Mille pensieri, ricordi, sentimenti si affollano nella mia mente e nel mio cuore ora che si è diffusa la notizia della morte di Riccardo Bonacina. Notizia per me non sorprendente, perché sapevo della sua malattia ormai irreversibile. Ero stato a trovarlo a metà settembre all’Istituto Nazionale dei Tumori a Milano. Era provato, ma sereno nonostante fosse pienamente consapevole che gli restava poco tempo da vivere. E, in questi mesi, con le forze residue ha continuato a scrivere, ad orientare, ad incoraggiare. Sì, Riccardo è stato prima di tutto un ottimo giornalista. Sapeva raccontare e interpretare, sferzare e rassicurare, pungolare ed apprezzare. Mai banale e scontato, sempre fedele nel raccontare la realtà, le persone, gli avvenimenti piccoli e grandi. E, il suo merito principale è di aver imboccato una strada radicalmente innovativa: quella di VITA, la sua creatura, fonte di preoccupazioni e di grandissime soddisfazioni. Difficile oggi immaginare il racconto dell’impegno civico e volontario, del Terzo settore e dell’economia sociale senza il cambio di passo maturato con VITA.
Lo conobbi circa trent’anni fa, al tempo della fondazione di VITA. Ero stato delegato dalle Acli a partecipare al Comitato editoriale che, fin dalle origini, ha accompagnato la nascita e lo sviluppo di VITA. Sembrava una “mission impossible”. Invece, quel seme gettato ha generato molte altre attività, trasmissioni, imprese giornalistiche che, ieri come oggi, raccontano ciò che per lungo tempo era rimasto nell’ombra, ai margini. Ricordo l’aprile del ’98, la Convention a Padova del Forum del Terzo settore. Come portavoce del Forum, lo avevo coinvolto nella preparazione della Convention. Mescolando generi diversi, e apparentemente estranei al racconto del Terzo settore, contribuì in modo decisivo a un appuntamento intenso e partecipato, tanto che l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, sorpreso e felice, si complimentò per aver dato voce al popolo della solidarietà.
Riccardo è stato un giornalista attento al quotidiano, alle notizie apparentemente minori, ma anche un capace di visione. Le linee guida della Riforma del Terzo settore, lanciate con un tweet notturno dal presidente del Consiglio Matteo Renzi nell’aprile del 2014, furono sottoposte alla sua scrupolosa e competente revisione. E, alla sede di Vita, di fronte al Comitato Editoriale, nel maggio del 2016, come sottosegretario al Lavoro con delega al Terzo settore, andai a presentare la legge delega dalla quale sarebbero poi scaturiti i provvedimenti successivi: dal Codice del Terzo settore, al Servizio civile universale, all nuova disciplina dell’Impresa sociale. Un seminatore che ha sempre largheggiato nello spandere la sua semente, sicuro che il seme buono avrebbe attecchito anche nei terreni apparentemente più ostili e impervi. Riccardo, oltre che un grande giornalista, è stato un una persona sempre impegnata sul piano civile. Storiche le sue battaglie alla guida di VITA per il 5 per 1000, per il Servizio civile universale e per una pace giusta in Ucraina.
Un uomo generoso mai preoccupato della sua carriera o della sua fama. Ha servito una causa senza riserve, senza sosta, senza scoraggiarsi.
Dietro tutto questo una persona di una fede autentica, genuina, inquieta. Mai esibita, ma sempre testimoniata nella vita quotidiana, come negli avvenimenti della grande storia.
Ma il ricordo più intenso è quello che ho vissuto quando sono stato a trovarlo in ospedale qualche mese orsono. Mi fece leggere un biglietto che gli aveva fatto pervenire un amico monaco. Era stata trascritta una frase di una poesia di Raymond Carver perché lo accompagnasse nella sua “dura traversata”: «E hai ottenuto quello che volevi da questa vita nonostante tutto? Sì. E cos’è che volevi? Potermi dire amato, sentirmi amato sulla terra». Sì, Riccardo ti abbiamo voluto bene, in tanti. E ora che sei «là dove non vi è più lutto e lamento», continua guardarci con affetto e ad accompagnarci con simpatia perché, come ci insegna S.Agostino, «quello che eravamo prima l’uno per l’altro, lo siamo ancora».
Foto: Vita.it