[di Luca Antonini, pubblicato sU «Il Sole 24 Ore» di mercoledì 8 novenbre 2023, p. 17]
La società solidale in Italia continua a crescere. In modo silenzioso: il bene non fa il rumore del male e spesso passa inosservato. Istat ha però documentato il costante aumento degli enti non profit (363.499 nel censimento aggiornato del 2023) e Terzjus, pochi giorni fa, il forte incremento delle iscrizioni al Registro nazionale (Runts). Questa società solidale è stata valorizzata da diverse sentenze della Corte costituzionale, in quanto espressione di un’autonoma iniziativa dei cittadini dove si dimostra l’originaria socialità dell’uomo (sent. n. 75/92) e si sviluppano le libertà sociali (sent. n. 300/03). È un mondo che non s’identifica con quello del mercato, perché non ha di mira la realizzazione di un utile, e che in Italia è stato sempre molto vivo e generativo. Lo evidenzia la sent. n. 131/20 quando afferma: «Le relazioni di solidarietà sono state all’origine di una fitta rete di libera e autonoma mutualità che, ricollegandosi a diverse anime culturali della nostra tradizione, ha inciso profondamente sullo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese» riuscendo a garantire «assistenza, solidarietà e istruzione a chi, nei momenti più difficili della nostra storia, rimaneva escluso». Proprio nella nostra storia, però, paradossalmente è mancato un efficace rapporto tra la pubblica amministrazione e la società solidale. La prima è rimasta spesso chiusa rispetto alla seconda, a causa di una tendenza a non fidarsi di quest’ultima e a omologarla, nel trattamento, alla società del profitto. Valorizzando fortemente il nuovo concetto di amministrazione condivisa, introdotto dall’art. 55 del codice del terzo settore, la sentenza ha gettato un solido ponte su questo fossato. Ha esplicitato, infatti, le ragioni d’una collaborazione: gli Enti del Terzo settore (Ets) «spesso costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, e sono quindi in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (altrimenti conseguibili in tempi più lunghi e con costi organizzativi a proprio carico), sia un’importante capacità organizzativa e di intervento». È stato così valorizzato un canale di amministrazione condivisa tra P.A. e Ets, alternativo a quello del profitto e del mercato, in grado di produrre un aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della società del bisogno. Non può sfuggire che proprio grazie a questo canale, diverso da quello del mercato e della mera burocrazia, può arrivare a chi si ritrova nella società del bisogno, anziché un aiuto anonimo, il calore di un abbraccio umano nella risposta concreta alle necessità. E la forza della società solidale, che quando è sincera genera un plusvalore, in termini di capacità di rapporto e quindi di aiuto, con chi versa nel disagio. Anche dalla Corte di Giustizia, Causa C-436/2o, del 14.7.2022, è intervenuta un’importante conferma di tale prospettiva, ammettendo «il ricorso esclusivo agli enti privati senza scopo di lucro» per l’erogazione di servizi sociali di assistenza alle persone, quando richiesto non solo dai principi di universalità e di solidarietà, ma anche da quelli di efficienza economica e adeguatezza. Al fondo di tutte queste affermazioni sta il cuore pulsante della società solidale, costituita spesso da un universo di volontari che esprimono l’impegno di chi, «nella ricerca di senso alla propria esistenza, si compie nell’apertura al bisogno dell’altro», come afferma la sent. n. 72/22, dove la Consulta riconosce che le attività di interesse generale svolte senza fini di lucro realizzano «una forma nuova e indiretta di concorso alla spesa pubblica». E dove, infine, si conclude affermando che il volontariato costituisce una modalità fondamentale di «partecipazione civica e di formazione del capitale sociale delle istituzioni democratiche»: sta al mondo del non profit mostrare la coerenza ideale necessaria a non disperderlo.