La controversia nasce dalla determinazione dirigenziale di indizione, da parte del Comune dell’Aquila, di una procedura di co-progettazione – ai sensi del codice del Terzo settore (d.lgs. 117/2017: CTS) e del D.M. 72/2021 (Linee guida sul rapporto tra p.a. ed ETS) – per l’affidamento del servizio di “Assistenza scolastica per l’autonomia e la comunicazione dei diversamente abili nelle scuole del Comune dell’Aquila”. I giudici del TAR Abruzzo, attraverso la sentenza n. 368/2023, accoglievano il ricorso presentato dalla società cooperativa sociale, gestore del servizio uscente, rilevando l’incompetenza a provvedere da parte del dirigente. Solamente il Consiglio comunale, ai sensi di quanto previsto dall’art. 42, comma 2, d.lgs. n. 267/2000, avrebbe potuto modificare il regime di affidamento mediante appalto del servizio di assistenza scolastica, così come definito all’interno del Piano Sociale Distrettuale (PSD) 23/25 (risultava, quindi, integrata una violazione dell’art. 107 d.lgs. n. 267/2000).
Per quanto qui maggiormente interessa, l’Amministrazione comunale, in appello, si duole di un sostanziale travisamento dei fatti, in quanto:
- “il paragrafo del Piano Distrettuale Sociale che il Tribunale aveva valorizzato ai fini dell’annullamento della determinazione n. 438/2023 si ridurrebbe ad una specie di catalogo, che indica le azioni in campo sociale e richiama in maniera assai generica, le principali norme in tema, incluse quelle della co-programmazione e della co-progettazione, inequivocabilmente riferite agli Enti del Terzo Settore, per cui detto paragrafo non poteva leggersi nel senso della previsione tassativa e cogente, per cui l’unico modo per erogare il Servizio Sociale di Assistenza Specialistica Scolastica per Disabili fosse quello a mezzo di appaltatore, individuato ai sensi del d.lgs. 50/2016”;
- “con un voto consiliare successivo all’approvazione del Piano Distrettuale Sociale, il Comune aveva approvato un Regolamento esplicitamente rivolto anche all’attuazione del Piano medesimo; tale Regolamento indicava esplicitamente che la co-progettazione con gli Enti del Terzo Settore include le azioni previste nei piani sociali d’ambito di cui alla L. 328/2000”.
Il Consiglio di Stato reputa fondato il motivo d’appello. Si legge che “il primo giudice sostanzialmente [ha] accolto il ricorso sulla base di un motivo soltanto genericamente formulato (vizio di incompetenza per assenza dell’atto politico a monte) ed avendo riguardo ad una distinta causa petendi (contrasto con detto atto politico, ovvero il P.S.D.) in violazione del principio della domanda, di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c. nonché in violazione del disposto dell’art. 40 c.p.a., soccorrendo alla genericità dei motivi articolati in parte qua ad opera della Cooperativa ricorrente”.
Tuttavia, “l’accoglimento del primo motivo di appello peraltro impone di scrutinare i motivi dichiarati assorbiti dal primo giudice e ritualmente, proposti dalla Cooperativa appellata con la memoria di costituzione”.
Interessanti notazioni sulla co-progettazione giungono dall’esame del terzo e quarto motivo di ricorso e ritenuti ambedue fondati.
A) Con il terzo motivo, “la Cooperativa lamenta che rispetto all’affidamento di cui è causa mancherebbero i presupposti per il ricorso alla co-progettazione, anziché all’affidamento mediante procedura di appalto, non basandosi la co-progettazione, secondo quanto del resto precisato dalla Corte costituzionale, sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, laddove il bando cui alla presente procedura qualifica il versamento a carico del Comune dell’Aquila quale pagamento, subordinandolo all’emissione da parte dell’affidataria di una fattura”.
Chiariscono i giudici del Consiglio di Stato, in continuità con quanto già sostenuto da Cons. Stato, Sez. V, 07 settembre 2021, n. 6232 e conformemente al parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, 26 luglio 2018, che “le previsioni contenute nell’avviso pubblico di indizione della procedura de qua si discostino dal concetto di gratuità”, che coincide con il “conseguimento di un aumento patrimoniale da parte della collettività, cui corrisponde la diminuzione patrimoniale di altro soggetto, ossia il prestatore del servizio”.
