[pubblicato in «ItaliaOggi» di giovedì 20 febbraio 2025, pag. 37]
DI MICHELE DAMIANI
Le Srl cominciano a farsi largo nel terzo settore. Quasi un’impresa sociale su cinque costituita dopo la riforma del 2016 ha assunto la forma della società di capitali, con netta prevalenza di quelle a responsabilità limitata. Guardando solo al 2023, il dato sale al 31,1%. Una percentuale destinata a crescere dopo l’arrivo del tanto agognato parere Ue sul regime fiscale previsto dalla riforma del terzo settore, che aprirà la strada a una serie di vantaggi e agevolazioni a favore delle imprese sociali.
Le imprese sociali. I numeri sono presi dal rapporto di Fondazione Terzjus, che dedica ampio spazio al segmento delle imprese sociali, ovvero l’unica forma giuridica che permette a una società di capitali di iscriversi al Runts, il Registro unico nazionale del terzo settore. Al 31 dicembre 2024 risultavano iscritte 22.825 imprese sociali, quindi il 17,5% del totale degli enti del Registro. Un dato in calo rispetto al 2023, quando erano 24.314 (il 21,4% del totale).
Secondo gli analisti, questo calo non dipende da una minore attrattività della categoria, «apparendo semmai il contrario», ma dal fatto che «tante cooperative sociali inattive da diversi anni sono state cancellate in massa dal Registro delle imprese».
La crescita delle Srl. Attualmente, la figura dell’impresa sociale è caratterizzata «da un maggiore pluralismo»; prima della riforma, infatti, il 97% delle imprese sociali era costituito da cooperative sociali e loro consorzi. Una percentuale che, al 31 dicembre 2023, risulta ancora sopra al 90%. Ma, come accennato, «1l 31,1% delle imprese sociali costituito dopo la riforma ha assunto una forma giuridica e organizzativa diversa da quella della cooperativa sociale, e più specificatamente il 18,3% la forma delle società di capitali e l’11,3% altre forme». Nel 2023, «delle 527 imprese sociali iscrittesi nell’apposita sezione del Registro delle imprese, “solo” il 52% erano cooperative sociali. Le società di capitali erano invece il 31,1%, mentre il 16.9% era costituito da associazioni, fondazioni, società di persone e cooperative». Per quanto riguarda le società di capitali, si tratta «prevalentemente di società a responsabilità limitata».
Un appeal destinato a crescere. Oggi, quindi, il numero di imprese sociali non cooperative che si iscrive annualmente al Registro «sta quasi per eguagliare quello delle cooperative sociali». Per arrivare al pareggio, o «addirittura al sorpasso», bisognerà «verosimilmente attendere il tassello ancora mancante, ovverosia, l’attivazione delle norme fiscali di cui all’art. 18, dlgs.112/2017».
Fondazione Terzjus fa riferimento al già citato parere Ue. Come raccontato a ItaliaOggi da Maria Teresa Bellucci, viceministro del lavoro con delega al terzo settore, i tempi sono ormai maturi: «abbiamo concluso l’interlocuzione con la Commissione competition dell’Ue, caratterizzata da un approfondito e positivo interesse da parte del consesso europeo per l’unicità e ampiezza del panorama degli enti impegnati nella solidarietà sociale in Italia. Possiamo confidare con una certa sicurezza di ricevere a breve un riscontro favorevole da parte della commissione», l’annuncio della viceministra.
Il parere, infine, peserà fortemente sul destino delle Onlus, che non potranno più mantenere la vecchia forma giuridica. Alcune di esse (circa 2 mila su 20 mila) hanno già operato la trasmigrazione al Runts, ma soltanto l’1,7% ha scelto la forma di impresa sociale. Anche qui, il nuovo regime fiscale potrebbe alzare di molto questa percentuale, accrescendo a sua volta la presenza di imprese sociali nel Registro.
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DI LUCIANO DE ANGELIS
L’autorizzazione europea al nuovo sistema fiscale renderà più appetibile la creazione e la gestione di una impresa sociale. È quanto deriva dall’art. 18, comma 9 del digs 112/2017 (Codice del terzo settore, Cts) che subordina l’operatività delle disposizioni dell’articolo in commento all’autorizzazione della Commissione europea.
Il nuovo sistema fiscale. Con l’autorizzazione europea, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 18, non concorreranno alla formazione del reddito imponibile delle imprese sociali:
- le somme accantonate a riserva destinate, ai sensi dell’art. 3, c. 1 e 2 del digs 112/2017, allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio;
- le imposte sui redditi riferibili alle variazioni fiscali effettuate ai sensi dell’art. 83 del
- Tuir, ove si generi un utile o un maggior utile da destinare ad incremento del patrimonio;
- le somme destinate al versamento del contributo per l’esercizio dell’attività ispettiva organizzata dal ministero del lavoro (art. 23 dm 29.3.2022).
