[di Ilaria Ioannone Jessica Pettinacci e Gabriele Sepio pubblicato in NT de Il Sole 24 Ore di giovedì 30 maggio 2024]
Associazioni di promozione sociale (APS), si conferma anche per gli iscritti la decommercializzazione prevista per gli associati. Con la risposta ad interpello n. 115, pubblicata lo scorso 23 maggio, l’Agenzia delle entrate torna a fare il punto sui requisiti soggettivi per l’accesso al regime agevolato Ires di cui all’art. 148, comma 3 Tuir. Si tratta di una delle principali agevolazioni previste ai fini delle imposte dirette per gli enti associativi che consente di decommercializzare i corrispettivi specifici versati per le attività svolte, tra gli altri, dalle Aps in diretta attuazione degli scopi istituzionali da iscritti, associati o partecipanti. Con la specifica che rientrano nel beneficio anche i corrispettivi percepiti da altre associazioni che svolgono la medesima attività e che fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché rispettivi associati o partecipanti e tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali. Proprio sul punto interviene la recente richiesta di interpello di un ente appartenente ad una Aps nazionale che – dopo aver distinto nello statuto gli associati dagli iscritti– chiedeva conferma dell’applicazione anche a quest’ultimi del regime agevolato. Sul punto arriva la risposta favorevole dell’Agenzia. Gli iscritti, pur non beneficiando dei diritti di partecipazione e voto nelle assemblee, rientrano a pieno titolo nell’ambito soggettivo. Non si tratta infatti di soggetti terzi che versano il corrispettivo per l’attività resa ma sono, in ogni caso, legati all’Organizzazione nazionale di cui l’Aps fa parte mediante il versamento di una quota di iscrizione e il contestuale tesseramento alla Organizzazione nazionale medesima. È il caso, ad esempio, di coloro che nelle associazioni dilettantistiche svolgono attività sportiva pur non rivestendo la qualifica di soci o associati. In quest’ipotesi, come chiarito in più occasioni dall’Amministrazione finanziaria, l’accesso al beneficio fiscale scatta solo a condizione che i corrispettivi specifici derivino da soggetti inseriti del contesto organizzativo, a titolo di tesserati delle Reti sportive e Enti di Promozione Sportiva (circ. 18/E/2018). Si pone, dunque, l’esigenza di perimetrare a livello giuridico tutti i rapporti che assumono rilevanza in questo quadro e che possono godere della specifica ipotesi di decommercializzazione. Vale a dire sia quelli intercorrenti tra il soggetto che versa il corrispettivo e l’Aps che svolge l’attività, sia tra quest’ultima e le Organizzazioni Nazionali di cui fa parte. Un tema che presenta particolare interesse per le tante realtà del terzo settore che si qualificano come associazioni di secondo livello, in grado di aggregare altri enti. Un esempio può certamente essere quello delle Organizzazioni nazionali qualificate come Reti associative del Terzo settore. L’appartenenza di una Aps alla Rete è sancita, in alcune ipotesi, mediante l’ammissione come associato anche per il tramite delle proprie articolazioni territoriali e, in altre, tramite adesione diretta all’Organizzazione medesima senza assumere al contempo la qualifica di associato. In entrambi gli scenari – seguendo l’impostazione dell’Agenzia – trova applicazione il regime di decommercializzazione dei corrispettivi specifici o quote supplementari di cui all’art. 148, comma 3 Tuir. Con l’ulteriore indicazione che, a prescindere dal legame intercorrente tra l’Aps e la Rete/Organizzazione Nazionale, l’agevolazione scatta nella misura in cui il corrispettivo specifico provenga da un soggetto che sia, rispettivamente, socio o iscritto della prima e tesserato della seconda. Si tratta di chiarimenti che tengono già conto delle peculiarità del Terzo settore e che, a ben vedere, continueranno a trovare applicazione per le Aps anche una volta disapplicato il regime del Tuir. Vale a dire una volta intervenuta l’autorizzazione Ue sui regimi fiscali del Terzo settore. Ciò nel presupposto che per queste tipologie di enti sarà efficace, senza soluzione di continuità, la misura di cui all’art. 85, comma 1 del Codice del Terzo settore, che ha un tenore del tutto analogo a quello del Tuir.