Il Decreto ministeriale n. 106/2020 sul RUNTS: analisi, questioni e prospettive (Parte Prima)

1. Introduzione: numerus omen est!

2. Il dies a quo, ovvero quando tutto avrà inizio …

3. … Ma non si è ancora verificata un’essenziale condicio sine qua non

4. L’architettura del RUNTS e degli uffici pubblici preposti alla sua gestione

5. Forme e modalità di accesso al RUNTS

5.1. Iscrizione per trasmigrazione di ODV e APS già iscritte nei “vecchi” registri

5.1.1. Criticità del procedimento di trasmigrazione e possibili soluzioni

5.2. Nuove iscrizioni su domanda

1. Introduzione: numerus omen est!

Reca un numero simbolico il recente e tanto atteso decreto ministeriale del 15 settembre 2020 sul funzionamento del RUNTS (pubblicato in Gazz. Uff., 21 ottobre 2020, n. 261). Era infatti “106” anche il numero della legge delega 6 giugno 2016 che ha dato originario impulso alla “grande” riforma del terzo settore. È ovviamente una circostanza del tutto casuale, ma in questo caso la sorte ci ha visto benissimo, considerata l’importanza del decreto che occuperà le nostre riflessioni nelle pagine che seguono. Anzi, in assenza di questo decreto ministeriale, l’impianto complessivo della riforma non avrebbe potuto attuarsi, le sue opportunità sarebbero rimaste solo potenziali, il terzo settore avrebbe visto tarpate le proprie ali. Ed è proprio questa la ragione per cui lo si è disperatamente invocato, criticandosi il negligente atteggiamento del Governo nel portare avanti l’attuazione della riforma1.

l perché è presto detto: senza questo decreto non vi potrebbe essere il RUNTS, e senza il RUNTS non potrebbero esservi enti del terzo settore (né sarebbero attivabili le misure di sostegno e promozione previste dal Codice in loro favore). L’art. 4, comma 1, d.lgs. 117/2017, recante il Codice (CTS), colloca infatti l’iscrizione al RUNTS tra i requisiti di qualificazione degli enti del terzo settore, sicché in assenza del RUNTS mancherebbe un elemento essenziale della nozione di ETS, ovvero l’ETS non potrebbe giuridicamente configurarsi. Il regime transitorio attualmente in vigore proseguirebbe. A ciò si aggiunga, inter alia, l’impossibilità di ricorrere in assenza del RUNTS alla (particolarmente favorevole, se confrontata con quella “ordinaria” di cui al d.P.R. 361/2000) procedura di cui all’art. 22 CTS per conseguire la personalità giuridica di diritto privato.

Come bene perciò riassume il decreto 106/2020, “L’iscrizione nel RUNTS ha effetto costitutivo relativamente all’acquisizione della qualifica di ente del Terzo settore e costituisce presupposto ai fini della fruizione dei benefici previsti dal Codice e dalle vigenti disposizioni in favore degli ETS. Nei casi previsti dall’art. 22, commi 1, 2 e 3 del Codice, l’iscrizione nel RUNTS ha altresì effetto costitutivo della personalità  giuridica” (art. 7, comma 1, d.m. 106/2020). L’esistenza del RUNTS è altresì foriera di benefici meno evidenti, ma non per questo meno importanti. Si pensi alla possibilità per un ETS di mutare, indenne e senza soluzione di continuità, veste giuridica del terzo settore, semplicemente modificando (statuto e) sezione del RUNTS nella quale si trova iscritto, e dunque di poter passare, ad esempio, da ODV ad APS o viceversa, oppure da impresa sociale ad APS o viceversa, senza dover offrire spiegazioni ad alcuna autorità (pur dovendone fare istanza al competente Ufficio del RUNTS, che valuta la presenza dei requisiti per l’iscrizione nella sezione d’arrivo richiesta) e senza dover temere ripercussioni patrimoniali o d’altra natura2. La “migrazione” (come la definisce l’art. 50 CTS e sulla sua scia il d.m. 106/2020 che specificamente se ne occupa all’art. 22) di un ente in un’altra sezione è inoltre un’alternativa che l’autorità vigilante, prima di disporne la cancellazione dal RUNTS, può proporre all’ETS che perda i requisiti per la permanenza nella sezione in cui si trova iscritto. Svolge dunque un’evidente funzione protettiva per gli enti del terzo settore.

Vi è poi l’effetto di opponibilità ai terzi che il RUNTS produce con riguardo agli atti che sono in esso depositati, disciplinato dall’art. 26 d.m. 106/2020 sulla base della previsione già contenuta nell’art. 52 CTS, secondo cui “gli atti per i quali è previsto l’obbligo di iscrizione, annotazione ovvero di deposito presso il Registro unico nazionale del Terzo settore sono opponibili ai terzi soltanto dopo la relativa pubblicazione nel Registro stesso, a meno che l’ente provi che i terzi ne erano a conoscenza” (comma 1), mentre “per le operazioni compiute entro il quindicesimo giorno dalla pubblicazione di cui al comma 1, gli atti non sono opponibili ai terzi che provino di essere stati nella impossibilità di averne conoscenza” (comma 2).

Il decreto 106/2020 ha un titolo lungo che è quello di “Definizione delle procedure di iscrizione degli enti, delle modalità di deposito degli atti, delle regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione del Registro unico nazionale del Terzo settore”. Parimenti lunga e complessa è la sua struttura, che si articola in titoli, capi e sezioni, come se fosse un codice o un testo unico legislativo. Raggruppa un totale di 40 articoli per (se abbiamo fatto bene i conti) 185 commi, cui seguono tre allegati tecnici (che in questa sede non ci interessano).

