Formarsi sul terzo settore: lo stato dell’arte dell’attuale offerta universitaria

Con l’abstract di Chiara Meoli, prosegue la pubblicazione settimanale delle sintesi dei capitoli del Terzjus Report 2024.

di C. Meoli, “Formarsi sul terzo settore: lo stato dell’arte dell’attuale offerta universitaria”, in A due passi dalla meta. Verso il completamento della riforma. Quarto rapporto sullo stato e le prospettive del diritto del terzo settore in Italia, Cap XII, pagg. 409-426, Editoriale Scientifica, Napoli 2025.

1. Perché formare competenze e professionalità del Terzo settore

È indubbio che la formazione sostanzia un elemento chiave per lo sviluppo organizzativo e il potenziamento delle competenze dei soggetti agenti oggi nel Terzo settore, non solo come requisito per poter materialmente operare, ma anche come strumento per arricchire le loro conoscenze e accrescere la sensibilità e la consapevolezza in relazione agli scopi e ai valori che l’ente in cui operano persegue.

L’eterogeneità delle realtà del Terzo settore e la capacità di ogni singolo ente di inglobare nella stessa realtà associativa soggetti con esperienze formative e professionali diverse permettono agli enti stessi di riconoscere e utilizzare patrimoni professionali differenti per ogni singolo contesto in cui operano: in questo senso, tanto le competenze individuali “in entrata”, legate al singolo specialista, quanto quelle “in uscita”, maturate nel percorso di crescita compiuto all’interno dell’ente, sostanziano un beneficio per gli enti e gli operatori del Terzo settore, vista soprattutto la crescente necessità di incrementare profili specializzati (dal fundraising alla fiscalità, dalla progettazione sociale alla comunicazione, dall’amministrazione all’analisi dei sistemi di governance)in modo da garantire – oltre lo sviluppo organizzativo e operativo dell’ente, la sostenibilità e l’efficacia delle iniziative intraprese – la sempre più corretta ed efficace lettura dei nuovi bisogni sociali e dei diritti negati, anche attraverso la promozione, l’attivazione e la capacitazione dei cittadini e di ogni forma di democrazia partecipata.

Da un lato, è indubbio che il mondo del Terzo settore – realtà in continuo movimento sia per spinte endogene, sia in ragione delle trasformazioni sociali della società contemporanea – ha oggi un bisogno reale di “reclutare” figure professionali diverse, capaci e formate: in questo la formazione, universitaria e post lauream, rappresenta unmomento, oltre che di acquisizione di nozioni, soprattutto di apprendimento di capacità specifiche e finalizzate.

Dall’altro, il Terzo settore può a sua volta diventare una fucina di conoscenze e di crescita personale, una valida occasione per acquisire competenze, accrescere relazioni e maturare esperienze. La sua realtà dinamica e variegata lo rende un contenitore generalista di esperienze e conoscenze declinate in chiave digitale, ambientale, culturale, turistico e sportiva, capace di offrire opportunità di crescita personale e professionale: al suo interno si muovono figure che, svolgendo professioni trasversali, sono sicuramente capaci di contribuire alla formazione e allo sviluppo di competenze specifiche per i giovani e al loro orientamento professionale e lavorativo.

Dunque, nell’ottica di un processo formativo “circolare”, il Terzo settore si alimenta delle competenze specifiche di giovani e di professionisti che chiama al proprio interno e sostanzia per gli stessi un bacino di capacità, relazioni, esperienze a cui attingere per accrescere e maturare il proprio know how, nell’ottica di un processo formativo personale e competenziale progressivo e continuo. 

È anche per questo che da diversi anni il Terzo settore guarda al mondo dell’istruzione universitaria per formare adeguatamente l’universo professionale, che lo caratterizza, soprattutto a fronte della crescente attivazione di corsi di laurea e post laureamrivolti all’approfondimento di tematiche specifiche e alla formazione delle professionalità, variegate e specializzate, che compongono il mondo del Terzo settore. 

E parimenti il mondo universitario guarda oggi al crescente Terzo settore quale attore strategico e determinante in una società tanto complessa e articolata quale è quella contemporanea, oltre che come possibile e utile sbocco professionale per lo studente moderno.

L’obiettivo a cui mira il contributo è quindi quello di offrire, in una prima parte di natura descrittiva, una panoramica generale dell’offerta formativa universitaria attualmente attivata negli Atenei nazionali e poi, in una seconda parte di carattere valutativo,di restituire alcune considerazioni d’insieme della stessa offerta che non sembra ancora presentare una chiara e omogenea strutturazione, variando da Regione a Regione e a seconda del genere di professionalità che viene formata.

