Enti non commerciali ed IVA. Con la scadenza fissata al 31 dicembre 2023 per il varo delle nuove regole gli enti associativi dovranno iniziare a valutare con attenzione il possibile impatto sull’operatività. Le novità riguarderanno la portata applicativa degli artt. 4 e 10 del DPR 633/1972 (Decreto IVA). Dal 1° gennaio 2024, saranno esenti (e non più escluse) le operazioni effettuate da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, a fronte di corrispettivi specifici o di contributi supplementari nei confronti di soci, associati o partecipanti. Con la modifica in esame si riterrà integrato il presupposto applicativo del tributo in caso di somme aggiuntive versate dall’associato rispetto alla quota ordinaria. Una definizione ampia che finora aveva caratterizzato l’inquadramento fuori campo IVA di una tra le maggiori entrate delle realtà associative del Paese. Con la trasposizione del medesimo testo all’art. 10, tra le operazioni esenti, vi è la preoccupazione che si finisca con l’ampliare eccessivamente le entrate attratte in campo IVA. Le somme versate in favore di enti non commerciali da soci/ associati/partecipanti, infatti, non sono sempre connesse a una specifica operazione, né costituiscono necessariamente una controprestazione che il committente o cessionario, in forza del rapporto sinallagmatico, è obbligato ad adempiere. È il caso, soltanto per fare un esempio, degli enti che operano con schemi mutualistici, le cui prestazioni trovano la loro fonte esclusiva nel vincolo che lega i due soggetti. In quest’ottica potrebbe essere opportuno pensare ad una più stringente qualificazione del nuovo art. 10 al fine di evitare una eccessiva dilatazione delle operazioni attratte nel regime IVA anche in coerenza con i principi generali dell’imposta. Una conclusione che, peraltro, sembrerebbe in linea con le conclusioni della stessa Commissione UE nella procedura di infrazione n. 2008/2010, in cui viene ribadito che, ai fini della rilevanza IVA delle operazioni, occorre comunque verificare la sussistenza dei requisiti oggettivo e soggettivo. Per poter affermare la soggettività tributaria non è sufficiente la mera presenza di un corrispettivo versato quale mero compenso per l’appartenenza all’ente, bensì è necessaria una verifica sull’obiettiva economicità dell’attività esercitata (CGUE, c-288/2019). Ulteriore criticità da superare riguarda la portata applicativa dell’art. 10, comma 4, decreto IVA che subordina il regime di esenzione IVA alla condizione generale di non provocare distorsioni della concorrenza. Un principio che, tuttavia, si potrebbe meglio definire con riguardo alle ipotesi in cui un ente non commerciale si pone in concorrenza diretta sul mercato (CGUE, c-184/2014). Infine, resta aperta la questione legata all’esenzione per la somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti rese da parte di associazioni di promozione sociale che sembrerebbe scattare a prescindere dal versamento di un corrispettivo. Una formulazione che andrebbe precisata non solo con riferimento al termine “indigente” ma anche con riguardo alla presenza di un corrispettivo specifico.
[pubblicato su Il Sole 24 Ore del 16 febbraio 2023]