Questa articolata struttura è in un certo senso comprensibile. Ancorché normativa di carattere secondario, il decreto ministeriale si appresta infatti a divenire una fonte fondamentale del nuovo diritto del terzo settore, attraverso la quale quest’ultimo dovrà necessariamente essere interpretato ed applicato, e senza la quale gli enti del terzo settore, in particolar modo quelli di nuovo conio normativo (come gli enti filantropici) ed “atipici” (e perciò destinati alla sezione degli “altri enti del terzo settore”), non avrebbero mai potuto cominciare ad avvalersi delle opportunità della riforma.

Il decreto sembra altresì finalmente prospettare la fine del lungo e difficoltoso periodo transitorio che ha interessato organizzazioni di volontariato (ODV), associazioni di promozione sociale (APS) ed organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), e ha fatto spendere montagne di pagine ai commentatori della disciplina e prezioso tempo agli uffici ministeriali, ponendosi altresì come fattore di notevole ansia per gli enti del terzo settore e i loro dirigenti.

Allo stesso tempo, tuttavia, il decreto che ci apprestiamo a commentare rende ormai prossimo il momento delle decisioni, tanto per gli enti finora coinvolti nel periodo transitorio (ODV, APS e ONLUS), quanto per gli enti aspiranti a fare per la prima volta ingresso nel terzo settore. La deadline entro la quale decidere in merito a forme e modalità di accesso al nuovo terzo settore dunque si avvicina, anche se – come vedremo – per tutti gli enti c’è ancora tempo sufficiente per operare scelte consapevoli ed efficaci. Anzi, come spiegheremo, per una categoria di soggetti, cioè le attuali ONLUS, l’orizzonte temporale che precede la decisione definitiva (terzo settore sì o terzo settore no) è ancora parecchio lungo (e chissà se mai questo momento arriverà …).

2. Il dies a quo, ovvero quando tutto avrà inizio …

C’è un termine iniziale che funge da spartiacque tra il “prima” (i vecchi registri e la vecchia disciplina di settore) e il “dopo” (il nuovo registro e la nuova disciplina del terzo settore). Questo termine – noto come “termine di inizio di operatività del RUNTS” – è quello di cui all’art. 30, comma 1, d.m. 106/2020. Esso sarà stabilito dal Ministero del lavoro con decreto direttoriale e sarà reso noto mediante pubblicazione nel sito web del Ministero stesso e in Gazzetta Ufficiale. Non possiamo sapere adesso quale sarà questo termine, poiché esso sarà fissato “sulla base dello stadio di realizzazione del sistema telematico”. Tuttavia, tenendo conto di voci ricorrenti (anche di fonte ministeriale) che parrebbero collocarlo tra marzo ed aprile del prossimo anno, possiamo ipotizzare, anche ai fini di rendere la nostra analisi più chiara, che esso cada il 1° aprile 2021.

Perché questo termine è così importante?

Lo è perché:

a) a partire dal 1° aprile 2021 (o dalla diversa data che il Ministero fisserà) avrà inizio il procedimento di trasmigrazione di alcuni enti (ODV e APS) dai “vecchi” registri di settore in cui si trovano iscritti al “nuovo” RUNTS (art. 30, comma 1, d.m. 106/2020);

i) conseguentemente, a partire dal 1° aprile 2021 non sarà più possibile per gli enti a ciò interessati formulare istanza di iscrizione nei “vecchi” registri di ODV ed APS, nonché nell’anagrafe delle ONLUS;

ii) pertanto, l’istanza di iscrizione nei “vecchi” registri di ODV ed APS, nonché nell’anagrafe delle ONLUS, potrà continuare ad essere formulata dagli enti interessati, ma solo fino al 31 marzo 2021 (art. 38, commi 2 e 3, d.m. 106/2020)3;

iii) ovvero, gli uffici preposti alla tenuta dei “vecchi” registri non potranno rifiutare domande di iscrizione nei medesimi che siano formulate prima del 1° aprile, mentre dovranno rifiutare quelle pervenute dal 1° aprile in poi;

b) a partire dal 1° aprile 2021 (o dalla diversa data che il Ministero fisserà) potranno essere presentate le domande di iscrizione al RUNTS (art. 38, comma 1, d.m. 106/2020).

Tutto ruota, in buona sostanza, attorno a questo termine, perché prima di esso il RUNTS non sarà ancora operativo, permanendo quell’incerta fase transitoria che ha caratterizzato gli anni post riforma ed attualmente ancora contraddistingue i nostri giorni, e solo a partire da esso il RUNTS potrà accogliere le domande di iscrizione provenienti dagli enti del terzo settore. Del termine ex art. 30, comma 1, d.m. 106/2020 sentiremo pertanto spesso parlare (non solo nel prosieguo di questo scritto, ma più in generale nel dibattito pubblico che seguirà) da qui ai prossimi mesi.

3. … ma non si è ancora verificata un’essenziale condicio sine qua non

A dire il vero, c’è un altro termine di fondamentale importanza nell’impianto complessivo della nuova legislazione sul terzo settore, anzi, per certi versi, forse ancora più rilevante del termine ex art. 30, comma 1, d.m. 106/2020, affinché tutte le opportunità della riforma possano essere colte.

Stiamo parlando del periodo di imposta successivo a quello in cui sarà concessa dalla Commissione europea, su richiesta curata dal Ministero del lavoro, l’autorizzazione necessaria a rendere efficaci la maggior parte delle disposizioni di natura fiscale (e promozionale) contenute nel CTS. Com’è evidente, si tratta di un evento non solo futuro ma anche incerto, cioè di una vera e propria condizione sospensivadalla cui realizzazione dipende la tenuta dell’intero quadro legislativo prodotto dalla riforma del 2017, e che s’intreccia in vario modo col funzionamento del RUNTS4.

Perché è così?