Infatti, l’art. 4 del bando, dedicato agli aspetti temporali ed economici del rapporto, “non si limita a prevedere il rimborso delle spese vive, prevedendo il pagamento (e non il semplice rimborso), previa fatturazione da parte del soggetto affidatario, di una parte dei fattori produttivi, ritenendo ammissibile il pagamento delle seguenti spese: le spese di gestione, i compensi agli operatori, il rimborso spese ai volontari, la retribuzione agli esperti. Pertanto solamente una parte residuale dei costi (8%) del servizio grava sul soggetto affidatario, mentre la maggior parte dei costi, ovvero il restante (92%) resta a carico del Comune”. Per i giudici “Appare evidente come si sia ben lontani dal concetto di gratuità di cui al richiamato parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato e come l’asserito pagamento non sia un mero rimborso delle spese vive, con esclusione della remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi tra cui il lavoro, posto che solo per i volontari è previsto un rimborso spese, mentre sono previsti compensi per gli operatori e retribuzioni per gli esperti”.
A sostegno di quanto sinora argomentato, viene rilevato che “la stessa circostanza che il pagamento da parte del Comune avvenga dietro presentazione di fattura depone inoltre, come dedotto da parte della Cooperativa ricorrente in prime cure, per la connotazione imprenditoriale del servizio reso, con la conseguente sua assoggettabilità anche ad I.V.A, secondo la previsione dell’art. 21 del D.P.R. 633 del 1972, secondo cui “Per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili o, ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa sia emessa, per suo conto, dal cessionario o dal committente ovvero da un terzo”, laddove, in applicazione dell’art. 56 comma 2 del Codice del Terzo Settore, innanzi citato, che prescrive che le convenzioni di cui sopra possono prevedere a favore delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale “esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate“, per le corrispondenti somme dovrebbe valere l’esclusione dall’IVA ai sensi dell’articolo 15, comma 1, n. 3), del D.P.R. n, 633/1972 (“non concorrono a formare la base imponibile: 3) le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate”)”.
B) Con il quarto motivo, la Cooperativa insiste sulla mancata “ricorrenza dei presupposti per il ricorso alla co-progettazione nell’ipotesi de qua e della conseguente necessità di bandire una procedura di appalto, deporrebbe anche la circostanza che gli atti predisposti del Comune predeterminerebbero nella sostanza nel dettaglio l’oggetto della prestazione, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, prefigurando gli elementi del servizio che l’affidatario dovrebbe svolgere, lasciando alla co- progettazione la mera definizione di aspetti secondari, secondo modalità non dissimili dalla formulazione di un’offerta tecnica nell’ambito di una normale gara di appalto”.
Per i giudici, tutti gli aspetti del rapporto sono stati definiti dal Comune affidatario: “gli atti assunti dal Comune predeterminano nel dettaglio l’oggetto della prestazione sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo”. Ciò confligge con la logica della co-progettazione, manifestazione di un rapporto di collaborazione sussidiaria: come chiarito al par. 1.1 del D.M. 72/2021 “Il rapporto di collaborazione sussidiaria, che connota gli istituti del CTS, è – per tutta la durata del rapporto contrattuale/convenzionale – fondato sulla co-responsabilità, a partire dalla co-costruzione del progetto (del servizio e/o dell’intervento), passando per la reciproca messa a disposizione delle risorse funzionali al progetto, fino alla conclusione delle attività di progetto ed alla rendicontazione delle spese”.
Diversamente, nel caso in esame, osservano i giudici “il Comune dell’Aquila ha sostanzialmente predeterminato gli elementi, anche di dettaglio, del servizio che l’affidatario dovrebbe svolgere, lasciando alla co-progettazione la mera definizione di aspetti secondari, secondo modalità in nulla dissimili dalla formulazione della c.d. “offerta tecnica” nell’ambito di una normale gara di appalto”.
Alla luce di ciò, i giudici respingono l’appello, confermando la sentenza di primo grado con diversa motivazione.