Uno step certamente importante per arrivare ad una definitiva consacrazione del Terzo settore nel sistema italiano è legato alla approvazione da parte della Commissione europea delle misure fiscali soggette ad autorizzazione comunitaria. Il vaglio della UE diventa un obiettivo fondamentale che consentirà di dare il via libera a strumenti fiscali agevolati. Si pensi all’art. 18 del D.lgs. n. 112/2017 in materia di impresa sociale. Con l’autorizzazione europea, si potrà dare finalmente stabilità al sistema regolatorio degli enti che, proprio per la mancanza di coerenza con i principi comunitari in materia di aiuti di stato, si ritrovano oggi a dover fare i conti con modifiche normative frettolose e penalizzanti, nate per dare risposte alle procedure di infrazione avviate dalla Commissione UE, come quella in materia di Iva. L’adozione definitiva nel nostro ordinamento delle misure fiscali contenute nel Codice Ts consentirà di evitare effetti dirompenti anche sul settore delle Onlus che si preparano ad entrare nel Runts, scegliendo la sezione più adatta al proprio modello organizzativo.
Al di là di prese di posizione conservatrici e poco lungimiranti di alcuni, le Onlus (sono circa 22mila) sono destinate a trovare il proprio posto nel futuro sistema dell’economia sociale, passando da una categoria meramente fiscale a quella di Ente del Terzo settore. Il regime fiscale Onlus non è stata mai sottoposto al vaglio UE e da qualche tempo l’Europa chiede il superamento delle misure fiscali prive di coerenza di sistema; per cui, un intervento della Commissione sulle Onlus, come avvenuto per l’Iva, avrebbe un effetto devastante; effetto che la riforma ha voluto evitare a tutti i costi. Con l’entrata in vigore delle nuove misure fiscali, le Onlus potranno ricevere finalmente sponsorizzazioni e superare le rigidità legate all’impossibilità di svolgere attività commerciali, seppur entro determinati limiti, per finanziare le attività principali. La Riforma, pur mantenendo la centralità del sostegno dello svantaggio, amplia i confini di azione delle Onlus superando alcune logiche restrittive e ancorando finalmente la tutela del bisogno a tutte le attività di interesse generale. Peraltro, le Onlus che fanno attività imprenditoriale, potranno diventare imprese sociali e il deposito del bilancio in forma trasparente, le porrà finalmente al centro di un modello economico di Terzo settore. Per chi invece non persegue un utile economico, si aprono le porte delle sezioni filantropiche o della sezione residuale “altri enti del terzo settore”. Insomma gli enti non si distinguono in base ai benefici fiscali ma questi ultimi seguono il tipo di organizzazione scelta dall’ente.
Intanto, il cammino del Terzo settore guarda avanti verso lo sviluppo dell’economia sociale. Dalla presentazione del Terzjus Report 2022 – il secondo Rapporto sullo stato e l’evoluzione del diritto del Terzo settore di cui Buone Notizie si occupa in questo numero nelle pagine di inchiesta – emerge l’affermazione graduale del nuovo modello culturale disegnato dalla riforma che assegna non solo una centralità agli enti della sussidiarietà ma inquadra la nuova disciplina nazionale nel sistema europeo. Con l’avvio del Registro unico, per la prima volta viene assegnato un riconoscimento giuridico alla categoria Terzo settore finora priva di una unitaria qualifica e regolato da un sistema di norme frammentato. Questa mancanza di regolazione omogenea è stata superata con la codificazione prodotta dalla riforma (pensiamo al D.lgs. 117/17 o al D.lgs. 112/2017). Tuttavia, la presenza di una legislazione estemporanea, fatta spesso di vantaggi fiscali a pioggia privi di adeguato coordinamento con la norma interna ed europea, ha prodotto una serie di effetti penalizzanti che, grazie alla spinta culturale della riforma, si stanno gradualmente risolvendo come dimostra la novità di cui abbiamo parlato sopra.
Un esempio recente è possibile leggerlo nelle vicende che hanno visto il Terzo settore entrare progressivamente nel radar del legislatore impegnato nei decreti emergenziali. Un’affermazione, quella del Terzo settore, che tuttavia ancora si presenta piuttosto lenta ed incerta. Pensiamo al decreto “aiuti”, dove il Terzo settore compare solo nell’ultima versione del decreto “ter”, grazie ad un’intensa e determinata sollecitazione del non profit. Un segnale, questo, della necessità di affermare sempre di più il Terzo settore come modello culturale e superare i rigidi steccati di chi pensa che si debba guardare indietro e non avanti.
[articolo pubblicato su «Corriere buone notizie» del 4 ottobre a pag. 7]