Proviamo a spiegarlo nella maniera più chiara possibile:

  1. innanzitutto perché, fino a quando non vi sarà la suddetta autorizzazione, non saranno applicabili agli ETS gli articoli 77 (sui titoli di solidarietà), 79, comma 2-bis (in tema di determinazione della non-commercialità degli ETS), 80 (regime forfetario degli ETS non commerciali) e 86 (regime forfetario di ODV e APS) del Codice (art. 101, comma 10, CTS);
  2. in verità, l’autorizzazione serve a rendere efficaci (a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello dell’avvenuto rilascio) tutte le disposizioni fiscali di cui al titolo X del Codice (art. 104, comma 2, CTS);
  3. fanno eccezione soltanto alcune disposizioni che in via transitoria si applicano ad ODV, APS e ONLUS già dal 1° gennaio 2018, cioè quelle di cui agli articoli 77 (sui titoli di solidarietà), 78 (social lending), 81 (social bonus), 82 (imposte indirette e tributi locali), 83 (erogazioni liberali), 84, comma 2 (regime fiscale dei redditi degli immobili delle ODV), 85, comma 7 (regime fiscale dei redditi degli immobili delle APS) (art. 104, comma 1, CTS);
  4. l’efficacia delle testé menzionate disposizioni dipende unicamente dal rilascio dell’autorizzazione della Commissione europea, e non anche dal fatto che il RUNTS sia operativo ed in esso sia possibile iscriversi: da questo punto di vista, dunque, l’avvio del RUNTS è ininfluente;
  5. di conseguenza, finché non vi sarà l’autorizzazione della Commissione europea (rectius, dal periodo d’imposta successivo a quello in cui essa sarà rilasciata),  mancherà uno specifico profilo fiscale degli ETS;
  6. pertanto, soltanto ODV ed APS – che in assenza di autorizzazione (e finché essa non produrrà i suoi effetti) continuano a godere del regime fiscale previgente5 – potranno avere concreto interesse ad iscriversi nel RUNTS (anche per effetto di trasmigrazione);
  7. minore sarà invece l’interesse di quegli enti del terzo settore diversi da ODV e APS (come ad esempio gli enti filantropici o gli altri enti del terzo settore) che iscrivendosi nel RUNTS non diverrebbero – in assenza di autorizzazione –  destinatari del nuovo e specifico trattamento fiscale previsto nel Codice (ancora inefficace poiché sub condicione), rimanendo enti sottoposti al regime fiscale ordinario;
  8. quanto precede è ancor più vero per le ONLUS (soprattutto per quelle ONLUS che non intendano “trasformarsi” in ODV o APS o anche eventualmente in imprese sociali), alle quali – in assenza di autorizzazione – da un lato non si applicherebbe ancora, poiché non autorizzato, il nuovo regime fiscale e dall’altro lato non potrebbe più applicarsi il regime “vecchio” di cui al d.lgs. 460/97, poiché con l’iscrizione nel RUNTS esse perderebbero la qualifica di ONLUS (art. 101, comma 8, CTS) e non potrebbero pertanto continuare ad essere destinatarie della disciplina di cui al d.lgs. 460/976 è dunque molto probabile che le ONLUS (soprattutto quelle che non intendano “convertirsi” subito in ODV o APS) si terranno fuori dal RUNTS finché ciò sarà possibile (approfondiremo il punto in seguito), continuando nel frattempo a godere del regime fiscale di cui al d.lgs. 460/97.

In conclusione, il RUNTS e il terzo settore non saranno mai del tutto attraenti per gli enti potenzialmente interessati a qualificarsi come ETS fintanto che mancherà l’autorizzazione della Commissione europea. In conseguenza della stretta connessione esistente tra il quadro sostanziale e il quadro fiscale degli enti del terzo settore, fortemente voluta dal legislatore della riforma (che non poteva però immaginarsi così tanto ritardo nel rendere operativo il RUNTS e nel richiedere il benestare alla Commissione europea!), solo il rilascio dell’autorizzazione segnerà la completa attuazione della “grande” riforma del 2017.

Quando potrà realizzarsi questa condizione? Quando sarà rilasciata l’autorizzazione?

Da quanto ci risulta, la richiesta di autorizzazione non è stata ancora inoltrata alla Commissione europea, ed è evidente che la Commissione europea non potrebbe mai autorizzare ciò che non le venga richiesto! È quindi molto importante che il Governo italiano (ed il Ministro del lavoro in particolare) si attivi per rendere possibile l’avverarsi dell’auspicata condizione. Come già spiegato, l’ormai prossimo avvio del RUNTS non è infatti sufficiente a rendere la riforma “completa” sotto il profilo attuativo e a rimuovere la cornice d’incertezza in cui, a causa di questa tardiva implementazione, gli enti del terzo settore ancora oggi si muovono nonostante il decorso di oltre un triennio dall’entrata in vigore del Codice.

4. L’architettura del RUNTS e degli uffici pubblici preposti alla sua gestione

Nonostante sia “unico” e “nazionale” a partire già dalla denominazione, il RUNTS risulta suddiviso al suo interno in varie sezioni ed inoltre non è materialmente gestito da un’unica autorità centrale, bensì per lo più dalle Regioni e Province autonome.

La sua articolazione in sette “sezioni” (art. 3, comma 1, d.m. 106/2020) è conseguenza della pluralità di tipologie (o qualifiche particolari) di enti del terzo settore individuate dal Codice.

Com’è ormai noto, infatti, non esiste un unico modello di ETS ma più modelli, o meglio ancora, v’è un modello generale di ETS cui si affiancano sei modelli particolari, ciascuno con differente denominazione e specifiche regole applicabili (che prevalgono su quelle generali, a loro volta applicabili solo in assenza delle prime, secondo quanto disposto dall’art. 3, comma 1, CTS).

