Volontariati al plurale: nuove forme di solidarietà tra aziende e comunità. Intervento di Luigi Bobba a Filantropea 2025

Come il volontariato di competenza sta trasformando i legami tra imprese, persone ed enti del terzo settore

Oltre 2.500 partecipanti, 21 relatrici e relatori e la presenza di centinaia di enti non profit, aziende, fondazioni e istituzioni hanno reso Philantropea – l’evento online organizzato da Italia non profit lo scorso 4 novembre – un momento centrale di riflessione sul valore del volontariato e sulle collaborazioni tra mondo delle imprese e Terzo Settore.

Dal volontariato ai volontariati

“Oggi è sempre più corretto parlare di volontariati al plurale: esistono infatti molteplici forme di impegno solidale”, ha esordito il presidente di Terzjus Luigi Bobba, concludendo un panel  a cui hanno partecipato aziende ed ETS.

Il volontariato tradizionale, come definito dal Codice del Terzo Settore, è un’attività spontanea, libera e gratuita. Il volontariato di impresa, invece, è una forma ibrida che nasce dentro le aziende e si basa sul valore delle competenze professionali messe a disposizione della comunità.

Come ricorda il presidente della Fondazione Terzjus Luigi Bobba nel suo intervento:  «Il termine competenza deriva dal latino cum-petere, cioè “tendere insieme verso la stessa meta”: un richiamo al senso profondo dell’impegno condiviso».

Un potenziale ancora da esprimere

Il volontariato non è marginale nel mondo produttivo. In Italia, un’impresa su tre con piu’ di 50 dipendenti sostiene o e’ intenzionata a sviluppare iniziative con finalità sociali. Tuttavia, solo il 9,2% degli enti non profit instaura partnership strutturate con le imprese.

«La difficoltà non è nella mancanza di volontà, ma nella mancanza di strumenti condivisi, di un linguaggio comune e di una cultura della progettazione partecipata», osserva Bobba. Il potenziale di collaborazione tra imprese ed enti ETS è dunque ampio, ma ancora parzialmente inespresso.

Il volontariato di competenza

Tra i diversi modelli, quello che si va pian piano affermando è il volontariato di competenza:
un approccio in cui i lavoratori donano tempo e capacità professionali, con il supporto organizzativo dell’azienda. Non si tratta di considerare le imprese come semplici finanziatori, ma di costruire relazioni basate su: competenze, conoscenze, strumenti operativi, reti territoriali.

Questo modello consente alle aziende di: rafforzare la coesione interna, favorire lo sviluppo  tra i propri collaboratori di soft skills, accrescere reputazione e impatto sociale, contribuire a consolidare il capitale sociale dei territori.

Il volontariato di competenza diventa così una pratica generativa, capace di trasformare le persone e le comunità che lo accolgono.

Progettare insieme

La parola chiave è co-progettazione: i progetti più efficaci sono quelli costruiti insieme fin dall’inizio, con obiettivi chiari, tempi condivisi e ruoli definiti.

«Se le iniziative non sono radicate nella cultura d’impresa e nella cultura degli ETS – avverte Bobba – questo volontariato ibrido rischia di deludere entrambe le parti».

Secondo i dati Unioncamere–Excelsior, il volontariato di competenza è in crescita: passa, tra il 2023 e il 2024, dal 5% al 9% delle imprese in Italia. In questo scenario si colloca la terza edizione del Premio Volontari@Work, aperta per la prima volta anche alle imprese con meno di 50 dipendenti, che sara’ lanciata il prossimo 4 dicembre.

Due modelli complementari

Durante l’evento sono stati richiamati due esempi premiati nella precedente edizione: il progetto “Introduction to Computer Basics”  di ST Foundation e Sesta Opera San Fedele. Un percorso triennale che offre ai detenuti del carcere di Bollate competenze digitali utili per il reinserimento sociale. E il progetto “Servizio parrucchieri” dell’Opera della Provvidenza Sant’Antonio. Parrucchieri volontari portano da oltre trent’anni cura, ascolto e dignità a persone fragili.

Due modelli diversi – uno formativo, l’altro relazionale – ma entrambi capaci di costruire capitale sociale, quel «capitale invisibile, ma oggi decisivo per la tenuta delle comunità», come sottolinea Bobba.

Verso un nuovo capitale sociale d’impresa

La sfida dei prossimi anni sarà comprendere come il volontariato di competenza trasformi le persone nel tempo. Molti volontari iniziano a impegnarsi in azienda, ma poi proseguono in autonomia nella vita privata.

È in questo passaggio – dal dentro al fuori – che il volontariato d’impresa mostra il suo valore più profondo: essere uno stimolo per attivarsi nella vita della comunita’.

«Per questo la Fondazione Terzjus – ha concluso Bobba – ha annunciato l’avvio di una ricerca nazionale dedicata proprio alle persone che nelle imprese sono state impegnate in iniziative  di volontariato  competenza, al fine di capire le loro motivazioni e che cosa hanno tratto da queste esperienze”

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