Agevolazioni alle imprese per la diffusione e il rafforzamento dell’economia sociale. Nota al d.m. 11 giugno 2020

Nella Gazzetta Ufficiale del 17 luglio 2020 è stato pubblicato il decreto del Ministero dello sviluppo economico, datato 11 giugno 2020, in materia di agevolazioni alle imprese per la diffusione e il rafforzamento dell’economia sociale. L’intervento disciplinare innova il d.m. 3 luglio 2015, attraverso il quale veniva introdotto “un regime di aiuto volto a sostenere la nascita e la crescita delle imprese operanti, in tutto il territorio nazionale, per il perseguimento degli interessi generali e delle finalità di utilità sociale” (art. 2 d.m. 3 luglio 2015).

Con il nuovo intervento governativo si intende uniformare il decreto del 2015 al nuovo quadro normativo e istituzionale offerto dal d.lgs. 112/2017, mediante il quale si è sottoposta a puntuale revisione la disciplina dell’impresa sociale. Tra le diverse integrazioni soggettive apportate all’art. 1, rubricato “Definizioni”, emerge quella dedicata all’impresa sociale che compare all’art. 1, comma 1, lett. psepties): per imprese sociali si intendono “i soggetti che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112 e successive modificazioni e integrazioni”.

Al fine di promuovere la diffusione e il rafforzamento dell’economia sociale e di quella culturale e creativa, è previsto un regime di aiuto destinato ad operare in favore di: a) imprese sociali, comunque costituite, iscritte nell’apposta sezione del Registro delle imprese; b) cooperative sociali e loro consorzi, iscritti nell’apposito albo e nell’apposita sezione del Registro delle imprese in base a quanto disposto dall’articolo 1, comma 4, d.lgs. 112/2017; c) società cooperative aventi qualifica di ONLUS, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 101, comma 2, e 102, comma 2, d.lgs. 117/2017; d) imprese culturali e creative, costituite in forma di società di persone o di capitali, che operano o intendono operare nei settori economici elencati nell’allegato n. 1 al d.m. 11 giugno 2020. L’inclusione di queste ultime imprese, esenti dai vincoli imposti alle imprese sociali e volte al perseguimento di uno scopo lucrativo, suscita, tuttavia, qualche perplessità in termini di raccordo del d.m. in rassegna con il Codice del Terzo settore e con il d.lgs. 112/2017.

I soggetti interessati, alla data di presentazione della domanda di accesso alle agevolazioni, dovranno risultare in possesso dei requisiti prescritti dall’art. 3, comma 2, del d.m. 3 luglio 2015. Tra i requisiti è richiesta la regolare costituzione e iscrizione nel Registro delle imprese e negli elenchi, albi e anagrafi previsti dalla rispettiva normativa di riferimento. Per le società cooperative costituite sotto forma di Onlus, come previsto dalle summenzionate disposizioni di diritto transitorio contenute nel Codice del Terzo settore, fino all’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione degli enti nei Registri Onlus.

Un nuovo requisito per l’accesso alle misure di supporto finanziario è costituito dal “non aver effettuato nei due anni precedenti la presentazione della domanda una delocalizzazione verso l’unità produttiva oggetto dell’investimento e assumere l’impegno a non procedere alla delocalizzazione nei due anni successivi al completamento dell’investimento stesso” (art. 3, comma 2, lett. f-bis), d.m. 3 luglio 2015).

La modifica disciplinare ha prodotto un ampliamento delle cause soggettive di esclusione, già previste dall’art. 3, comma 3, d.m. 3 luglio 2015. Vi rientra, ora, lo stato di difficoltà economica: esso può coincidere con una riduzione superiore al 50% del capitale sociale, ovvero con la perdita di fondi societari superiori al 50%, nonché con la sottoposizione ad una procedura concorsuale o con il mancato rimborso di prestiti già percepiti nell’ambito di procedure di salvataggio aziendale.