Il modello generale di ETS è quello corrispondente alla descrizione di cui all’art. 4, comma 1, CTS, e ad esso è dedicata la settima sezione del RUNTS, quella relativa agli “altri enti del terzo settore” (che ne testimonia il carattere in un certo senso residuale nelle intenzioni del legislatore).

I modelli particolari, ai quali corrispondono diverse sezioni del RUNTS, dalla a) alla f), sono invece sei, sicché la struttura interna del RUNTS risulterà essere la seguente (art. 3, comma 1, d.m. 106/2020):

  1. organizzazioni di volontariato (art. 32 ss. CTS)
  2. associazioni di promozione sociale (art. 35 s. CTS)
  3. enti filantropici (art. 37 ss. CTS)
  4. imprese sociali, incluse le cooperative sociali (art. 40 CTS e d.lgs. 112/2017)
  5. reti associative, incluse le nazionali (art. 41 CTS)
  6. società di mutuo soccorso (art. 42 ss. CTS e l. 3818/1886)
  7. altri enti del terzo settore

Un ente può essere iscritto soltanto in una sezione del RUNTS, ma è consentito il cambio di sezione, o per libera scelta dell’ente oppure per evitare il provvedimento di cancellazione dal RUNTS da parte dell’autorità pubblica vigilante (la quale accerti la mancanza dei requisiti per l’iscrizione nella sezione di partenza). Ovviamente, il cambio di sezione è possibile solo modificando statuto e struttura dell’ente per adeguarli a quelli necessari all’iscrizione nella sezione di arrivo. In alcuni casi potrà altresì essere necessaria una vera e propria trasformazione (cioè mutamento di forma giuridica) dell’ente. Ad esempio, una fondazione iscritta nella sezione c) che aspiri all’iscrizione nella sezione a), dovrà a tal fine anche (e prima di tutto) trasformarsi in associazione, posto che le ODV non possono avere la forma di fondazione (cfr. art. 32, comma 1, CTS).

Soltanto alle reti associative è consentito iscriversi (ed è opportuno che lo facciano), oltre che nella sezione e), in un’ulteriore sezione del RUNTS, che potrebbe anche essere la sezione g).

Sebbene esista una sezione del RUNTS dedicata alle imprese sociali, il rapporto tra imprese sociali e RUNTS è molto particolare e di esso dovremo pertanto riferire amplius in seguito.

Naturalmente, così come solo gli enti in possesso dei requisiti generali di qualificazione (quelli di cui all’art 4 CTS) possono iscriversi nella sezione g) del RUNTS, allo stesso modo solo gli enti in possesso dei requisiti particolari di ciascuna qualifica del terzo settore possono iscriversi nelle prime sei sezioni dedicate alle tipologie particolari di ETS. Per fare solo un esempio, nella sezione a) del RUNTS possono iscriversi soltanto associazioni (e non anche fondazioni), costituite da almeno sette persone fisiche (o da almeno tre ODV), ecc.

Ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.m. 106/2020, il RUNTS è gestito dall’Ufficio statale del RUNTS (presso il Ministero del lavoro) e dagli Uffici regionali e provinciali del RUNTS (presso ciascuna Regione e Provincia autonoma), in collaborazione tra loro e nel rispetto delle disposizioni del Codice e del medesimo decreto.

Tali uffici sono preposti (art. 4, d.m. 106/2020):

  • all’iscrizione degli ETS nel RUNTS;
  • alla cancellazione degli ETS dal RUNTS;
  • alla registrazione delle informazioni, nonché alla tenuta di atti soggetti a deposito e dei provvedimenti emanati;
  • alla revisione periodica (con cadenza almeno triennale) del RUNTS ai fini della verifica della permanenza dei requisiti richiesti per l’iscrizione in ciascuna sezione;
  • ad effettuare i controlli di cui all’art. 93, comma 3, CTS (sul possesso dei requisiti di iscrizione al RUNTS, sul perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, e sull’adempimento degli obblighi derivanti dall’iscrizione al RUNTS) sulla base di un apposito decreto ministeriale ancora da emanarsi;
  • ad accertare l’esistenza di cause di scioglimento o estinzione dell’ente.

Più precisamente, ai sensi di quanto l’art. 5 d.m. 106/2020 dispone, l’Ufficio del RUNTS competente è quello della Regione o Provincia autonoma in cui l’ETS ha sede legale. L’Ufficio statale, invece, ha competenza soltanto sulle reti associative, ovvero sugli enti iscritti nella sezione e) del RUNTS, anche qualora questi ultimi fossero (come è possibile ed anzi consigliabile che sia) contemporaneamente iscritti in un’ulteriore sezione del RUNTS. In sostanza, può anche dirsi che l’Ufficio statale ha competenza esclusiva sulla sezione e) del RUNTS e sugli ETS ivi iscritti (a prescindere da dove abbiano sede legale), mentre gli Uffici regionali (e provinciali autonomi) su tutte le altre sezioni del RUNTS e sui soggetti ivi iscritti, ad eccezione di quelli iscritti nella sezione e). La funzione tipicamente svolta dalle reti associative, nonché la loro dimensione necessariamente sovraregionale, di certo giustificano la scelta operata nel d.m. 106/2020.

Il RUNTS è un registro interamente informatico, sicché la sua gestione avverrà unicamente mediante tecniche informatiche, e telematiche saranno le interlocuzioni tra i vari attori in esso coinvolti, tanto le pubbliche amministrazioni preposte alla sua gestione quanto gli enti del terzo settore medesimi, nonché le comunicazioni tra ciascuno di questi diversi attori e il RUNTS.

