[Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore del 28 marzo 2023]
La delega fiscale materia Iva, con riferimento agli enti del Terzo settore e più in generale in relazione a tutti quegli enti non commerciali di tipo associativo, deve provvedere a razionalizzare e semplificare gli adempimenti relativi alle attività di interesse generale.
Gli ambiti sui quali i decreti delegati saranno chiamati a intervenire sono piuttosto ampi e si legano non solo al coordinamento della disciplina Iva con il quadro giuridico emergente dalla riforma del Terzo settore, ma anche alla necessità di disinnescare, con urgenza, alcune criticità destinate a coinvolgere dal 1° gennaio 2024 le realtà associative. Con il nuovo anno scatterà, infatti, il regime che trasformerà, ai fini Iva, da escluse a esenti alcune tra le più importanti entrate che interessano questo tipo di organizzazioni, come quelle derivanti da corrispettivi specifici e somministrazione di alimenti e bevande. Questa modifica avrà delle importanti conseguenze sia sul piano sostanziale che operativo mutando le regole di gestione contabile e fiscale di questi enti.
Più in dettaglio è chiaro, da una parte, che la volontà della delega è quella di razionalizzare le diverse ipotesi di esenzione oggi riferite alle Onlus e destinate a essere estese agli enti del Terzo settore non commerciali. Meno chiaro risulta il destino della riforma prevista dall’articolo 5, comma 15-quater del Dl 146/2021 in risposta alla procedura di infrazione sollevata già dal 2009 dalle autorità di Bruxelles e a cui il nostro Stato ha cercato sempre di resistere. Il legislatore nazionale, per adeguare l’ordinamento interno a quello unionale, ha provveduto a rivedere l’articolo 4, Dpr 633/72, espungendo dallo stesso quelle regole che sul piano soggettivo determinavano l’esclusione dal campo dell’applicazione dell’Iva per le attività svolte da alcuni operatori tassativamente elencati dalla disposizione stessa (quali associazioni politiche, sindacali e di categoria).
Queste previsioni sono state trasfuse all’articolo 10 con l’effetto di trasformare, alle medesime condizioni (o quasi), le operazioni da escluse a esenti. Inoltre, sempre nell’articolo 4 il legislatore ha provveduto ad ampliare le operazioni in ogni caso commerciali estendendole anche ad alcune attività svolte dai predetti soggetti.
Le modifiche (che non sembrano del tutto esaustive per rispondere all’infrazione di Bruxelles) hanno proprio sul piano degli adempimenti dei particolari effetti per gli enti associativi. Si pensi all’acquisizione di una partita Iva e alla relativa gestione degli oneri di certificazione e registrazione dei corrispettivi. Quindi la volontà espressa nella delega, anche se sicuramente condivisibile, implica un impegno di razionalizzazione e di semplificazione del sistema che tenga necessariamente conto (come indicato nella relazione di accompagnamento della delega stessa) degli effetti dell’infrazione unionale, provvedendo a rivedere anche le norme introdotte dalla riforma del 2021.
In questo scenario si potrebbe considerare l’opportunità di sospendere il termine di entrata in vigore della riforma giustificando a Bruxelles il nuovo stop con un processo di razionalizzazione più ampio non più procrastinabile.