saranno tenute a qualificarsi come tali e ad utilizzare nella denominazione e in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, la locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o l’acronimo ONLUS, previsti dal d.lgs. 460/1997. Infatti, tanto l’eliminazione della locuzione o dell’acronimo ONLUS, quanto l’assunzione della nuova denominazione sociale contenente l’acronimo ETS, dovranno essere inserite nello statuto attraverso clausole la cui efficacia sia sospensivamente condizionata, rispettivamente, alla decorrenza del termine di cui all’articolo 104, comma 2 e all’iscrizione nel RUNTS16.

Quanto precede farebbe propendere per la tesi per cui alle ONLUS la nuova disciplina sostanziale del terzo settore sia in linea di principio ancora inapplicabile salvi rinvii specifici contenuti nella medesima. Di diverso avviso si è però dichiarato il Ministero del lavoro, che, in una sua recente nota, considerando le ONLUS enti del terzo settore ex lege, quanto meno in questa fase transitoria, ha ritenuto ad esse applicabile l’art. 14, comma 1, CTS, sull’obbligo di redazione (secondo le apposite linee guida) e pubblicazione del bilancio sociale nel caso di superamento della soglia minima di entrate indicata nella stessa norma17.

7. Sulla persistente transitorietà della nuova disciplina in assenza dell’autorizzazione europea alle norme fiscali

L’avvio del RUNTS non è il solo evento di fondamentale importanza nell’impianto complessivo della nuova legislazione sul terzo settore, ancora atteso affinché tutte le opportunità della riforma del 2017 possano essere colte e la sua fase transitoria possa finalmente volgere al termine.

V’è ne è un altro che, almeno per certi versi, è forse ancora più rilevante. Si tratta dell’autorizzazione della Commissione europea necessaria a rendere efficace – a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui verrà concessa – la maggior parte delle disposizioni di natura fiscale (e promozionale) contenute nel CTS (articoli 101, comma 10, e 104, comma 2, CTS)18.

L’autorizzazione è da rendersi su richiesta del Governo italiano a cura del Ministero del lavoro, e nel momento in cui si scrive non risulta essere stata ancora presentata alla Commissione.

Questa condizione sospensiva, dalla cui realizzazione dipende la tenuta dell’intero quadro legislativo prodotto dalla riforma del 2017, s’intreccia in vario modo col funzionamento del RUNTS19.

Le ragioni sono evidenti. Poiché, infatti, in assenza di tale autorizzazione, le disposizioni fiscali di cui al titolo X del Codice non sono applicabili (art. 104, comma 2, CTS), l’avvio del RUNTS potrebbe essere irrilevante per tutti quegli enti che, iscrivendosi, non potrebbero beneficiare del nuovo regime fiscale a fronte dei vari oneri (di pubblicità, trasparenza, organizzazione, ecc.), questi sì già efficaci, che la riforma loro impone. Questi enti, pertanto, non avrebbero un interesse attuale ad iscriversi nel RUNTS fintanto che il nuovo regime fiscale sarà loro inapplicabile. Soltanto ODV ed APS – che in assenza di autorizzazione europea (e finché essa non produrrà i suoi effetti) continuano a godere del regime fiscale previgente20 – saranno interessate ad iscriversi nel RUNTS (anche a seguito di trasmigrazione).

Ciò appare ancor più vero per le ONLUS (soprattutto per quelle ONLUS che non intendano “trasformarsi” in ODV o APS o eventualmente anche in imprese sociali e soprattutto in cooperative sociali), alle quali – in assenza di autorizzazione europea – da un lato non si applicherebbe ancora, in quanto non autorizzato, il nuovo regime fiscale, e dall’altro lato non potrebbe più applicarsi il “vecchio” regime di cui al d.lgs. 460/1997, poiché con l’iscrizione nel RUNTS esse perderebbero la qualifica di ONLUS (art. 101, comma 8, CTS) e non potrebbero pertanto continuare ad essere destinatarie della disciplina di cui al d.lgs. 460/199721.

È dunque molto probabile che le ONLUS già esistenti22 (soprattutto quelle che non intendano “convertirsi” subito in ODV o APS) si terranno fuori dal RUNTS finché ciò sarà possibile senza subire conseguenze patrimoniali negative (ovverosia sino al 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui l’autorizzazione europea sarà rilasciata)23, continuando nel frattempo a godere del regime fiscale di cui al d.lgs. 460/1997 ancora in vigore24.