5. Forme e modalità di accesso al RUNTS

Il tema delle forme e modalità di accesso al nuovo registro risente molto sia del fatto che il RUNTS non cade nel nulla ma impatta su una realtà ad esso preesistente che si trovava disciplinata, in sua assenza, con modalità transitorie, sia del pluralismo intrinseco al fenomeno del terzo settore, che ha trovato espressione normativa nella pluralità di tipologie di enti del terzo settore di cui abbiamo in precedenza riferito. Vi sono poi questioni legate ai rapporti con altri registri (quello delle persone giuridiche e quello delle imprese) o alla particolare natura del soggetto (come nel caso delle ONLUS e degli enti religiosi civilmente riconosciuti). In definitiva, il quadro è abbastanza complesso e si cercherà di seguito di analizzarlo per gruppi di casi differenti.

5.1. Iscrizione per trasmigrazione di ODV e APS già iscritte nei “vecchi” registri

Il procedimento di “trasmigrazione” è finalizzato all’iscrizione nel RUNTS – senza soluzione di continuità e senza la necessità per gli enti da esso interessati di formulare apposita istanza (dunque d’ufficio) – di ODV e APS già iscritte nei “vecchi” registri di ODV e APS istituiti ai sensi, rispettivamente, delle leggi 266/1991 e 383/2000, nonché delle relative leggi regionali di attuazione.

Tale procedimento, pertanto, riguarda soltanto ODV e APS, e non anche ONLUS (che non siano ODV o APS) o altri enti. Più specificamente, interessa quante di esse si trovino iscritte nei “vecchi” registri entro il giorno antecedente al termine ex art. 30, comma 1, d.m. 106/2020 (che, per comodità, abbiamo in questo scritto ipotizzato essere quello del 1° aprile 2021), e per le quali non vi siano in corso procedimenti di cancellazione (art. 31, comma 1, d.m. 106/2020).

Una volta individuato dal Ministero il termine ex art. 30, comma 1, nei 90 giorni successivi a questo termine, e dunque (continuando con la nostra simulazione) entro il 1° luglio 2021, i competenti uffici di Regioni e Province autonome (nonché il Ministero del lavoro per le APS iscritte nel Registro nazionale delle APS) comunicheranno al RUNTS i dati in loro possesso relativi ad ODV e APS, unitamente alle copie dell’atto costitutivo e dell’ultimo statuto di ciascun ente (art. 31, comma 3, d.m. 106/2020).

Ricevuta questa comunicazione, il competente Ufficio del RUNTS (che è quello della Regione in cui l’ente ha la propria sede legale) dovrà verificare entro i 180 giorni successivi, ovverosia (continuando con la nostra simulazione) entro il 1° gennaio 2022, la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione dell’ente nel RUNTS.

Pur non richiedendo la proposizione di un’istanza alla pubblica amministrazione competente, l’iscrizione per trasmigrazione non è dunque propriamente automatica, essendo comunque subordinata all’accertamento dei requisiti di iscrizione. Essa tuttavia avviene in assoluta e perfetta continuità con la precedente iscrizione nei “vecchi” registri, al punto che, come opportunamente chiarisce l’art. 31, comma 11, d.m. 106/2020, “fino al perfezionamento dell’iscrizione o all’emanazione del provvedimento di mancata iscrizione, gli enti iscritti nei registri delle ODV e delle APS di cui al comma 1 continuano a beneficiare dei diritti derivanti dalla rispettiva qualifica”.

In questa fase di pre-verifica potrà accadere che l’Ufficio del RUNTS richieda informazioni e documenti ad ODV e APS, nel qual caso il termine di 180 giorni è sospeso fino alla ricezione delle informazioni e dei documenti richiesti, sicché potrà ancora allungarsi (ma per non più di 60 giorni) il termine a disposizione dell’amministrazione per concludere il procedimento di pre-verifica (e dunque, continuando a simulare, si potrebbe arrivare sino al 1° marzo 2022 o persino oltre).

Il procedimento di trasmigrazione potrà avere uno dei seguenti esiti:

  1. se l’ente non risponde entro 60 giorni all’eventuale richiesta di invio di informazioni e documenti formulata dall’Ufficio del RUNTS in fase di trasmigrazione, esso non sarà iscritto al RUNTS (art. 31, comma 6, d.m. 106/2020);
  2. se la pre-verifica si conclude positivamente, l’ente in questione sarà iscritto nel RUNTS alla sezione corrispondente alla sua particolare natura giuridica del terzo settore – cioè la a) per le ODV e la b) per le APS – mediante un provvedimento amministrativo che gli sarà comunicato (art. 31, comma 7, d.m. 106/2020);
  3. se dalla pre-verifica emergono invece motivi ostativi all’iscrizione dell’ente nel RUNTS, l’Ufficio del RUNTS ne dà comunicazione all’ente, assegnandogli 10 giorni per contro-dedurre o per manifestare la propria intenzione di regolarizzare la situazione, ciò per cui ha 60 giorni di tempo (e dunque, continuando a simulare, anche sino al 10 maggio 2022); se dell’avvenuta regolarizzazione l’ente offre dimostrazione nei termini, allora è iscritto nel RUNTS; in caso contrario (oppure nel caso di inerzia dell’ente nel termine di 10 giorni assegnatogli per reagire), seguirà invece la mancata iscrizione nel RUNTS (art. 31, comma 8, d.m. 106/2020);
  4. se dalla pre-verifica emergono motivi ostativi all’iscrizione dell’ente nella corrispondente sezione del RUNTS, accertandosi però la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione in un’altra sezione del RUNTS, anche qui l’ufficio del RUNTS ne dà comunicazione all’ente interessato, assegnandogli 10 giorni per contro-dedurre o per manifestare la propria intenzione di ottenere l’iscrizione nella diversa sezione, e se necessario gli assegna altresì 60 giorni per regolarizzare la situazione (anche qui, dunque, proseguendo nella simulazione, il procedimento potrebbe durare sino al 10 maggio 2022) (art. 31, comma 9, d.m. 106/2020).

