La regione Toscana ha approvato un recente provvedimento legislativo volto a sostenere e promuovere gli enti del Terzo settore toscano: si tratta di un primo intervento disciplinare di marca regionale successivo all’entrata in vigore del Codice del Terzo settore (d.lgs. 117/2017).
Appare, quindi, opportuno procedere attraverso un costante coordinamento tra la normativa toscana, che si prefigge di tutelare principi e valori di rango costituzionale e di perseguire obiettivi commendevoli, e l’impianto organico tracciato in sede statale dal Codice del Terzo settore. Della portata sistematica della codificazione nazionale è consapevole il legislatore regionale, il quale, tuttavia, rivendica la necessità di dotare la società toscana di un supporto disciplinare che favorisca “processi di strutturazione del volontariato individuale verso più adeguate forme solidaristiche organizzate” (v. Preambolo, comma 2).
Il tema del volontariato consente di scorgere delle peculiarità rispetto alla regolazione statale. Il legislatore toscano richiama e “riconosce” il valore fondamentale del volontariato, nonché della mutualità: queste ultime, per come risulta formulato l’art. 1, comma 4, raffigurerebbero una “forma originale e spontanea di adempimento dei doveri inderogabili all’interno della comunità”. Il legislatore regionale è, quindi, attento a discernere il volontariato organizzato da quello singolare, impegnandosi a promuovere la collaborazione tra quest’ultimo e gli enti collettivi che svolgono attività di volontariato: una specifica misura di sostegno e promozione del volontariato è costituita, infatti, dal consolidamento delle attività di volontariato a supporto degli enti pubblici locali, agevolando la strutturazione di una forma organizzata tra quelle racchiuse all’art 4 del Codice del Terzo settore (in questi sensi, v. art. 8, comma 3, l.r. 65/2020).
Il volontariato individuale non trova esplicita delineazione nel corpo normativo regionale: ciò favorisce il ricorso alla definizione resa all’art. 17, comma 2, del Codice del Terzo settore. Il legislatore statale ha voluto ricalcare la dimensione continuativa dell’agire del volontario, escludendo, ad esempio, che la qualifica di volontario possa essere estesa all’associato che occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle rispettive funzioni (v. art. 17, comma 6, del Codice del Terzo settore). Il volontario agisce in modo spontaneo e gratuito, senza fini di lucro e per libera scelta, realizzando un’attività che produce esternalità positive a livello sociale; l’azione del volontario non si esaurisce in gratuità contingente e isolata e, in tal senso, depone il mettere “a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità […] esclusivamente per fini di solidarietà”.
Il legislatore regionale prevede che gli enti pubblici territoriali possano avvalersi nelle materie di competenza regionale dell’attività di volontariato svolta individualmente e autonomamente mediante i caratteri della occasionalità, dell’accessorietà e della gratuità. Pur escludendo doverosamente ogni forma di retribuzione al volontario, tra cui i rimborsi spese di tipo forfetario, così come previsto dall’art. 17, comma 3, del Codice del Terzo settore, il legislatore sottopone ad una ibridazione il ruolo del volontario tracciato dalla codificazione nazionale, delineando una sorta di “volontario degli enti pubblici toscani”.
Come precisato dalla giurisprudenza contabile, l’occasionalità va declinata quale “attività eventuale, straordinaria e incoercibile, che sussiste anche se l’attività sia svolta in modo non discontinuo e saltuario, conforme a prestabiliti orari di lavoro e secondo modalità coordinate con l’attività di altri lavoratori”. Si tratta di un’accezione dell’occasionalità distinta da quella tipica lavoristica, con cui si designa l’attività lavorativa non abituale e sistematica, ovverosia non professionale (v. Corte dei Conti, Sez. Autonomie, 14 novembre 2017, n. 26). La nuova figura soggettiva dovrà operare, inoltre, in via accessoria: tale connotazione costituisce un argine al ricorso all’agire gratuito del volontario rispetto ad attività di lavoro dipendente o di collaborazioni contrattualmente retribuite. Si tratta di una prestazione addizionale e complementare – quindi non sostitutiva – rispetto a quelle erogate istituzionalmente dell’apparato amministrativo.
Gli enti territoriali, per potersi giovare dei volontari, debbono prevedere un apposito registro: ciò rafforza il convincimento della genesi del “volontario degli enti pubblici toscani”. L’iscrizione dei volontari non occasionali è doverosa per gli enti del Terzo settore, come recita l’art. 17, comma 1, del Codice del Terzo settore e ciò, sostanzialmente, legittima l’acquisizione dello status di volontario. Ciò consente di sostenere che l’iscrizione nel registro regionale apposito sia necessaria al fine di divenire un “volontario degli enti pubblici toscani”, ma, al contempo, non costituisce un limite all’autonomia privata del volontario che sarà libero di cancellarsi senza incorrere nel rischio di provvedimenti sanzionatori attivabili dall’ente territoriale di riferimento.
Le amministrazioni territoriali debbono, inoltre, preventivamente determinare le attività di interesse generale da svolgere, purché compatibili con i caratteri dell’attività di volontariato individuale. La delimitazione del perimetro oggettivo, e del canone di congruenza con l’attività del volontariato individuale, oltre ad escludere il c.d. “baratto amministrativo”, potrebbe rappresentare un criterio idoneo ad evitare prassi abusive nei rapporti tra soggetti privati mossi da fini solidaristici ed enti territoriali che intendano supplire a deficienze organiche e di bilancio e a carenze strutturali, ricavando un indebito arricchimento in termini di risparmio di costi diretti e indiretti. A garantire trasparenza e imparzialità concorre la previsione recata all’art. 8, comma 2, lett. c), della legge in rassegna, ai sensi della quale le amministrazioni procedenti hanno l’obbligo di prefissare, in modo non discriminatorio, i requisiti che i volontari debbono possedere in riferimento alle attività da svolgere, considerando la necessaria idoneità psico-fisica ed attitudinale.
A tutela dei volontari il legislatore ha prescritto l’obbligo per le amministrazioni coinvolte di vigilare sull’incolumità dei volontari individuali e di adottare ogni misura idonea a evitare pregiudizi personali e patrimoniali, oltre a comunicare costantemente ogni rischio legato all’attività in corso. Per gli enti locali sarà possibile stipulare, con oneri a loro carico, contratti di assicurazione per infortunio, malattia e responsabilità civile verso terzi a favore dei singoli volontari coinvolti, assicurando, di tal fatta, ai volontari individuali un trattamento non deteriore rispetto a quello previsto per i volontari delle organizzazioni di volontariato disciplinate dalla legge quadro 266/1991.