In definitiva, il RUNTS e il terzo settore non saranno mai del tutto attraenti per gli enti potenzialmente interessati a qualificarsi come ETS fintanto che mancherà l’autorizzazione della Commissione europea. In conseguenza della stretta connessione esistente tra il quadro sostanziale e il quadro fiscale degli enti del terzo settore, fortemente voluta dal legislatore della riforma, solo il rilascio dell’autorizzazione segnerà la completa attuazione della “grande” riforma del 2017. L’ormai prossimo avvio del RUNTS non sarà dunque a tal fine sufficiente.

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[1]

Si rinvia per approfondimenti al volume di commento al d.m. 15 settembre 2020, n. 106, di prossima pubblicazione nell’ambito della collana “Quaderni di Terzjus”.

[2]

Ad opera dell’art. 66, comma 1, d.l. 31 maggio 2021, n. 77.

[3]

Cfr. l’intervista del Direttore generale competente in materia, Alessandro Lombardi, rilasciata il 10 giugno 2021 al Sole 24 ore.

[4]

Benché l’art. 101, comma 3, d.lgs. 117/2017, parli di “nelle more nell’istituzione”, in realtà, essendo stato il RUNTS direttamente istituito dall’art. 53, comma 1, del medesimo decreto, questo inciso deve intendersi come “nelle more dell’avvio del RUNTS”. Come spiegato nel testo, in virtù di quanto adesso disposto dall’art. 30 del d.m. 106/2020, il termine di avvio dovrà definirsi con decreto direttoriale.

[5]

Ne sono dunque escluse le ODV e le APS costituite prima del 3 agosto 2017 e non iscritte nei relativi registri della l. 266/1991 e della l. 383/2000, ciò che queste leggi (a differenza del d.lgs. 117/2017) consentivano. Ciò non significa che, come chiariremo nel testo, queste ODV ed APS preesistenti alla riforma e non iscritte nei registri non siano destinatarie di norme specifiche del d.lgs. 117/2017.

[6]

Interpretando autenticamente l’art. 104 CTS mediante una disposizione contenuta nell’articolo 5-sexies, comma 1, d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni dalla l. 4 dicembre 2017, n. 172, il legislatore ha stabilito che le disposizioni di carattere fiscale vigenti prima della data di entrata in vigore del medesimo Codice continuano a trovare applicazione, senza soluzione di continuità, fino a quando non saranno applicabili le nuove disposizioni fiscali previste dal Codice (e comunque non prima del periodo di imposta successivo a quello di operatività del Registro unico).

[7]

Di avviso diverso dal nostro è il Ministero del lavoro, che, nella circolare n. 13 del 31 maggio 2019, sostiene: “gli enti costituiti ai sensi delle normative di settore (preesistenti al d.lgs. n. 117/2017) ma non ancora iscritti ai relativi registri, qualora intendano apportare modifiche per allineare gli statuti al Codice del Terzo settore dovranno farlo con gli strumenti previsti dallo statuto mede-simo (normalmente sulla base di regole e maggioranze rinforzate, abitualmente impiegate in tali casi) senza beneficiare del regime alleggerito previsto solo per gli enti già provvisti della qualifica derivante dall’iscrizione”.

[8]

Del tutto evidente è, poi, che dal 3 agosto 2017 non sarà più possibile costituire nuove ODV ed APS non iscritte, poiché il Codice del terzo settore non prevede ETS non registrati in alcun registro. Potranno continuare ad operare come ODV ed APS non iscritte soltanto le ODV ed APS costituite prima del 3 agosto 2017 sulla base della normativa previgente: queste ODV ed APS non iscritte, tuttavia, come spiegato nel testo, non potranno considerarsi ETS nella fase transitoria finché non saranno iscritte; esse potranno però, come sottolineato nel testo, beneficiare del termine e delle modalità di adeguamento di cui all’art. 101, comma 2, CTS.

[9]

Secondo il Ministero del lavoro, nella sua circolare n. 13 del 31 maggio 2019, “il conformarsi, attraverso l’adeguamento statutario, al nuovo quadro normativo, più che l’assoggettamento ad un obbligo, rappresenta l’espressione attraverso la quale l’ente manifesta la propria libera scelta di permanere all’interno del Terzo settore; le modifiche che l’ente apporta costituiscono appunto la conseguenza di tale decisione, i cui effetti sono attualmente integrati, in via transitoria, ai sensi della previsione dell’articolo 101, comma 3”. Di onere parlava già a tal riguardo RICCARDELLI, Gli adeguamenti statutari degli enti del terzo settore, in Terzo settore, non profit e cooperative, 2018, n. 1, 7; e successivamente ID., Gli adeguamenti statutari nel lungo periodo transitorio della riforma, in ABBATE (a cura di), Gli adeguamenti statutari e il diritto transitorio del terzo settore, Milano, 2021, 4. Tale posizione è coerente col pensiero più volte espresso da chi scrive secondo cui l’intera normativa sul terzo settore è una normativa attributiva di uno status promozionale, sicché tutte le prescrizioni in essa contenute sono da intendersi non già come obblighi, bensì come oneri di qualificazione, dal cui adempimento dipende l’acquisizione e la conservazione dello status.

