Enti religiosi, norme concordatarie in soccorso

[di Daniele Gro e Gabriele Sepio, pubblicato in Norme & Tributi de «Il Sole 24 Ore» di mercoledì 19 marzo 2025]

Prende forma il decreto sul contenimento della spesa pubblica. Due i punti fondamentali: fissata la soglia che fa scattare i nuovi obblighi, dai quali restano esclusi gli enti del Terzo settore (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri e di martedì). Resta il nodo degli enti religiosi. Ci si riferisce alla bozza di Dpcm attuativo delle previsioni della legge di bilancio 2025, che estendono i vincoli di spesa, tipici della Pa, anche a società ed enti privati che ricevono contributi statali «di entità significativa» (articolo 1, comma 858, della legge 207/2024).

Il decreto fissa le soglie di rilevanza dei contributi connessi ai nuovi obblighi, consistenti, da un lato, nel limitare le spese per beni e servizi entro la media del precedente triennio e, dall’altro, nel far rendicontare all’organo di controllo (già nominato o da nominarsi a tal fine) l’impiego di tali risorse al ministero dell’Economia.

Due i criteri di riferimento: la natura del contributo ricevuto e il superamento di una soglia quantitativa. Sul primo punto, il testo esclude dal computo le somme destinate a una generalità di soggetti, quelle di matrice risarcitoria, indennitaria e «corrispettiva» (ad esempio derivanti da rapporti di fornitura di beni e servizi con la Pa), nonché i tax credit. Rilevano, invece, le erogazioni delle amministrazioni centrali dello Stato o delle società da queste controllate, destinati alla realizzazione di finalità e progetti di interesse pubblico. Escluse, quindi, anche le erogazioni disposte da Regioni ed enti locali, in linea il consolidato orientamento dell’Economia (circolare 9/2020). Sul piano quantitativo, gli obblighi scattano solo per gli enti e le società che ricevono sovvenzioni statali superiori a un milione annuo o che, comunque, coprono almeno il 50% delle proprie entrate con fondi statali. All’interno di questo quadro, la bozza di Dpcm esclude espressamente gli enti del Terzo settore, stabilendo l’irrilevanza dei contributi erogati agli Ets. Una esclusione funzionale ad evitare una duplicazione di controlli e adempimenti, tenuto conto del fatto che gli Ets sono già sottoposti a precisi obblighi di trasparenza gestionale, nonché all’attività di vigilanza del ministero del Lavoro.

Da chiarire, invece, la posizione delle Onlus, non espressamente menzionate dal Dpcm. Sul punto, considerato che la legge equipara tali realtà agli Ets nel periodo transitorio – ossia, fino all’abrogazione della relativa disciplina dal 1°gennaio 2026 – sembra plausibile ritenere che anche le Onlus siano escluse dai nuovi obblighi.

Diverso il discorso per gli enti religiosi, anch’essi non menzionati dalla bozza di decreto e che, pertanto, potrebbero vedersi costretti a nominare un organo di controllo e rispettare i nuovi limiti di spesa. In proposito, però, va evidenziato che le norme concordatarie stabiliscono la soggezione di tali realtà alla legislazione statale ma nel rispetto della loro specifica struttura e finalità. Un principio che ha già portato, in passato, a delimitare l’applicazione del Codice civile nei confronti degli enti ecclesiastici.

Per gli enti non profit diversi dagli Ets e che ricevono contributi oltre-soglia, invece, sembra certa l’applicazione di tali limiti, nonché l’attribuzione di nuove prerogative all’organo di controllo. Con l’ulteriore precisazione che, per le associazioni oggi prive di sindaci, il decreto potrebbe tradursi in un obbligo di nomina del tutto inedito.

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