La sentenza n. 368 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, resa dalla prima Sezione in data 24 marzo 2023, permette di formulare alcune considerazioni sull’interpretazione dell’art. 23 del codice del Terzo settore, rubricato “Procedura di ammissione e carattere aperto delle associazioni” (in dottrina, Dabormida, “Porta aperta” e status di socio negli enti del Terzo settore, in https://terzjus.it/articoli/note-e-commenti/porta-aperta-e-status-di-socio-negli-enti-del-terzo-settore/; Tamponi, La governance degli enti del Terzo settore dopo la riforma: i soci e l’assemblea, in Luiss Law Review, 2021, 88 ss.; Riccardelli, L’adesione agli enti del terzo settore e il c.d. “principio della porta aperta”, in Riv. not., 2022, I, 893 ss.; Montani, Associazioni e fondazioni del Terzo settore: le regole di governance, in Jus On Line, 2022, 132 ss.)
I giudici hanno risolto una controversia avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento con cui la Regione Veneto negava l’iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore – il cui funzionamento è disciplinato dagli art. 45-54 del codice del Terzo settore e dal d.m. 15 settembre 2020, n. 106 – all’Associazione Global Campus of Human Rights (“centro interuniversitario globale attivo nel campo dell’istruzione postuniversitaria sui diritti umani e la democrazia”, come può leggersi dall’art. 1 dello Statuto).
Di conseguenza, veniva respinta l’istanza presentata tramite il notaio incaricato per insussistenza delle condizioni fissate dall’art. 22 del codice del Terzo settore.
Secondo l’Ufficio regionale competente:
- l’associazione non possedeva il carattere aperto proprio degli enti del Terzo settore, risultando legittimati ad accedere all’associazione solamente Università ed istituti di istruzione superiore;
- si registrava un contrasto con l’art. 4, comma 2, del codice del Terzo settore, ove è previsto che non siano enti del Terzo settore le amministrazioni pubbliche (ex art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001), nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o comunque controllati dalle predette amministrazioni. L’associazione, registrando la presenza di Università ed istituti di istruzione superiore, sarebbe, invero, risultata soggetta al controllo da parte di tali enti, venendo così vanificato il divieto di cui all’art. 4, comma 2, del codice del Terzo settore.
Secondo la prospettazione dell’associazione ricorrente:
- il necessitato carattere aperto dell’associazione non veniva vulnerato dalla previsione statutaria di specifici requisiti di ammissione. Questi, oltre a non apparire discriminatori e incoerenti con le finalità riconducibili agli enti del Terzo settore, permettevano una limitazione delle adesioni funzionale alla preservazione della natura del sodalizio;
- le Università e gli istituti di istruzione superiore aderenti risultavano essere, nella maggior parte dei casi, di provenienza estera. Non trovava, quindi, applicazione l’art. 4, comma 2, del codice del Terzo settore.
Appare utile riportare l’attuale art. 3 dello statuto associativo dedicato ai soci:
“1. Sono soci del Global Campus le Università e le altre Istituzioni di Istruzione Superiore che accedono al presente Statuto e sono ammesse dall’Assemblea. 2. Vi sono due categorie di soci del Global Campus: a. Le Università che rappresentano i sette Programmi di Master Regionali: Università coordinatrici elencate nell’articolo 2(1) e Università elette dagli organi amministrativi dell’E.MA per rappresentare l’E.MA. b. Altre Università e istituzioni di istruzione superiore. 3. Le Università partecipanti a uno qualsiasi dei sette Programmi di Master Regionali del Global Campus hanno il diritto di diventare soci del Global Campus, accedendo al presente Statuto. 4. L’Assemblea del Global Campus può ammettere quali soci aggiuntivi Università o altre Istituzioni di Istruzione Superiore che intendano collaborare al perseguimento delle finalità del Global Campus, a condizione che accettino le disposizioni del presente Statuto. 5. Le Università o le altre Istituzioni di Istruzione Superiore che intendono aderire al Global Campus devono rivolgere espressa richiesta al Consiglio del Global Campus (in seguito denominato il “Consiglio”), recante la dichiarazione di condividere le finalità che il Global Campus si propone e l’impegno ad approvarne ed osservarne Statuto e regolamenti. È richiesta una lettera di sostegno da parte di almeno un socio del Global Campus per accedere al Global Campus. L’Assemblea, su proposta del Consiglio, delibera sulle richieste di ammissione nella prima riunione utile”.