[10]

Un esempio emblematico è offerto dalla Regione Emilia-Romagna, che oltre a leggi regionali già abbastanza dettagliate, conosce delibere di Giunta Regionale che disciplinano minuziosamente le modalità di organizzazione e funzionamento di ODV e APS: cfr. L.R. Emilia-Romagna 9 dicembre 2002, n. 34, L.R. Emilia-Romagna 21 febbraio 2005, n. 12, e d.G.R. n. 1007/2015.

[11]

Il problema diventa dunque quello di distinguere le norme procedurali da quelle sostanziali. Riteniamo, ad esempio, che non sia un aspetto meramente procedurale il requisito di operatività dell’ente per un certo periodo di tempo (usualmente sei mesi o un anno) prima della richiesta di iscrizione nei registri regionali delle APS.

[12]

Al tema è dedicato il volume di ABBATE (a cura di), Gli adeguamenti statutari e il diritto transitorio del terzo settore, cit.

[13]

In sostanza, è come se, nell’art. 101, comma 2, CTS, dopo le parole “entro il 31 maggio 2022”, fossero scritte le seguenti: “o entro il termine di operatività del Registro, ove antecedente al primo”. Così avrebbe dovuto, in effetti, essere scritta la norma dal legislatore per evitare il sorgere della questione interpretativa sollevata nel testo.

[14]

In questi termini il Ministero del lavoro nella circolare n. 20 del 27 dicembre 2018, richiamando l’orientamento espresso dall’Agenzia delle entrate nel corso dell’appuntamento con il “Telefisco” del febbraio 2018.

[15]

In questi termini il Ministero del lavoro nella circolare n. 13 del 31 maggio 2019.

[16]

Cfr. circolare 20/2018 del Ministero del lavoro.

[17]

Cfr. Ministero del lavoro, nota n. 11029 del 3 agosto 2021.

[18]

Fanno eccezione soltanto alcune disposizioni che in via transitoria si applica-no ad ODV, APS e ONLUS già dal 1° gennaio 2018, cioè quelle di cui agli articoli 77 (sui titoli di solidarietà), 78 (social lending), 81 (social bonus), 82 (imposte indirette e tributi locali), 83 (erogazioni liberali), 84, comma 2 (regime fiscale dei redditi degli immobili delle ODV), 85, comma 7 (regime fi-scale dei redditi degli immobili delle APS) (art. 104, comma 1, CTS).

[19]

Un’altra autorizzazione di cui si rimane in attesa, e rispetto alla quale non risulta neanche in questo caso essere stata formulata richiesta da parte del Go-verno italiano, è quella che riguarda le misure fiscali di cui all’art. 18, d.lgs. 112/2017, in tema di imprese sociali. Si tratta da un lato di misure indispensabili per il funzionamento stesso dell’impresa sociale (la detassazione degli utili reinvestiti nell’attività), dall’altro di misure che potrebbero garantire un enorme sviluppo di questa particolare tipologia di ente del terzo settore (mediante l’incentivazione fiscale degli investimenti nel capitale di nuove imprese sociali).

[20]

Ciò è stato chiarito dalla norma di interpretazione autentica dell’art. 104 CTS, contenuta nell’articolo 5-sexies, comma 1, già in precedenza citato. Lo ha inoltre ribadito l’Agenzia delle entrate nella sua risoluzione n. 89/E del 25 ottobre 2019, ove si legge che “un ente iscritto in un registro previsto dalla legge 11 agosto 1991, n. 266 (ODV- Organizzazione di volontariato) o iscritto in un registro previsto dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383 (APS – Associazioni di Promozione Sociale) possa continuare ad applicare le disposizioni fiscali discendenti dalle norme citate, sempre che sia in possesso dei requisiti formali e sostanziali previsti dalle leggi di settore, fino al termine di cui al comma 2, dell’articolo 104 del Codice anche nel caso in cui non proceda ad adeguare lo statuto entro il 30 giugno 2020 alle disposizioni inderogabili del Codice”.

[21]

Cfr. IANNACCONE, Gli adeguamenti statutari di ODV, APS e ONLUS alla Ri-forma del terzo settore, in www.terzjus.it., 9 novembre 2020.

[22]

Non sarà infatti più possibile iscriversi all’Anagrafe dopo l’avvio del RUNTS e dunque formare nuove ONLUS.