L’inerzia dell’amministrazione, che non emetta alcun provvedimento nei termini precedentemente indicati, determina invece l’iscrizione dell’ente nel RUNTS, alla sezione (ODV o APS) ad esso corrispondente (art. 31, comma 10, d.m. 106/2020).

Regole particolari valgono per le reti associative e di esse ci occuperemo in seguito.

5.1.1. Criticità del procedimento di trasmigrazione e possibili soluzioni

l procedimento di trasmigrazione sopra descritto è stato sicuramente previsto e congegnato nell’interesse degli enti in esso coinvolti. Lo testimoniano le cautele presenti, nonché le disposizioni volte ad assicurare continuità, di status e benefici, tra l’iscrizione nei “vecchi” registri e l’iscrizione nel “nuovo” RUNTS. Ciononostante, non mancano, a nostro avviso, alcuni elementi di criticità che potrebbero però risolversi con qualche correzione o integrazione della normativa, oppure più semplicemente applicando quest’ultima con buon senso.

Le questioni nascono dal fatto che il procedimento di trasmigrazione può essere, come abbiamo notato, molto lungo, ciò che può scontrarsi con l’interesse di un ente ad essere iscritto nel RUNTS il prima possibile e nel modo corrispondente alla proprio volontà, al fine, ad esempio, di poter acquisire la personalità giuridica ex art. 22 CTS o di poter assumere un’altra veste giuridica del terzo settore (ad esempio quella di “altro ente del terzo settore” o di “rete associativa”).

Eppure, prima di luglio del 2021 nessun ente potrà risultare iscritto al RUNTS secondo questa procedura, ed inoltre, per come il procedimento è strutturato, potrebbe non esserci nessun “contatto” tra l’amministrazione procedente e l’ente del terzo settore interessato sino alla conclusione del procedimento amministrativo mediante l’iscrizione dell’ente nel RUNTS, sebbene nel frattempo l’ente possa aver svolto o desideri intraprendere operazioni rilevanti, quali trasformazioni o modifiche statutarie, ecc.

Tutto ciò, peraltro, si scontra col fatto che, se le “nuove” iscrizioni sono davvero aperte dal 1° aprile 2021, come sembra potersi ricavare dall’art. 38, comma 1, d.m. 106/2020 – secondo cui “a decorrere dal giorno successivo al termine di cui all’articolo 30, gli enti che intendano conseguire l’iscrizione in una delle sezioni del RUNTS ai sensi del Titolo 2 del presente decreto, presentano la domanda di iscrizione al competente Ufficio statale, regionale o provinciale del RUNTS”  – i “nuovi” enti del terzo settore saranno iscritti al RUNTS prima delle “vecchie” ODV e APS che vi accedono per trasmigrazione. Il “popolamento iniziale” del RUNTS, dunque, nonostante la rubrica del Titolo VIII del d.m. 106/2020, non interesserà le “vecchie” ODV e APS (già iscritte nei “vecchi” registri), bensì i “nuovi” enti del terzo settore che a quest’ultimo accedono per la prima volta.

Non è ovviamente una questione di chi arriva prima e chi dopo, ma soltanto di soddisfare adeguatamente gli interessi di tutti gli enti del terzo settore, inclusi quelli che lo sono già in quanto iscritti nei “vecchi” registri. Ha poco senso, del resto, rinviare la cura dei loro interessi, se si riflette sul fatto che, con una nuova iscrizione ex art. 8 e ss., d.m. 106/2020, essi potrebbero vederli rapidamente soddisfatti, tanto più qualora l’iscrizione avvenga mediante il Notaio ai fini dell’acquisizione della personalità giuridica ex art. 22 CTS (o ai fini del “trasferimento” della personalità giuridica ai sensi dell’art. 22, comma 1-bis, CTS).

A ciò si aggiunga la circostanza che il procedimento di trasmigrazione è lungo e laborioso anche per le amministrazioni procedenti, laddove le nuove iscrizioni sono sicuramente più agevoli da gestire. Le amministrazioni potrebbero trovarsi a procedere sulla base di documenti (in particolare, statuti) non aggiornati e/o a concludere il procedimento con un provvedimento che finisca per non soddisfare l’ente interessato, ad esempio iscrivendolo nella sezione a) sol perché ODV era la sua qualifica originaria, mentre invece l’ente in questione intende iscriversi nella sezione b) o in un’altra ancora.

Ragioni di efficienza ed efficacia dell’attività amministrativa e di tutela degli interessati al procedimento amministrativo devono dunque indurre alla ricerca di soluzioni alla prospettata (e molto realistica) criticità.

Si possono qui immaginare tanto l’intervento volontario degli enti interessati durante il procedimento di trasmigrazione (anche ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera b), legge 241/1990) al fine di depositare documenti quali il nuovo statuto o di formulare specifiche richieste come quella di iscrizione in un’altra sezione del RUNTS, quanto una nuova iscrizione ex art. 8 che automaticamente ponga fine al procedimento di trasmigrazione in corso, avendone realizzato lo scopo per altra via.

Quanto sopra permetterebbe agli ETS di poter effettuare le proprie scelte senza dover attendere l’iscrizione al RUNTS per trasmigrazione e poter dunque cogliere le opportunità della riforma in anticipo rispetto a quanto avverrebbe se dovessero attendere gli esiti del procedimento di trasmigrazione.

