La legge regionale 13 aprile 2023 n. 3 della Regione Emilia-Romagna rappresenta, in ordine cronologico, dopo l’esperienza toscana, molisana e umbra, un articolato tentativo di supporto normativo regionale al Terzo settore e alla prassi dell’amministrazione condivisa.
Tra i principi espressi all’art. 1 svetta il favor per la partecipazione allo svolgimento delle attività di interesse generale da parte di soggetti singoli o associati nel quadro dello sviluppo civile e socioeconomico. Ancor più nettamente, la Regione riconosce e valorizza la funzione delle formazioni sociali, strumento di espressione e sviluppo della dignità personale e della coscienza democratica, civile e sociale dei cittadini (art. 1, comma 1).
Principio normativo risulta essere il riconoscimento del ruolo, del valore e della funzione degli enti del Terzo settore: il legislatore prende atto della capacità della legislazione statale, ovvero del codice del Terzo settore, di aver concorso a sistematizzare fattispecie eterogenee espressive e caratterizzanti l’intera società regionale, di cui ne riconosce l’autonomia e la funzione di autogoverno (art. 1, comma 3 e comma 5). Il Terzo settore è dato empirico prima e positivo poi caratterizzante la società regionale, in quanto, si legge all’art. 1, comma 2, è fattore di coesione sociale, sviluppo e resilienza comunitaria, nonché motore dell’innovazione sociale volta a rispondere ai bisogni concreti dei cittadini.
Oltre al sostegno alla cooperazione sociale, all’impresa sociale e al volontariato, si legge come la Regione riconosca l’apporto positivo degli enti del Terzo settore nella “co-costruzione” dell’amministrazione condivisa, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale (art. 1, comma 5); in tal senso, nello svolgimento delle attività di programmazione e pianificazione è assicurato il coinvolgimento e la partecipazione della rappresentanza del Terzo settore (art. 1, comma 6).
Numerose sono le finalità delineate dall’art. 2: il dato comune è rappresentato dalla univoca direzione impressa all’aspetto teleologico regolamentare. Si tratta di salvaguardare il ruolo e l’attitudine performativa degli enti del Terzo settore attivi nella Regione Emilia-Romagna.
Merita di essere approfondito il Titolo III, dedicato ai Rapporti degli enti pubblici con gli enti del Terzo settore nell’ambito dell’amministrazione condivisa, esperienza giuridica centrale così come emerge dagli artt. 55-57 CTS, dal testo del riformato codice dei contratti pubblici, nonché da quanto statuito dalla Corte costituzionale attraverso la decisione n. 131/2020, cui la Fondazione Terzjus ha dedicato un apposito quaderno di approfondimento. La soluzione disciplinare regionale introietta l’elaborazione della Corte costituzionale, considerando l’amministrazione condivisa in termini di comunanza di scopo e attivazione di forme collaborative per la realizzazione di servizi e attività di interesse generale.
Tra i principi comuni indicati dall’art. 14 si impone il rispetto del codice del Terzo settore nell’attività procedimentale amministrativa. Ciò non si arresta a mera petizione di principio, in quanto dovrà essere assicurata l’eliminazione degli adempimenti amministrativi superflui, nonché la valutazione dell’impatto, anche di tipo sociale, relativamente alle attività di collaborazione tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore. Inoltre, le attività di interesse generale svolte dagli enti del Terzo settore possono essere coordinate con la programmazione pluriennale dei contratti pubblici e con l’approvazione degli strumenti di programmazione e affidamento dei beni pubblici. Risulta importante quanto divisato dall’art. 14, comma 2: le attività di interesse generale potranno essere svolte come servizi di interesse generale ai sensi del diritto europeo, purché l’amministrazione pubblica emani l’atto di incarico relativo in conformità alla disciplina comunitaria e alle soluzioni giurisprudenziali europee, valutando in concreto la natura economica o meno dei servizi e l’assenza di scopo lucrativo.
Da ultimo, l’art. 20 interviene sulle convenzioni tra pubbliche amministrazioni, associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato ai sensi degli artt. 55 e 56 del codice del Terzo settore. I procedimenti dovranno conformarsi ai principi espressi dall’art. 14 e dovranno garantire che la selezione dell’ente prescelto avvenga in conformità al principio di parità di trattamento e trasparenza. Importante risulta essere il testo del secondo comma, laddove è precisato che, a supporto motivazionale del provvedimento di definizione del rapporto convenzionale, il ricorso al criterio discretivo del maggior favore rispetto al mercato va interpretato considerando anche con riguardo agli impatti generati dall’attività di collaborazione nei confronti della comunità di riferimento, purché predeterminabili oggettivamente e valutabili in itinere ed ex post.