I giudici, esaminato lo statuto dell’associazione, hanno rilevato che “l’individuazione di specifici requisiti di ammissione non può essere ritenuta manifestamente irragionevole nel caso esaminato, in considerazione della connotazione altamente settoriale nonché dell’altissimo livello delle attività scientifiche e formative organizzate dall’Associazione”. Secondo l’interpretazione offerta dal Collegio giudicante, non si ravvisano gli estremi della violazione dell’art. 23 del codice del Terzo settore da parte dello statuto associativo. Il carattere aperto delle associazioni del Terzo settore, proseguono i giudici amministrativi, va inteso alla stregua di attitudine “di tali enti di accogliere nuovi membri, senza restrizioni o limiti ideologici, politici, religiosi o di qualsiasi altra natura, ossia senza alcuna discriminazione che ne comprometta la struttura democratica e partecipativa”. Ciò, come correttamente rilevato, impedisce interpretazioni e prassi distorsive che certifichino un indiscriminato e aprioristico diritto ad accedere alla compagine associativa. Le restrizioni concernenti le modalità di adesione “sono sostanzialmente dirette ad assicurare la partecipazione di soggetti accumunati dall’essere tutti portatori di interessi omogenei con quelli perseguiti dell’Associazione; in quanto tali, esse non precludono a qualsiasi università o istituto di istruzione superiore nazionale e ancor più estero (interessato alla formazione e allo studio in materia di diritti umani) di fare proprio il patrimonio valoriale condiviso all’interno della stessa Associazione e poterne quindi divenire parte”.
Accogliendo il ricorso, viene statuito che “la disciplina dei requisiti di accesso non assume alcuna evidente valenza discriminatoria, essendo piuttosto orientata a garantire in termini del tutto ragionevoli la comunione e la conservazione tra gli associati degli alti scopi assegnati all’Ente, così da assicurare che le nuove adesioni si pongano in armonia con essi e favoriscano, piuttosto che compromettere, lo sviluppo delle attività di ricerca e formazione”.
Quanto all’ulteriore motivo di ricorso, attinente all’asserito controllo esercitato dalle pubbliche amministrazioni sull’associazione, i giudici hanno sconfessato la tesi della Regione Veneto, ponendo in risalto la evidente posizione di minoranza delle Università italiane associate (pari a n. 3) rispetto alle istituzioni straniere associate (pari a n. 71): secondo i giudici “la ricorrente non risulta sottoposta (né in via di fatto né per previsione statutaria) ad un potere pubblicistico di direzione, coordinamento e controllo esercitato dai soci fondatori (e, in particolare, dai tre atenei pubblici italiani), ovvero dagli ulteriori soggetti ammessi a partecipare alla vita associativa dell’ente in un momento successivo alla sua costituzione (università e le altre istituzioni di istruzione superiore), con la conseguenza che non si realizza la fattispecie preclusiva indicata dall’art. 4, comma 2, del Codice del Terzo settore, richiamata dalla Regione a fondamento del diniego di iscrizione nel RUNTS”.
In conclusione, va considerato come tutte le associazioni enti del Terzo settore (ETS) debbano uniformarsi alle regole riguardanti la procedura di ammissione e il carattere aperto previste dall’art. 23 del codice del Terzo settore, ove sono delineati i soggetti competenti a pronunciarsi sull’ingresso di nuovi associati e ove risultano chiarite tempistiche e modalità procedimentali. L’art. 21, comma 1, del codice del Terzo settore affida all’atto costitutivo l’indicazione dei requisiti per l’ammissione di nuovi associati e la relativa procedura, «secondo criteri non discriminatori, coerenti con le finalità perseguite e l’attività di interesse generale svolta» (così evocando quanto previsto dall’art. 2527, comma 1, c.c. in materia di società cooperative).