Va poi osservato che alcune volte può essere in gioco non tanto il cogliere nuove opportunità (come l’acquisizione della personalità giuridica o il volontario cambio di qualifica, che in precedenza abbiamo addotto come esempi) quanto la volontà di mettersi in regola in anticipo: si pensi, ad esempio, ad un ente che aveva nel precedente regime la qualifica di ODV iscritta nei registri e che tale qualifica non può più conservare avendo meno di sette persone fisiche. Per un ente con queste caratteristiche ha poco senso attendere l’esito del procedimento di trasmigrazione (durante il quale, peraltro, la mancanza del requisito del numero dei soci non potrebbe essere accertato dall’amministrazione procedente in sede di controllo meramente documentale) e sarebbe piuttosto preferibile iscriversi subito al RUNTS con una qualifica compatibile con la sua struttura (ad esempio di “altro ente del terzo settore” iscritto nell’ultima sezione g) del RUNTS. Ciò semplificherebbe la vita anche all’amministrazione, che da un lato eviterebbe di portare a termine un procedimento del tutto inutile per gli esiti cui approda, dall’altro si troverebbe a non dover gestire successivamente una richiesta dell’ente di migrazione ad altra sezione del RUNTS.

Speriamo pertanto che la criticità sopra indicata possa essere risolta in via interpretativa o applicativa (anche facendo ricorso alle regole e principi generali di cui alla legge 241/1990), oppure – anche se è procedura più lunga e complessa – attraverso una leggera modifica del d.m. 106/2020.

5.2. Nuove iscrizioni su domanda

Nonostante il “popolamento iniziale” sia nel d.m. 106/2020 riferito alla trasmigrazione d’ufficio di ODV e APS dai “vecchi” registri omonimi, nulla impedisce che allo scoccare del dies a quo – che per comodità abbiamo in questo scritto presunto ricorrere il prossimo 1° aprile 2021 – gli enti interessati formulino domanda di iscrizione al RUNTS. Anzi, la lettera dell’art. 38, comma 1, d.m. 106/2020, sembra consentirlo esplicitamente.

Il procedimento d’iscrizione al RUNTS su domanda non dovrebbe in teoria riguardare gli enti coinvolti nel procedimento di trasmigrazione, o perlomeno questo era l’originario disegno legislativo cui il Ministero ha dato attuazione col d.m. che ci occupa. Abbiamo tuttavia cercato di spiegare perché dovrebbe consentirsi anche a quest’ultima categoria di enti di formulare domanda d’iscrizione ex novo, per potersi iscrivere non solo prima di quando avverrebbe per effetto di trasmigrazione, ma anche nella modalità più consona ai loro attuali interessi. Infatti, il procedimento di iscrizione deve chiudersi entro 60 giorni dalla presentazione della domanda con l’iscrizione dell’ente nella sezione richiesta (art. 9, comma 2, d.m. 106/2020). Ciò significa che chi presenta la domanda il 1° aprile 2021, può contare di essere iscritto nel RUNTS, alla sezione desiderata, entro il 1° giugno 2021 (o addirittura entro il 1° maggio 2021 se adotta uno statuto-tipo approvato con decreto ministeriale), mentre le iscrizioni per trasmigrazione difficilmente potrebbero effettuarsi prima del 1° luglio 2021, e come detto non garantiscono all’ente di trovarsi iscritto nella sezione desiderata.

Chiaramente, formulando domanda di iscrizione ex novo, l’ODV o APS già iscritta nei “vecchi” registri rinuncerebbe implicitamente all’iscrizione per trasmigrazione e il relativo procedimento si chiuderebbe così per carenza di interesse dell’ente interessato. La continuità tra la “vecchia” iscrizione e la “nuova” iscrizione sarebbe in ogni caso garantita dalla disposizione di cui all’art. 31, comma 11, d.m. 106/2020, che, pur dettata nell’ambito della trasmigrazione, appare letteralmente a carattere generale (peraltro, non vi sarebbe ragione alcuna per non ritenerla tale nel caso in cui l’ente preferisca iscriversi ex novo piuttosto che usufruire della trasmigrazione).

Il procedimento di iscrizione su domanda è regolato dagli articoli 8 e seguenti del d.m. 106/2020, che disciplina le modalità e forme di proposizione della domanda (art. 8, commi 2 e 3), i suoi contenuti, tra cui denominazione, codice fiscale, ecc. (art. 8, comma 6), nonché i documenti che alla medesima devono essere allegati, tra cui l’atto costitutivo e lo statuto (art. 8, comma 5), chiarendo che non è ammessa una domanda multipla per più enti (art. 8, comma 8), ma che una rete associativa può presentare domanda per gli enti ad essa associati (art. 8, comma 2).

A quale Ufficio debba presentarsi la domanda dipende dal riparto delle competenze tra Ufficio statale e Uffici regionali o provinciali autonomi di cui si è detto in precedenza. E quindi l’Ufficio statale del RUNTS nel caso di domanda di iscrizione nella sezione e), gli Uffici territoriali del RUNTS in tutti gli altri casi (salvo quanto diremo con riguardo alla lettera d) dedicata alle imprese sociali).

In assenza di impedimenti, il procedimento di iscrizione deve chiudersi entro 60 giorni, o ancor più celermente, entro 30 giorni, qualora l’ente che formuli domanda d’iscrizione abbia adottato e depositato uno statuto-tipo (o standard) redatto dalla rete associativa cui aderisce ed approvato con decreto ministeriale (art. 9, comma 4, d.m. 106/2020). Ciò significa che intorno al 1° maggio 2020 potremmo già avere un rilevante numero di ETS iscritti al RUNTS.

Opera peraltro il meccanismo del silenzio-assenso allo scadere dei 60 o 30 giorni (art. 9, comma 5, d.m. 106/2020).

Il termine d’iscrizione può allungarsi nel caso in cui l’Ufficio riscontri irregolarità formali o sostanziali: in tal caso, entro il termine di 60 giorni dalla domanda, esso invita l’ente a regolarizzare la situazione assegnandoli tal fine un termine non superiore a 30 giorni (art. 9, comma 3, d.m. 106/2020).

Il codice fiscale sarà il dato che identificherà l’ETS in maniera univoca nel RUNTS (art. 9, comma 7, d.m. 106/2020).