2. Una visione d’insieme

Da una mappatura complessiva è possibile formulare alcune considerazioni generali.

Emergono sicuramente segnali positivi anzitutto per quanto concerne l’evoluzione dei processi formativi accademici per il Terzo settore, nel senso di una formazione universitaria che appare sempre più pervasiva e diffusa all’interno degli Atenei italiani. 

(Più concentrati) Al Nord e (meno) al Sud i corsi attivati mirano a formare – sul piano teorico, culturale e pratico-operativo – conoscenze e competenze di carattere tanto giuridico, quanto economico, oltre che sociologico e comunicativo.

A questo proposito, emerge una netta e chiara prevalenza, a livello nazionale, di offerte formative a carattere sostanzialmente giuridico: gran parte dei corsi di laurea (triennali e magistrali) citati sono infatti attivati per formare i “giuristi del Terzo settore” attraverso percorsi formativi volti a fornire una preparazione completa e articolata negli insegnamenti giuridici. Dal corso di laurea magistrale in “Scienze giuridiche dell’innovazione” a Brescia, a quello in “Servizi giuridici per imprese, amministrazioni, no profit” a Verona, da quello denominato “Governance dell’emergenza” attivato sempre a Verona a quello in “Scienze del servizio sociale e del non profit” alla LUMSA a Roma o a quello in “Servizi giuridici per Lavoro, Pubblica Amministrazione, Sport e Terzo settore” a Cassino, solo per citarne alcuni: tutti corsi di laurea indirizzati a consentire l’acquisizione di competenze in ambito specificamente giuridico (anche attraverso l’attivazione, al proprio interno, di specifici insegnamenti rivolti all’approfondimento del contesto giuridico europeo e internazionale), pur mantenendo un costante riferimento anche alle discipline economiche applicate e all’insegnamento talvolta della psicologia, talaltra della comunicazione, tutte necessarie per sviluppare capacità relazionale e attenzione all’inclusione.

A tale prevalenza di indirizzo di studio può aver influito l’approvazione del Codice del Terzo Settore intervenuta nel 2017, che unificando in un unico corpus la normativa relativa al Terzo settore, e quindi includendo e ordinando tante realtà in una nuova forma giuridica quale è l’“ente del Terzo settore”, ha sicuramente rafforzato il ruolo di tali organizzazioni nella società, incidendo nell’organizzazione della loro attività, aumentando la trasparenza e anche promuovendo la partecipazione attiva dei cittadini. Tutti profili che evidentemente esigono oggi, tanto all’operatore del settore quanto all’interprete tout court della riforma, la conoscenza di istituti, nozioni e prassi giuridiche a tutto tondo. E conseguentemente determinano l’attivazione di percorsi di studi rivolti soprattutto alla formazione teorica e pratica sugli istituti, sulle prassi e sulle normative recentemente “riformati”.

A livello geografico, la prevalenza nell’attivazione di corsi di laurea a carattere strettamente giuridico si attesta soprattutto nelle Regioni del Centro Italia: da Firenze a Teramo, da Roma a Cassino sono previsti per l’a.a. 2024/2025 corsi di laurea triennale e magistrale che in alcuni casi risultano attivati più di recente rispetto ad altri avviati già da qualche anno. Corsi di laurea rivolti specificamente alla formazione giuridica del Terzo settore sono attivati anche in alcuni Atenei delle Regioni settentrionali (come a Padova, a Verona e a Brescia), mentre non ne risultano ancora avviati in quelle meridionali.

Ancora, riguardo i corsi di laurea rivolti alla formazione di competenze e professionalità del Terzo settore, la formazione giuridica, seppur prevalente, non risulta però totalizzante nel panorama delle offerte didattiche degli Atenei italiani: si registrano infatti anche corsi di laurea a carattere spiccatamente sociologico (soprattutto al Nord e al Sud, nessuno al Centro), oltre che economico e manageriale (in Lombardia e in Emilia Romagna).

Guardando, poi, alla mappatura dei corsi di insegnamento, emerge come detti corsi – fruibili, peraltro, anche come corsi singoli – risultino attivati, non soltanto nell’ambito dei corsi di laurea sopra menzionati dedicati eminentemente allo studio del Terzo settore, ma anche in corsi di laurea (triennali e magistrali) rivolti alla conoscenza di discipline più generali e non immediatamente connesse al mondo del non profit. Il riferimento è, a titolo esemplificativo, al corso di insegnamento “Politica sociale, governance e Terzo settore” presente nel corso di laurea magistrale in “Scienze del governo” a Torino o al corso di insegnamento “Welfare e Terzo settore” nel corso di laurea magistrale “Comunicazione giornalistica, pubblica e d’impresa” a Bologna o, ancora, al corso “Modelli gestionali nelle organizzazioni no profit” all’interno del corso di laurea in “Scienze motorie, preventive e adattate” a Verona. Ciò a dimostrazione di quanto il Terzo settore sostanzi oggi una fucina importante di conoscenze, di soggetti e di esperienze, tanto variegata e poliedrica da pervadere diversi settori scientifici disciplinari e concorrere con essi alla più completa formazione (non solo teorica, ma anche pratica) dei giovani di oggi. 