Il Ministero provvede a riformulare integralmente l’art. 3, comma 4, d.m. 3 luglio 2015: è ora previsto che le imprese in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi possano presentare programmi anche congiuntamente, fino ad un massimo di sei soggetti co-proponenti. In tali casi, il programma d’investimento deve essere realizzato nel rispetto di un accordo di collaborazione. L’accordo deve rappresentare una stabile collaborazione tra i proponenti, coerente con l’articolazione delle attività finalizzate alla realizzazione del programma d’investimento proposto e deve prevedere: a) la suddivisione delle competenze, dei costi e delle spese a carico di ciascun proponente; b) l’individuazione nell’ambito dei proponenti, del soggetto capofila, che agisce in veste di mandatario dei partecipanti, attraverso il conferimento da parte dei medesimi, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, di un mandato con rappresentanza per tutti i rapporti con il Ministero. In questo caso, i programmi di investimento devono rispettare la prescrizione del sostenimento da parte di ciascun co-proponente di spese ammissibili non inferiori a 50.000,00 €.

Più in generale, come emerge dall’art. 4 d.m. 3 luglio 2015, possono beneficiare delle agevolazioni i programmi di investimento – presentati anche in collaborazione con centri di trasferimento tecnologico, stazioni sperimentali, digital innovation hub e incubatori d’impresa – purché risultino coerenti con le finalità statutarie dei soggetti proponenti, nonché organici e funzionali all’attività esercitata ed avviati successivamente alla presentazione della domanda di agevolazione.

Il finanziamento ottenuto sarà legato all’effettiva esecuzione delle prestazioni programmate e tale indicazione depone nel senso di un supporto finanziario necessariamente connesso al beneficio sociale prodotto: per quanto attiene al profilo rimediale, è precisato che i programmi di investimento debbono essere ultimati entro 36 mesi dalla data di stipula del contratto di finanziamento di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto in rassegna. Su richiesta motivata dell’impresa beneficiaria, il Ministero potrà autorizzare, proroghe del predetto termine per una durata complessivamente non superiore a 6 mesi.

Il nuovo decreto amplia il comma 2 dell’art. 4, inserendovi i commi da 2-bis a 2-quinquies e ribadisce la centralità di un finanziamento vincolato e connesso all’effettiva generazione di uno sviluppo sostenibile. Secondo il dettato normativo, gli investimenti possono essere finalizzati al sostegno di investimenti produttivi che presentano un carattere innovativo, un’elevata sostenibilità ambientale e che tengono conto degli impatti sociali. Si intende agevolare programmi basati sulla creazione di nuove unità produttive, sull’ampliamento di quelle già esistenti, nonché sulla ristrutturazione delle medesime. Tale ultimo processo rimarca un accentuato carattere di sostenibilità, poiché deve consentire un miglioramento misurabile nell’attività produttiva e nelle condizioni di lavoro cui corrisponda una riduzione di costi e dei livelli inquinanti, favorendo la transizione verso un modello di economia circolare. Inoltre, gli investimenti possono essere finalizzati al fine di incrementare il livello occupazionale dei lavoratori con disabilità.

Il d.m. 3 luglio 2015 rimane immutato per quanto riguarda le agevolazioni concedibili: esse avvengono, a fronte della realizzazione dei programmi di investimento di cui all’articolo 4, nella forma di finanziamenti a tasso agevolato, secondo le caratteristiche meglio precisate dal medesimo art. 6.

Per quanto concerne la disciplina attuativa è previsto che il Ministero dello sviluppo economico, Cassa depositi e prestiti s.p.a. e ABI, sentito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, stipulino una apposita convenzione per la disciplina dei rapporti originati dalla concessione dei finanziamenti (art. 8, comma 1, d.m. 3 luglio 2015). All’art. 8, comma 3, viene precisato che “gli adempimenti tecnici e amministrativi in fase di concessione e di erogazione delle agevolazioni sono svolti dal Ministero e la valutazione del merito di credito e la gestione del finanziamento agevolato è operata dalle Banche finanziatrici, ferma restando la messa a disposizione da parte di CDP delle risorse del FRI destinate ai finanziamenti agevolati”. Le banche finanziatrici coincidono con gli istituti di credito e con le succursali di banche estere comunitarie o extracomunitarie operanti in Italia e autorizzate all’esercizio dell’attività bancaria così come previsto dal Testo unico bancario (art. 8, comma 4, d.m. 3 luglio 2015, così come riformulato dal d.m. 11 giugno 2020).