Una volta iscritto, l’ETS è tenuto a mantenere aggiornate i dati e i documenti forniti e depositati al RUNTS, anche qui potendosi avvalere dell’intermediazione della rete associativa cui eventualmente appartenga (art. 20 d.m. 106/2020).

Gli oneri nascenti dal RUNTS e dalle sue regole di funzionamento, dovendosi peraltro assolvere con modalità tematiche, potrebbero risultare particolarmente gravosi per gli ETS di più modeste dimensioni, i quali tuttavia potranno a tal fine avvalersi del supporto delle reti associative di appartenenza, cui la legge e il dm. 106/2020 attribuiscono uno specifico ruolo sostitutivo nell’interlocuzione col RUNTS e i suoi Uffici. Tenendo anche conto della possibilità per le reti associative di redigere statuti-tipo approvati dal Ministero del lavoro e dell’eventuale svolgimento della funzione di controllo nei confronti degli ETS associati, la funzione delle reti associative nel mutato quadro del terzo settore post riforma diventa fondamentale. Per le medesime ragioni, associarsi ad una rete associativa diventa parte essenziale della strategia di successo (e talvolta anche di sopravvivenza) di un ente del terzo settore.

(Segue nella Parte Seconda)

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[1]

Ricordiamo infatti che il Codice prevedeva che tale decreto fosse approvato entro il 2 agosto 2018: cfr. art. 53, comma 1, CTS. Comprensibili dunque le critiche di Bobba, Ancora un rinvio per il Decreto del RUNTS, in www.terzjus.it, 24 agosto 2020.

[2]

L’art. 22, comma 3, d.m. 106/2020, dispone infatti: “Nel caso in cui il procedimento si concluda con esito positivo, l’iscrizione nella nuova sezione e la cancellazione dalla sezione di provenienza sono disposte contestualmente e senza soluzione di continuità. La migrazione in altra sezione non comporta effetti ai sensi della devoluzione del patrimonio”.

[3]

Gli enti che si iscrivono nei “vecchi” (ma ancora esistenti ed operativi) registri di ODV e APS devono essere costituiti ed operare nel rispetto del d.lgs. 117/2017 (ed in particolare, rispettivamente, dei suoi articoli 32 ss. e 35 s.), ma la procedura di iscrizione in questi registri, così come eventuali presupposti (ad esempio l’operatività da un certo periodo di tempo), rimangono regolati dalla “vecchia” disciplina inerente i registri medesimi (l. 266/91, l. 383/00 e relative normative di attuazione). Lo stesso vale con riguardo all’anagrafe delle ONLUS: è ancora aperta a nuove iscrizioni, e tale continuerà ad essere sino al 31 marzo 2021 (o ad altra data, a seconda di quale alla fine sarà il termine ex art. 30, comma 1, d.m. 106/2020); tuttavia, l’iscrizione potrà avvenire solo in presenza dei requisiti e delle condizioni fissate nel d.lgs. 460/97 e nella normativa di sua attuazione.

[4]

Un’altra autorizzazione di cui si è in attesa, e rispetto alla quale non risulta neanche in questo caso essere stata formulata richiesta da parte del Governo italiano, è quella che riguarda le misure fiscali di cui all’art. 18, d.lgs. 112/2017, in tema di imprese sociali. Si tratta da un lato di misure indispensabili per il funzionamento stesso dell’impresa sociale (la detassazione degli utili reinvestiti nell’attività), dall’altro di misure che potrebbero garantire un enorme sviluppo di questa particolare fattispecie del terzo settore (mediante l’incentivazione fiscale degli investimenti nel capitale di nuove imprese sociali).

[5]

Ciò è l’effetto di una norma di interpretazione autentica dell’art. 104 CTS, ovverosia l’articolo 5-sexies, comma 1, d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni dalla l. 4 dicembre 2017, n. 172, secondo cui l’art. 104 “si interpreta nel senso che i termini di decorrenza indicati nei commi 1 e 2 valgono anche ai fini dell’applicabilità delle disposizioni fiscali che prevedono corrispondentemente modifiche o abrogazioni di disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017. Pertanto, le disposizioni di carattere fiscale richiamate dagli articoli 99, comma 3, e 102, comma 1, del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017 continuano a trovare applicazione senza soluzione di continuità fino al 31 dicembre 2017”. All’art. 102, comma 1, CTS, era infatti prevista l’abrogazione integrale delle leggi 266/91 e 383/2000. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 89/E del 25 ottobre 2019, ha peraltro chiarito che “un ente iscritto in un registro previsto dalla legge 11 agosto 1991, n. 266 (ODV- Organizzazione di volontariato) o iscritto in un registro previsto dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383 (APS – Associazioni di Promozione Sociale) possa continuare ad applicare le disposizioni fiscali discendenti dalle norme citate, sempre che sia in possesso dei requisiti formali e sostanziali previsti dalle leggi di settore, fino al termine di cui al comma 2, dell’articolo 104 del Codice anche nel caso in cui non proceda ad adeguare lo statuto entro il 30 giugno 2020 alle disposizioni inderogabili del Codice”.

[6]

Ciò per effetto di quanto disposto dall’art. 102, comma 2, CTS, che abroga gli articoli 10 e ss., d.lgs. 460/97, ma solo a partire a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello del rilascio dell’autorizzazione da parte della Commissione europea. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 89/E del 25 ottobre 2019, ha peraltro chiarito che “un ente iscritto all’Anagrafe delle ONLUS prevista dall’articolo 11 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, possa continuare ad applicare le disposizioni fiscali discendenti dal d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, sempre che sia in possesso dei requisiti formali e sostanziali previsti nel citato decreto, fino al termine di cui al comma 2, dell’articolo 104 del Codice, anche nel caso in cui non proceda ad adeguare lo statuto entro il 30 giugno 2020 alle disposizioni inderogabili del Codice”.

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