Al pari dei corsi di laurea, anche riguardo i corsi di insegnamento la percentuale di quelli a carattere giuridico (ma anche economico) risulta più elevata rispetto a quella riferibile ai corsi di natura più specificamente sociologica: tutti i corsi sono comunque attivati in misura pressoché omogenea negli Atenei in considerazione, tanto al Nord, quanto al Centro e al Sud Italia. 

Diverso invece il discorso per la formazione post lauream ovvero per l’attivazione di Master, corsi di perfezionamento o di alta formazione che in numero certamente non esiguo sono attualmente avviati. 

A questo riguardo, si registra un’ampia offerta formativa a carattere prevalentemente economico e manageriale, soprattutto nel Nord Italia: il Master “Gestione delle imprese sociali (GIS)” a Trento, l’Executive Master “Innovazione sociale e tecnologica per la cooperazione e il terzo settore” al Politecnico di Torino, il Master “Economia Management e Innovazione sociale” a Roma Tor Vergata e il Corso di perfezionamento “Terzo settore, imprese e sostenibilità” alla LUISS, il Master sopra citato organizzato a Venezia e i percorsi di formazione proposti dall’Università Bocconi di Milano ne sono soltanto alcuni esempi. Ma non mancano neanche al Sud: pensiamo al Master I livello “Management delle Imprese Sociali, del Welfare e della Previdenza Sociale”, al Master I livello “Management dei Sistemi Regionali di Welfare e dell’Innovazione dei Servizi Sociali e Sanitari” e al Corso di alta formazione “Fundraising e Progettazione Sociale” tutti attivati presso la LUM.

Seguono le offerte formative post lauream strutturate su profili maggiormente giuridici: dalla Toscana (ad esempio, con i corsi di Alta formazione della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa) all’Emilia Romagna (con il Master e il corso di alta formazione organizzati a Bologna). Seguono le offerte formative a carattere più sociologico, a Roma a Bologna e a Catanzaro.

Tale ultimo dato restituisce sicuramente l’evidenza per cui gli Atenei del nostro Paese indirizzano la formazione post lauream (quindi l’offerta formativa di Master e corsi di specializzazione) a un approfondimento delle conoscenze teoriche e pratiche sui temi legati soprattutto al management, all’innovazione sociale, all’imprenditoria sociale e allo sviluppo locale e solidale. La ratio è verosimilmente quella di formare esperti nella gestione delle organizzazioni non profit, delle imprese sociali e delle imprese che sviluppano e promuovono progetti ed iniziative dedicate al settore non profit.

Più in generale, risulta palese come l’offerta formativa universitaria – seppur prevalente in taluni settori scientifici e in alcuni territori del Paese – miri comunque a fornire un bagaglio teorico e operativo specialistico e funzionale alla creazione di competenze trasversali per tutti gli operatori del settore, sia per quelli che già ci sono che per chi vuole entrare. 

È indubbio che il “mondo” del Terzo settore vive una progressiva e continua evoluzione. Da qui la necessità di promuoverne la conoscenza più vasta e completa delle sue componenti, delle sue dinamiche, delle sue potenzialità. In questo – si è detto – la formazione universitaria assume sicuramente un ruolo determinante, non soltanto per “formare” lo specialista chi si avvicina per la prima volta al Terzo settore ma anche, e soprattutto, per arricchire di conoscenze chi lo vive, da operatore o fruitore, a cui sono richiesti una informazione e un aggiornamento costante.

Sebbene le organizzazioni presentino ancora una distribuzione territoriale piuttosto concentrata al Nord, meno al Centro e poco al Sud parimenti a come peraltro risulta attivata l’offerta formativa universitaria sopra riportata, l’auspicio è che il rafforzamento e il radicamento del Terzo settore nel tessuto politico, economico e sociale del Paese passi attraverso una più variegata strutturazione, definizione e qualificazione di percorsi formativi universitari in tutto il Paese, così riuscendo a interpretare al meglio le sfide e i nuovi bisogni della società civile tutta e incidere davvero sulla realtà quotidiana della collettività.

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