Attraverso la sentenza n. 87/2022, i giudici del TAR Friuli Venezia Giulia hanno risolto una controversia riguardante la coesistenza applicativa dei regimi disciplinari previsti per le ODV e le ASD.
L’Aero Club Pordenone Onlus agiva per ottenere l’annullamento del d.r. 1267/2021 con cui veniva disposta la cancellazione dell’associazione dal registro generale del volontariato organizzato. La Regione rilevava la mancanza dei requisiti statutari fissati dall’articolo 2 del d.p.reg. 91/2014 (Regolamento per la tenuta del Registro generale del volontariato organizzato di cui all’articolo 5 della legge regionale 9 novembre 2012, n. 23). Veniva, più precisamente, registrata la mancata conformità con i) l’assenza di fini di lucro; ii) la democraticità della struttura; iii) la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti. Inoltre, veniva accertata la mancata tenuta del registro degli aderenti che prestavano attività di volontariato, nonché l’omessa trasmissione delle modifiche intervenute tra le cariche associative all’Ufficio regionale preposto alla conservazione del registro.
Per il ricorrente: a) la natura lucrativa dell’attività risultava apoditticamente sostenuta dalla regione. Peraltro i soci percepivano somme a titolo di rimborso per via dell’attività erogata a favore dell’associazione; b) veniva assicurato il rispetto del principio di democraticità nei procedimenti deliberativi. L’esclusione dal voto era, invece, disposta per i soci “morosi”; c) le mere irregolarità formali e documentali non avrebbero potuto legittimare l’assunzione del provvedimento di cancellazione dal registro in questione.
Secondo la ricostruzione dei giudici è apparsa manifesta la violazione del principio della “gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti all’organizzazione di volontariato”, connesso al divieto di remunerare i volontari. Oltre a collidere con quanto già previsto dall’art. 2, comma 2, l. 266/1991 (Legge quadro sul volontariato) e dall’art. 4 della l.r. Friuli Venezia Giulia 23/2012 (Disciplina organica sul volontariato e sulle associazioni di promozione sociale), e dall’art. 2, comma 2, lett. d), del succitato d.p.reg. 91/2014, si manifesta un contrasto anche con l’odierno art. 17, comma 3, del Codice del Terzo settore.
Secondo la disposizione introdotta con il d.lgs. 117/2017, infatti, l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo e a questi possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore, tramite cui svolte l’attività, solo le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente. La norma, inoltre, vieta la previsione di rimborsi forfetari.
Dall’evidenza probatoria emergeva un contrasto con il requisito dell’assenza di fini di lucro soggettivo: precisano i giudici che “l’assenza di scopo di lucro non è in radice incompatibile con lo svolgimento di attività commerciale […] purché i relativi utili siano interamente reinvestiti nell’attività dell’associazione e non rivolti a beneficio degli associati, come invece avvenuto nel caso di specie”.
Secondo la prospettazione del ricorrente i rimborsi sono stati corrisposti a fronte delle attività rese dai volontari a favore dell’ASD: per i giudici, invece, “non si vede, infatti, per quale ragione logico-giuridica la qualificazione come A.S.D., ove cumulata con quella di O.D.V., possa condurre ad una “disattivazione” della disciplina – più rigorosa e di più ampio rilievo ordinamentale – propria di quest’ultima organizzazione, in mancanza di un’espressa disposizione in tal senso e proprio con riguardo all’elemento caratterizzante il tipo giuridico (la natura volontaria e gratuita delle prestazioni)”. Non è pertanto possibile alcuna ibridazione ad libitum.
Giova solo ricordare come, ai sensi dell’attuale art. 8 d.lgs. 36/2021, viga per gli enti sportivi dilettantistici il divieto di lucro soggettivo: infatti, essi destinano eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio. Inoltre, secondo quanto disposto dall’art. 29 del medesimo decreto: “Le società e le associazioni sportive dilettantistiche, le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, possono avvalersi nello svolgimento delle proprie attività istituzionali di amatori che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali”. Tuttavia, come previsto dal secondo comma, le prestazioni sportive amatoriali “non sono retribuite in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Per tali prestazioni sportive amatoriali possono essere riconosciuti premi e compensi occasionali in relazione ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive, nonché indennità di trasferta e rimborsi spese, anche forfettari, a cui si applica l’articolo 36, comma 7”.