[23]

Iscrivendosi al RUNTS, infatti, le ONLUS evitano la devoluzione patrimoniale che altrimenti conseguirebbe alla perdita della qualifica di ONLUS per effetto dell’abrogazione del d.lgs. 460/1997. Il 31 marzo del periodo d’imposta successivo a quello di rilascio dell’autorizzazione europea è il termine ultimo che il decreto ministeriale 106/2020 loro concede per decidere se formulare richiesta di iscrizione al RUNTS. Scaduto questo termine senza aver fatto do-manda d’iscrizione al RUNTS, le ONLUS perdono la qualifica e conseguentemente il patrimonio accumulato da quando l’hanno acquisita. Se invece fan-no domanda d’iscrizione entro il 31 marzo e la loro domanda è accolta entro il 31 dicembre di quell’anno, allora si considerano ETS senza soluzione di continuità dal 1° gennaio dell’anno stesso. Cfr. art. 101, comma 8, CTS e art. 34 d.m. 106/2020.

[24]

La soluzione potrebbe risiedere in un’interpretazione dell’art. 101, comma 8, CTS, che, andando oltre il mero dato testuale, risulti compatibile con l’art. 102, comma 2, lettera a), CTS, là dove individua il momento in cui la disciplina delle ONLUS diventerà inefficace, e tenga conto del chiaro obiettivo legislativo di favorire l’approdo delle ONLUS al “nuovo” terzo settore e al RUNTS. In considerazione della fase transitoria in cui ancora per il momento si trova l’attuazione della riforma del terzo settore e sino a che non giunga il periodo d’imposta successivo a quello del rilascio da parte della Commissione europea dell’autorizzazione alle misure fiscali, l’art. 101, comma 8, CTS, dovrebbe intendersi nel senso che l’avvenuta iscrizione di una ONLUS al RUNTS non determini la perdita della qualifica di ONLUS finché gli articoli 10 e ss. del d.lgs. 460/1997 sono ancora vigenti. L’art. 101, comma 8, CTS, è infatti una norma – al pari di molte altre sparse all’interno del Codice – pensata per la fase “a regime” della riforma del 2017, mentre quella sopra proposta è l’unica interpretazione della norma sensata sul piano sistematico e rispettosa della volontà del legislatore nell’attuale fase “transitoria”. D’altra parte, sarebbe ingiustificatamente discriminatorio trattare diversamente le ONLUS a seconda che s’iscrivano o meno nel RUNTS. Infatti, le ONLUS che non s’iscrivono al RUNTS non solo non perdono i benefici del d.lgs. 460/1997, ma sono anche destinatarie delle poche norme promozionali del CTS già vigenti (quelle di cui all’art. 104, comma 1, CTS). Perché dunque l’iscrizione al RUNTS dovrebbe essere penalizzante per le ONLUS nonostante la persistente vigenza del d.lgs. 460/1997? Tanto più è vero ciò se si pensa alla situazione delle ONLUS “di diritto”, come le organizzazioni di volontariato, che pur risultando iscritte al RUNTS continuerebbero a godere del regime ex d.lgs. 460/1997 finché esso sarà vigente.
Un ostacolo alla soluzione interpretativa sopra proposta potrebbe derivare da un possibile “conflitto tra statuti”, dal momento che una ONLUS che intenda iscriversi al RUNTS dovrebbe avere uno statuto adeguato al d.lgs. 117/2017, che in quanto tale, però, potrebbe risultare non più conforme alle regole di cui al d.lgs. 460/1997 (solleva la questione IANNACCONE, Gli adeguamenti statutari di ODV, APS e ONLUS alla Riforma del terzo settore, cit.). Ma questo conflitto tra statuti potrebbe, in realtà, essere più apparente che rea-le, stante la sostanziale corrispondenza che tutto sommato esiste tra i requisiti formali delle ONLUS e quelle degli enti del terzo settore. Ad ogni modo, è evidente come solo una presa di posizione ufficiale congiunta da parte del Ministero del lavoro e dell’Agenzia delle entrate potrebbe risolvere il potenziale conflitto nel modo che si è indicato essere più coerente con il disegno legislativo di far transitare senza ostacoli le ONLUS verso il “nuovo” terzo settore. Basterebbe, come detto, affermare che alle ONLUS che s’iscrivono al RUNTS continua ad applicarsi il regime fiscale di cui al d.lgs. 460/1997 fintanto che gli articoli 10 e seguenti del d.lgs. 460/1997 siano vigenti (cioè fino al periodo d’imposta successivo a quelle del rilascio dell’autorizzazione della Commissione europea).

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