Il terzo settore trova una nuova opportunità con l’avvio delle piattaforme di social lending.

Per gli enti del Terzo settore via libera alle raccolte fondi via web attraverso le nuove piattaforme di social lending introdotte con la riforma del terzo settore. Con le modifiche in sede di conversione del D.L. Semplificazioni è stato abrogato il comma 3 dell’art. 78 del Codice del Terzo settore, che nella sua formulazione originaria subordinava l’efficacia della misura all’emanazione di apposito provvedimento ministeriale (art. 66-bis, comma 10 Dl 77/2021, conv. nella L. 108/2021).
Una novità importante che consente finalmente rendere operativo questo strumento di finanziamento dedicato agli enti del terzo settore.
Si tratta, nel dettaglio, di una ulteriore modalità di reperimento di risorse a sostegno delle attività di interesse generale degli enti del Terzo settore (art. 78 Dlgs 117/2017 o “Cts”) attraverso piattaforme di social lending o peer to peer (P2P) lending.
 Si tratta di  piattaforme di crowdfunding caratterizzate dalla possibilità di raccogliere capitale via web con accesso a specifici vantaggi fiscali.
A livello soggettivo, il sistema previsto dal codice del terzo settore si basa su piattaforme online che favoriscono l’incontro tra piccoli investitori e enti del terzo settore e la cui gestione è riservata ad intermediari finanziari iscritti all’albo dell’art. 106 del Testo unico bancario (TUB) o istituti di pagamento (art. 114 TUB).
Sotto il profilo operativo, lo strumento del social lending viene riservato al finanziamento e sostegno delle attività di interesse generale indicate all’art. 5 del codice del terzo settore, perimetrando, dunque, il vincolo di destinazione dei fondi dal solo punto di vista oggettivo.
Potranno, quindi, rientrare nell’alveo dei beneficiari tutti gli enti iscritti nell’istituendo Registro unico del Terzo settore (Runts), a patto che i progetti finanziati siano destinati alla realizzazione delle attività istituzionali elencate dal CTS. In attesa dell’operatività del RUNTS, tuttavia, il regime del social lending troverà applicazione nei soli confronti di quegli enti che possono già qualificarsi come Ets, vale a dire Onlus, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale iscritte nei relativi registri di settore (art. 104, comma 1 Cts).
Dal punto di vista fiscale, il legislatore incentiva l’impiego di tale strumento, prevedendo in capo ai gestori dei portali l’applicazione, sui redditi di capitale corrisposti a persone fisiche, di una ritenuta a titolo d’imposta con aliquota agevolata al 12,5 %. Nella sostanza la remunerazione del capitale investito tramite la piattaforma online riprende il medesimo regime dei titoli di stato ex art. 31 dPR 601/73.
Si tratta, dunque, di una misura pronta al debutto, che assume una sua rilevanza specie in questo periodo emergenziale connotato da un profondo dilagare di raccolte fondi promosse su piattaforme online non sempre sostenute da adeguate garanzie di trasparenza.
Raccolte fondi e obblighi di trasparenza al primo posto nelle donazioni online. Le iniziative di fundraising, specie quelle via web, costituiscono ad oggi un fenomeno sempre più in crescita, spesso legato a fatti di cronaca o situazioni emergenziali
Nel preciso intento di evitare qualsivoglia rischio di “opacità” e garantire la massima trasparenza ai donatori, il Codice del terzo settore introduce puntuali indicazioni e obblighi informativi in capo agli enti che intendano svolgere attività di fundraising per reperire risorse da destinare alle proprie finalità istituzionali. Prova ne è l’art. 87, comma 6, in forza del quale gli Ets che effettuano raccolte pubbliche di fondi sono tenuti a redigere un rendiconto specifico che dia conto, in modo chiaro e trasparente, di tutte le voci in entrata e uscita per ciascuna attività di raccolta legata a manifestazioni, festività ricorrenze e campagne di sensibilizzazione.
Il legislatore prevede l’obbligo di deposito – entro il 30 giugno di ogni anno – dei rendiconti delle raccolte fondi presso l’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore, unitamente ai bilanci d’esercizio e sociale (art. 48, comma 3 CTS).
Ai fini della trasparenza l’ente che svolge attività di raccolta fondi può rendere pubblica – attraverso documentazione idonea – alcuni elementi che la contraddistinguono. Ad esempio, l’ETS potrà indicarne la durata e precisare i programmi e le attività di interesse generale ai quali saranno destinati i fondi ottenuti. Ma trasparenza significa anche accessibilità intesa come diritto dei donatori e dei beneficiari della donazione a ricevere o comunque ad accedere facilmente a complete ed esaurienti informazioni sull’iniziativa di raccolta fondi con particolare riferimento alla destinazione effettiva delle somme raccolte.  
Nel più ampio contesto della riforma del Terzo settore, grazie anche alle indicazioni recate dal DM 5 marzo 2020, le raccolte fondi saranno debitamente riportate anche nel bilancio d’esercizio con voci in entrata e in uscita distinte a seconda delle specifiche attività cui afferiscono.

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