[di Michele Damiani, pubblicato in «Italia Oggi» del 26 settembre 2024, p. 29]
Il terzo settore come casa naturale per le Comunità energetiche rinnovabili (Cer). Le diverse tipologie giuridiche degli Enti del terzo settore (Ets) rappresentano, infatti, forme organizzative particolarmente adatte per costituire una Cer. Questo anche a seguito della recente modifica normativa operata con il dl 57/2023, che ha inserito tra le attività di interesse generale (art. 5 del Codice del terzo settore) anche «interventi e servizi finalizzati alla produzione, all’accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili ai fini di autoconsumo, ai sensi del digs 199/2021» (il decreto che ha introdotto le Cer in Italia, recependo la direttiva Red II (2018/2001/UE). A frenare i progetti, però, l’incompletezza normativa, ovvero la mancata pubblicazione di tutti i decreti attuativi del provvedimento sulle Comunità energetiche, che rappresenta la prima criticità individuata dai promotori dei progetti stessi. E quanto emerge dal report «Gli Ets come nuovo veicolo per lo sviluppo delle Cer», presentato il 24 settembre da Fondazione Terzjus, l’ente guidato da Luigi Bobba. Alla presentazione ha partecipato anche il ministro per l’ambiente e la sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. La ricerca si basa su dieci interviste realizzate ad altrettanti soggetti promotori di Comunità energetiche rinnovabili.
Ets veicolo ideale per le Cer. Il report si apre con una domanda: «Possono essere gli Ets un veicolo appropriato per lo sviluppo delle Cer?». La risposta è inequivocabile: «la scelta di costituire una Cer in forma di Ets appare coerente non solo per una qualificata consonanza ideale con le finalità tipiche della Cer, ma anche per una possibile convenienza sul piano del trattamento fiscale della stessa». Una Comunità energetica rinnovabile, ricordano nel report, deve per statuto: «essere un ente di tipo collettivo; non avere finalità di lucro; avere una struttura aperta con condizioni di ingresso non particolarmente gravo-se» e, visto che persegue finalità di fornitura di benefici ambientali, «molto si avvicina all’orientamento valoriale e alla struttura organizzativa tipica di un Ets». Alla convergenza ideale e alla contestuale coerenza nella forma organizzati-va, spiegano gli analisti, si associa anche «una convenienza economica in quanto la Cer/Ets potrà accedere a tutti i benefici fiscali previsti dalla riforma del terzo settore: accesso alle erogazioni liberali, imposta di registro in misura fissa per tutti gli atti, possibilità di partecipare a procedure di amministrazione condivisa, utilizzo del social bonus». A spingere verso questa convergenza ci ha pensato anche il legislatore, con il già citato dl 57/2023, una novità «che segna un decisivo punto di svolta nel percorso di avvicinamento delle Cer al terzo settore», si legge nel report.
Quale forma giuridica. Se le Cer possono essere degli Ets, si potranno anche iscrivere al Runts (Registro unico nazionale del terzo settore). Si, ma sotto quale forma? Il report avanza una serie di ipotesi: «secondo uno studio di Euricse, è ragionevole ritenere che la forma più idonea per la costituzione di una Cer sia quella della società cooperativa». Anche l’associazione riconosciuta o non riconosciuta «sembrerebbe rappresentare una struttura idonea». Acquisire la qualifica di impresa sociale, invece, può essere «l’unica via percorribile se si intende strutturare una Cer in forma di società di capitali». Prendendo come riferimento i dieci casi studio alla base del report, sette di essi hanno indicato l’associazione riconosciuta o la cooperativa come forma giuridica più rispondente alle loro esigenze. Anche se la totalità di essi lamenta una mancanza di chiarezza normativa, che frena tutte le scelte.
I ritardi del legislatore. Tra le varie domande, agli intervistati è stato chiesto quale fossero gli ostacoli incontrati nel percorso di ideazione della Cer. Un coro unanime: «è interessante notare come il tema relativo all’incompletezza della normativa (mancanza dei decreti attuativi di cui al digs 8 novembre 2021, n. 199) rappresenti l’ostacolo principale per la strutturazione e la definizione di molti aspetti della Comunità energetica». Allo stesso tempo, si lamenta una difficoltà di comprensione della normativa, soprattutto per le realtà meno strutturate. Insomma, una mancanza della politica. Un elemento positivo, però, arriva dai sostegni economici; la quasi totalità degli intervistati ha ricevuto qualche forma di aiuto da parte di enti filantropici, enti del terzo setto-re, enti religiosi, enti pubblici e società profit.