Inoltre, il comma 4 dell’art. 18 (con disciplina mutuata dalle startup delle Pmi innovative) promuove gli investimenti nel capitale sociale di «nuove» società imprese sociali, consentendo la detrazione d’imposta (per le persone fisiche) o la deduzione dal reddito (per le società e gli enti giuridici) di un importo pari al 30% della somma investita (con limitazioni e vincoli al mantenimento della partecipazione).
I vantaggi giuridici. Come noto, le imprese sociali possono assumere la forma societaria (Snc, o Sas, Srl, Spa o cooperativa) oppure la forma di associazioni o fondazioni. Fra i vantaggi di queste ultime, in particolare, la piena applicabilità dell’art. 22 del digs 117/2017, che consente alle imprese sociali, quali Enti del terzo settore di acquisire, la personalità giuridica attraverso il sistema normativo. A riguardo sovviene il novellato art. 11, comma 3 del Cts che a seguito delle modifiche apportate dalla legge 104/2024 prevede ora che alle imprese sociali costituite in forma di associazione o fondazione, l’iscrizione all’apposita sezione del Registro delle imprese è efficace anche ai fini dell’acquisto della personalità giuridica ai sensi dell’art. 22 del Cts. Fra gli altri vantaggi dell’impresa sociale, costituita però in forma societaria, rientra poi la possibilità di riconoscere una parziale distribuzione degli utili allo scopo di favorire l’accesso al capitale. Alle imprese sociali società è infatti consentito di destinare una quota inferiore al 50% degli utili e degli avanzi di gestione annuali (dedotte le eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti) alla distribuzione dei dividendi ai soci sepppur nel limite dell’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di due punti e mezzo, rispetto al capitale effettivamente versato (art. 3, comma 3, lett. a) del digs 112/2017). Alle imprese sociali viene poi concesso di essere coinvolte in forme di amministrazione condivisa con la Pa (art. 55 del Cts), di beneficiare di titoli di solidarietà emessi ai sensi dell’art. 77 del Cts o di godere di prestiti tassati in modo agevolato secondo il cd Social lending (ritenuta a titolo di imposta agevolata al 12.5%, pari a quella prevista per le obbligazioni ed i titoli pubblici) con il regime di cui all’art. 78 del Cts.
Gli obblighi. In primo luogo, va ricordato che non possono acquisire lo status di impresa sociale le società di capitali unipersonali. E inoltre espressamente richiesto che la società eserciti in via stabile e principale una (o più) delle attività di interesse generale di cui all’art. 2 del digs 112/2017. L’attività deve essere svolta in via stabile e principale, mentre le attività diverse possono essere svolte solo in modo non prevalente (entro e non oltre il 30% del fatturato). In alternativa è considerata in ogni caso impresa sociale, indipendentemente dal suo oggetto, quella in cui sono impiegati, in misura non inferiore al 30% dei lavoratori totali, soggetti molto svantaggiati e persone svantaggiate o con disabilità. Da segnalare poi una serie di ulteriori incombenze per l’impresa sociale. La prima è che essa, qualsiasi sia la forma giuridica adottata, dovrà essere costituita per atto pubblico e statuto in linea con le previsioni del Cts e registrata presso una apposita sezione del Registro imprese (registrazione di natura costitutiva), valida anche ai fini della iscrizione al Runts (art. 11 del Cts). L’impresa sociale dovrà inoltre tenere il libro giornale ed il libro degli inventari, nonché redigere e depositare il bilancio e depositarlo presso il Registro imprese. Inoltre, d’obbligo risulta la redazione, il deposito e la pubblicazione nel proprio sito del bilancio sociale. Da ultimo, le imprese sociali (a prescindere dalla forma giuridica e dal livello dimensionale) devono nominare un organo di controllo, monocratico o nella forma di collegio sindacale. In caso di insolvenza. l’impresa soggiace alla procedura concorsuale della liquidazione coatta amministrativa.
Le scelte delle Onlus. Come noto, a seguito dell’autorizzazione europea le Onlus dovranno scegliere in quale sezione del Runts iscriversi. Gli enti che attualmente fondano il loro «core business» sull’esercizio di una attività economica a prestazioni corrispettive dovranno attentamente valutare se la strada dell’impresa sociale possa essere quella da perseguire. Ovviamente, oltre agli aspetti civilistici, dovranno valutarsi la convenienza fiscale sia a livello di imposizione diretta che Iva.