Il nuovo paradigma
[di Ilaria Ioannone, pubblicato su «Il Sole 24 Ore» di Venerdì 11 Aprile 2025, pag. 38]
A Milano presentato il Quaderno Terzjus che delinea il percorso
L’amministrazione condivisa, a otto anni dall’introduzione dell’articolo 55 del Codice del Terzo settore, resta uno dei processi più promettenti del rapporto tra pubblica amministrazione e Terzo settore. Ma restano molte difficoltà. Se la sentenza 131/2020 della Corte costituzionale ne ha confermato la piena legittimità, il quadro applicativo appare ancora incerto, segnato da prassi disomogenee e un cambiamento culturale che fatica ad affermarsi. La sfida che si profila è duplice: da un lato costruire un’amministrazione capace di agire insieme ai soggetti civici e non al loro posto, dall’altro dotarsi di strumenti, competenze e approcci coerenti con questa visione. È quanto emerge dall’ultimo Quaderno della Fondazione Terzjus che è stato presentato mercoledì scorso all’università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano. Il volume è frutto di una ricerca coordinata da Barbara Boschetti, ordinario di diritto amministrativo presso l’università Cattolica. Si compone di cinque parti su prospettive e competenze dell’amministrazione condivisa, modelli e soluzioni, percorsi e processi, regole. Completa il quadro una bussola-sintesi con presupposti, caratteristiche e riflessi dell’amministrazione condivisa. Nel corso del convegno chiuso dal presidente di Terzjus, Luigi Bobba il confronto si è concentrato sul nuovo paradigma dell’amministrazione condivisa: si passa da una Pa solista a una Pa “orchestratrice”, che non abdica alla propria funzione pubblica, ma la esercita attraverso forme di cooperazione strutturata. In questo scenario, co-progettazione e co-programmazione diventano dispositivi non solo normativi, ma di governance: strumenti per produrre politiche pubbliche più aderenti ai bisogni, più inclusive e spesso anche più efficaci. Non si tratta semplicemente di sostituire gare d’appalto con bandi di coprogettazione, ma di attivare processi capaci di generare valore condiviso. L’amministrazione condivisa si spiega nel Quaderno non è un atto, è un processo: inizia ben prima della procedura formale e prosegue ben oltre la stipula dell’accordo. Richiede relazioni di fiducia, tempo, ascolto, capacità di co-costruzione e di gestione condivisa del rischio. Tutto questo ha implicazioni profonde per l’organizzazione delle amministrazioni pubbliche: la logica collaborativa impone un superamento dei silos, una revisione dei profili professionali, l’introduzione di competenze trasversali (facilitazione, mediazione, valutazione di impatto), e soprattutto un attento lavoro sulla cultura interna. In alcune esperienze già avviate – come nel caso dei percorsi di facilitazione digitale promossi dal dipartimento per la Trasformazione digitale – emerge il potenziale trasformativo dell’approccio collaborativo: non solo nella costruzione di interventi più vicini ai bisogni delle comunità, ma anche nella capacità di riattivare risorse e protagonismi locali. In controluce, si intravede un possibile nuovo modello di amministrazione, coerente con la sussidiarietà orizzontale e capace di affrontare le sfide complesse – dalla povertà educativa alla transizione ecologica – che attraversano le nostre comunità. Un modello che non si fonda sulla competizione tra soggetti, ma sulla collaborazione e sulla corresponsabilità. Serve però una spinta politica e amministrativa chiara, accompagnata da regolamenti, linee guida, strumenti operativi e occasioni di apprendimento reciproco.