Nell’ottica di incrementare l’affermazione di uno sviluppo sostenibile, il d.m. 11 giugno 2020 interviene sull’art. 9 d.m. 3 luglio 2015, rubricato “Procedura di concessione delle agevolazioni”. Rimane immutata la tecnica procedurale “a sportello” per la concessione delle agevolazioni, nonché per la modalità di presentazione della domanda al Ministero dello sviluppo economico nei limiti delle risorse disponibili (art. 9, commi 2, 3 e 5). Le imprese che hanno diritto alle agevolazioni possono presentare una sola domanda di accesso alle agevolazioni nell’arco temporale di un anno (la soglia temporale antecedente alla novella del 2020 era di due anni).

Appare interessante osservare come la modifica disciplinare abbia inciso sulla fase dell’istruttoria da parte del Ministero competente. Quest’ultimo dovrà, adesso, valutare, oltre ai parametri di legittimità formale e di regolarità tecnica, recependo la valutazione del merito creditizio formulata dalla banca finanziatrice, l’impatto socioambientale o culturale e creativo del programma di investimento.

Il provvedimento di concessione delle agevolazioni indica: a) l’ammontare delle spese ammissibili; b) l’ammontare del finanziamento agevolato e la misura minima del finanziamento ordinario; c) il tasso da applicare al finanziamento agevolato; d) la durata del finanziamento e del relativo piano di preammortamento; e) gli obblighi in capo all’impresa beneficiaria, nonché le condizioni di revoca e l’eventuale applicazione di penali in caso di inadempienza (art. 9, comma 11, d.m. 3 luglio 2015).

A seguito del provvedimento di concessione la banca finanziatrice provvede alla stipula del contratto di finanziamento con l’impresa beneficiaria. La logica del finanziamento graduale, ovvero condizionato ai risultati effettivamente perseguiti, connota l’erogazione del finanziamento. Come si evince all’art. 10, comma 1, d.m. 3 luglio 2015, il finanziamento agevolato è erogato dalla Banca finanziatrice in non più di 6 soluzioni, più l’ultima a saldo, in relazione a stati di avanzamento del programma. Tale modalità è disposta sulla base delle richieste presentate periodicamente da parte dell’impresa beneficiaria al Ministero e previa positiva istruttoria da parte di quest’ultimo delle condizioni di erogabilità.

Le ipotesi di revoca delle agevolazioni finanziarie sono racchiuse all’art. 12 d.m. 3 luglio 2015: il Ministero competente potrà procedere alla revoca totale o parziale, ad esempio, in caso di mancanza dei requisiti di ammissibilità, di documentazione incompleta o irregolare, nonché in caso di apertura di procedura concorsuale o di distrazione delle somme allocate dalle finalità originarie. Inoltre, le agevolazioni potranno essere revocate in caso di mancata realizzazione del programma di investimento entro i termini previsti. In questo caso, la revoca sarà parziale laddove la parte di programma realizzato configuri un investimento di per sé organico e funzionale (art. 12, comma 3, d.m. 3 luglio 2015). Ciò porta ad un ricalcolo delle quote erogabili e al recupero delle maggiori agevolazioni già percepite dai soggetti beneficiari.

La revoca totale determina risoluzione del contratto di finanziamento e l’obbligo di restituzione da parte dell’impresa beneficiaria del debito residuo, nonché la restituzione dell’importo del beneficio di cui la stessa ha goduto fino alla data del provvedimento di revoca.

Il rafforzamento dell’economia sociale coincide, dunque, con un sistema di finanziamento basato sull’effettivo impatto sociale generato dai soggetti beneficiari.

TUTTI I DIRITTI RISERVATI. È vietato qualsiasi utilizzo, totale o parziale, del presente documento per scopi commerciali, senza previa autorizzazione scritta di Terzjus.
Torna in alto

Ricevi aggiornamenti,
news e approfondimenti sulle attività di Terzjus