Ci sono due importanti novità che emergono dal Terzjus Report 2022. La prima è contenuta nel messaggio che il Ministro del Lavoro Andrea Orlando ha inviato agli organizzatori. Ovvero che il Ministero ha (finalmente!) avviato l’interlocuzione con la Commissione europea relativamente alle norme fiscali soggette ad autorizzazione comunitaria. Un passaggio atteso da almeno 5 anni e che si spera possa concludersi nella primavera del 2023. Nel documento inviato a Bruxelles, infatti, sono state illustrate non solo alcune norme del Codice del Terzo settore e del D.lgs. 112 relativo alle imprese sociali, ma anche gli emendamenti di natura fiscale approvati nell’agosto di quest’anno con il dl “Semplificazioni”, che vanno a correggere o ad integrare le norme poco sopra richiamate. La definitiva approvazione da parte della UE di queste misure consentirà di conseguire almeno tre importanti risultati. Alla generalità degli ETS, di poter adottare regimi fiscali più favorevoli in particolare per le cosidette attività diverse di natura commerciale; alle imprese sociali, di poter attrarre nuovi investitori o favorire aumenti di capitale grazie alla norma che consente una deduzione/detrazione del 30% del capitale investito nelle start up sociali. Infine, alle più di 22.000 Onlus di non rimanere in mezzo al guado e di potersi iscrivere alle sezioni “enti filantropici” o “altri enti di terzo settore” del Registro unico, oppure, per chi svolge attività imprenditoriali, di diventare impresa sociale.
La seconda novità la si ritrova nelle conclusioni del Rapporto. In cosa consiste? Proprio per il colossale ritardo con cui il Governo ha avviato l’interlocuzione sulle norme fiscali con la UE e per l’arrivo tardivo di alcuni decreti attuativi importanti – come il social bonus, ora emanato – sono state di fatto sottratte agli ETS tra il 2018 e il 2021 risorse pari a circa 250 milioni. Infatti, la Riforma ha una dotazione annua di circa 190 milioni, di cui più del 50% è destinata a “coprire” le misure di vantaggio fiscale, ovvero proprio quelle che hanno tardato o che tardano ad entrare in vigore. Se a ciò si aggiungono circa 150 milioni di euro destinati agli ETS e non impegnati con il decreto “Ristori” del 2021”, ci si trova con un “tesoretto” di quasi 400 milioni di risorse che non sono state messe in gioco per potenziare le opportunità previste dalla Riforma. Ebbene – ed è questa la proposta formulata prima al Ministro Orlando e ora a chi, Giorgia Meloni presumibilmente, guiderà il Governo, – perché non creare un “Fondo per la Repubblica solidale” alimentato proprio da queste risorse ritornate nel bilancio dello Stato, coinvolgendo altresì, mediante un credito di imposta, le Fondazioni bancarie affinché destinino una parte delle loro erogazioni a questo Fondo?
Per fare cosa? Due semplici obiettivi: sostenere le piccole realtà associative nelle periferie delle città e nei territori interni, e facilitare l’inserimento lavorativo dei giovani Neet. Se le istituzioni promuovono la transizione digitale mediante il “Fondo per la Repubblica digitale”, tanto più hanno il dovere di sostenere le comunità più fragili e chi fa più fatica a trovare un lavoro dignitoso.
[articolo pubblicato si «Avvenire» del 12 ottobre 2022]