Contributo a fondo perduto esteso anche agli enti non profit dotati di partita Iva. A questa conclusione si giunge grazie alla relazione illustrativa al Dl rilancio che, all’articolo 25, individua come possibili beneficiari della misura finanziaria anche gli enti non commerciali (inclusi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi) in relazione all’attività commerciale da questi svolta. Gli enti non profit, dunque, si aggiungono ai soggetti richiamati espressamente nel testo della norma. Due le condizioni richieste dal decreto per accedere al contributo: compensi o ricavi 2019 non superiori a 5 milioni di euro, nonché riduzione del fatturato e dei corrispettivi di aprile 2020 di almeno due terzi rispetto ad aprile dell’anno precedente. Si tratta di criteri tarati sulle tipiche attività produttive delle Pmi ma che dovranno essere valutati attentamente anche dagli enti non profit limitatamente all’attività commerciale svolta.
Qualche indicazione utile in tal senso arriva dai chiarimenti recentemente forniti dall’agenzia delle Entrate con la circolare 9/E del 13 aprile, con riferimento alle ipotesi di sospensione dei versamenti (articolo 18 Dl 23/2020). In particolare, stando al documento di prassi, il calcolo del fatturato e dei corrispettivi dovrebbe essere effettuato prendendo a riferimento le operazioni eseguite nel mese di aprile, fatturate o certificate, che hanno partecipato alla liquidazione periodica del mese di aprile 2019 (rispetto ad aprile 2020). A queste dovrebbero sommarsi i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate in detti mesi non rilevanti ai fini Iva. Si tratta di indicazioni che potrebbero creare qualche difficoltà interpretativa per il mondo non profit, specie in relazione alle tipologie di entrate di natura corrispettiva da considerare ai fini della determinazione del contributo. Stando a quanto chiarito dall’amministrazione finanziaria, rientrerebbero tutti i corrispettivi a prescindere dal fatto che rientrino o meno nel campo di applicazione Iva. Si pensi, ad esempio, alle entrate derivanti da raccolte di fondi occasionali, a fronte della vendita di beni o servizi di modico valore o, per gli enti associativi, ai corrispettivi specifici versati dagli associati per lo svolgimento di attività istituzionali. L’estensione delle misure finanziarie destinate alle Pmi anche agli enti non profit è destinata a creare più di qualche problema interpretativo. Un esempio riguarda i criteri di accesso al fondo di garanzia previsto all’articolo 13 del Dl liquidità. Grazie a un emendamento approvato alla Camera, la misura, una volta convertito il decreto, dovrebbe essere estesa anche agli enti del Terzo settore, limitatamente, tuttavia, a quelli che svolgano un’attività “commerciale”, anche in via residuale. Questo escluderebbe tantissimi enti che sostengono le attività di interesse generale grazie a contributi ed erogazioni (di fonte pubblica e privata) in luogo dei corrispettivi. Sarebbe opportuno probabilmente introdurre norme ad hoc che tengano conto delle peculiarità delle entrate e delle attività degli enti non profit.
Articolo tratto da Le parole del non profit Il sole 24 ore del 2 giugno 2020.