Imprese sociali, qui sta la differenza

Durante la crisi 4mila nuove nate: assunzioni e bilanci positivi

Non solo cooperative come in passato: oggi siamo di fronte ad una nuova generazionedi imprese sociali che origina da fenomeni di spin-off di più solide cooperative sociali oppure dall’utilizzo delle opportunità previste dalla riforma: forme societarie ibride pubblico-privato o privato profit e non profit.
Sono più di 4.000 le “nuove” imprese sociali nate, o qualificatesi come tali, dopo l’entrata in vigore del Dlgs. 112/17 con il quale il legislatore – nel più ampio quadro della riforma del terzo settore – ha ridisegnato (si veda il contributo di Antonio Fici) il profilo giuridico, organizzativo e fiscale  di questa originale forma di impresa.

Ed è proprio alle “nuove” imprese sociali che è dedicato il Quaderno della Fondazione Terzjus “Le nuove imprese sociali. Tendenze dopo la riforma del terzo settore”, realizzato in collaborazione con Unioncamere e liberamente scaricabile dal sito www.terzjus.it

Due i dati che suscitano un’immediata attenzione: prima di tutto il numero delle imprese sociali iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese (e ora anche al RUNTS) dopo l’agosto 2017. In cinque anni, si sono registrate più di 4.000 imprese, con un tasso di incremento annuo pari al 3,9%, a fronte di una sostanziale stabilità verificatesi nello stesso periodo per la generalità delle imprese. Un tasso di fertilità che si mantiene positivo nonostante le crescenti difficoltà economiche; e, nonostante le norme fiscali di maggior favore  – deducibilità del 30% dell’investimento nel capitale sociale e azzeramento della tassazione sugli utili interamente reinvestiti – non siano ancora in vigore (v. il saggio di Gabriele Sepio) per l’incredibile ritardo del Governo italiano nell’avviare la procedura di notifica alla Commissione UE delle norme soggette ad autorizzazione comunitaria. Ma dai dati di Infocamere emerge altresì un altro elemento che conferma la positiva ricezione delle innovazioni introdotte nel 2017. Se lo stock delle imprese sociali fino al 2017 era costituito per il 97.4% da coop.sociali, ora, invece, le più di 4.000 nuove imprese presentano caratteristiche societarie differenti, in quanto circa il 25% sono società di capitali, di persone, associazioni o fondazioni. Siamo probabilmente di fronte ad una nuova generazione di imprese sociali che origina  da fenomeni di spin-off di più solide coop. sociali, oppure dall’utilizzo delle opportunità previste dalla riforma: forme societarie ibride pubblico-privato o privato profit e non profit. È il caso del Consorzio Girasole di Lecco che vede la presenza nel capitale dei Comuni del distretto di Lecco; o della società consortile Fratello Sole – Energie solidali, che ha come socio minoritario una multiutility di rilievo qual è Iren. Il potenziale di innovazione delle imprese sociali è ben messo in luce da Paolo Venturi e Flaviano Zandonai che delineano il ruolo che dette imprese possono svolgere nella complessa transizione eco-sociale. E non è un caso che il volume ospiti altresì il saggio di Gianluca Salvatori che si sofferma sul cambio di paradigma contenuto nel “Piano d’azione per l’economia sociale” varato dalla Conmmissione Ue nel dicembre ’21, per cui lo sviluppo è sostenibile se generato non solo dal mercato e dal profitto ma anche dalle dinamiche cooperative/collaborative orientate alla solidarietà. Infine, Sonia Carbone e Claudio Gagliardi, avvalendosi dei dati dell’Osservatorio Excelsior, ci mostrano  che queste imprese, pur rappresentando solo l’1% della totalità delle imprese industriali e di servizi, totalizzano il 4% degli occupati in questi due settori. Per di più, nel 2022 hanno avuto una maggior propensione alle assunzioni (82%) con un differenziale rispetto alle imprese “for profit” pari a 21 punti.

Questo agile Quaderno – curato da Luigi Bobba, Antonio Fici e Claudio Gagliardi -, con i contributi degli stessi curatori, di Sonia Carbone, Gabriele Sepio, Gianfranco Marocchi, Paolo Venturi, Flaviano Zandonai e Gianluca Salvatori e pubblicato da Editoriale Scientifica di Napoli, ci conferma – lo esplicita Gianfranco Marocchi – come il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale  rendono tali imprese più solide e resilienti rispetto a quelle orientate al profitto. In sintesi, una ricognizione di segnali, forse ancora deboli, ma che indicano chiaramente una traiettoria di futuro.

[pubblicato su «Buone Notizie», inserto del «Corriere della Sera» di martedì 31 gennaio 2023 pag. 15]

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