Si è dinanzi al riconoscimento – non nuovo: basti pensare a quanto disposto dall’art. 16, comma 1, c.c. in materia di condizioni di ammissione degli associati, al richiamato art. 2527, comma 1, c.c., e all’art. 2603, comma 2, n. 5, c.c. in tema di ammissione dei nuovi consorziati – di un essentiale negotii che evoca il principio della “porta aperta” e, al contempo, non elide l’esigenza di una cauta conformazione della base associativa così da evitare uno snaturamento dell’ente e un contestuale decremento di efficienza. Da ultimo, sulla piena libertà di ogni associazione, confortata a livello costituzionale e sovranazionale (ai sensi dell’art. 18 Cost. e dell’art. 11 CEDU), di “esprimere la propria linea d’azione nel campo di riferimento” e quindi di “non ammettere […] associati per idee o comportamenti ritenuti incompatibili con la missione e l’azione dell’associazione”, v. Trib. Napoli, Sez. VII, 16 febbraio 2023, in https://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/28754.pdf.
La precisazione dei criteri di entrata rimane atto di autonomia privata, pur in presenza di puntuali limiti: pertanto, non si configura alcun diritto all’ammissione, né tantomeno si determina un interesse legittimo, in capo ai soggetti interessati a far parte della compagine associativa, poiché residua un apposito potere decisorio affidato all’organo deputato alla selezione delle componenti assembleari. Pertanto, potrebbero stridere con il dato normativo le clausole che: i) rimettano al mero arbitrio dell’organo competente la decisione sull’ammissione; ii) precludano ogni probabile innesto nella compagine associativa; iii) garantiscano una ammissibilità indistinta (con riferimento all’ammissione all’interno delle APS, v. la Nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 6 febbraio 2019, n. 1309 e, in dottrina, Tuccari, Note ministeriali e notazioni critiche sulla disciplina ‘democratica’ delle associazioni del Terzo settore, in Archivio giuridico online, 2022, 189 ss.)
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attraverso la recente Nota direttoriale, 6 aprile 2023, n. 4581, ha precisato come “i canoni di non discriminazione, coerenza tra le attività statutarie e le finalità perseguite, da un lato e i requisiti di ammissione dei soci dall’altro, nonché la loro ragionevolezza, […] devono costituire la chiave di lettura della conformità delle disposizioni statutarie al quadro normativo contenuto nel Codice”. Merita apprezzamento la Nota direttoriale nella parte in cui tutela l’autonomia privata collettiva, nella sua dimensione statutaria, da arbitrarie ingerenze eventualmente ascrivibili al controllo dell’Ufficio competente del RUNTS: secondo il Ministero, “l’attività istruttoria […] non può generare apprezzamenti di natura discrezionale da parte dell’ufficio del RUNTS, dovendosi piuttosto essa mantenere entro i precisi binari dell’oggettivo accertamento della sussistenza, nello statuto dell’ente, delle condizioni di conformità alle norme imperative del Codice stesso”.
La protezione dell’identità associativa e il concreto rafforzamento della capacità dell’ente nel perseguire le finalità statutarie, come si legge nella sentenza in rassegna, invita a una ragionevole ed equilibrata modulazione dei criteri di ammissione: al contempo, ciò non merita di essere inteso come sdoganamento di un diritto corporativo. D’altronde, l’ingresso di ulteriori associati, in conformità al procedimento endo-associativo previsto, non pregiudica la posizione del socio, né determinerebbe un trattamento deteriore in termini di vantaggi derivanti dallo status già acquisito (così, Trib. Roma, Sez. feriale promiscua, in data 1° agosto 2022). Si potrebbe allora procedere mediante una interpretazione tipologica dell’art. 23 del codice del Terzo settore che consenta una efficace valorizzazione del piano degli interessi connessi alla singola associazione e che prevenga l’affermazione di applicazioni radicate sull’egualitarismo e sull’indiscriminato riconoscimento di una posizione giuridica pretensiva nell’accedere all’interno del contesto associativo già esistente.