Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è stato chiamato a fornire chiarimenti circa l’organo deputato a nominare, ai sensi dell’art. 25 del d. lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (“Codice del Terzo settore”), il presidente nell’ambito degli enti del Terzo Settore (ETS). Si tratta, in particolare, di rispondere a tre – connesse, ma distinte – questioni.
La prima richiede un’indicazione specifica circa l’organo legittimato a nominare il Presidente negli ETS, prendendo atto della duplice tendenza emersa dall’analisi degli statuti delle associazioni: chi, per un verso, attribuisce la competenza della nomina all’assemblea e chi, per un altro, la riconosce in capo all’organo amministrativo.
La seconda questione s’incentra sulle fondazioni del Terzo settore, chiedendo, dapprima, se nell’ambito di tali enti, solitamente privi di un’assemblea, spetti all’organo di amministrazione di nominare quello di controllo e, poi, se una nomina siffatta possa comportare criticità nell’ipotesi di organo di amministrazione monocratico.
La terza questione, infine, riguarda l’obbligo o meno di qualificare nello statuto del singolo ETS la figura del presidente come “organo sociale” (con eventuale conseguente esclusione della previsione di cui all’art. 25 comma 1 lett. a), secondo cui la nomina degli organi sociali dev’essere rimessa all’assemblea).
Il Ministero coglie l’occasione per riaffermare – condivisibilmente – uno dei capisaldi dell’intera riforma del Terzo Settore: la centralità dei principi di democrazia, pari opportunità e uguaglianza degli associati nonché di elettività delle cariche sociali negli enti del Terzo Settore. In particolare, l’analisi – testuale e sistematica – della legge delega 6 giugno 2016, n. 106, del Codice del Terzo Settore (CTS) e della Costituzione sembra fornire, infatti, un’inequivoca chiave di lettura “democratica” delle possibili problematiche riguardanti la disciplina dell’ordinamento interno degli ETS. Già l’art. 4, c. 1, lett. d) della legge di delega 106/2016, nel tracciare i criteri direttivi per l’elaborazione del Codice del Terzo Settore, richiede(va), infatti, la definizione di “forme e modalità di organizzazione, amministrazione e controllo degli enti ispirate ai principi di democrazia, eguaglianza, pari opportunità, partecipazione degli associati e dei lavoratori”. Tali princìpi sono stati poi effettivamente recepiti dall’odierna disciplina del Codice del Terzo Settore, nell’ottica sempre di riconoscere e garantire, ai sensi dell’art. 2 e dell’art. 18 Cost., pluralismo sociale e libertà di associazione.
Al fine specifico di rispondere alla prima questione, riguardante, come si è detto, l’individuazione dell’organo legittimato a nominare il Presidente negli ETS, non è possibile tralasciare l’art. 21 CTS, laddove si prevede che siano gli statuti delle associazioni e delle fondazioni a definire, fra l’altro, “le norme sull’ordinamento, l’amministrazione e la rappresentanza dell’ente”.
Nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, è l’assemblea, ai sensi dell’art. 25, c. 1, lett. a) CTS, che “nomina e revoca i componenti degli organi sociali”, anche se, tanto nelle associazioni con più di cinquecento associati (art. 25, c. 2, CTS) quanto nelle reti associative (art. 41, c. 10, CTS), possono essere previste delle deroghe alla disposizione generale, nel rispetto dei principi di democraticità, pari opportunità ed eguaglianza nonché di elettività delle cariche sociali. Ne deriva, per un verso, la possibilità di prevedere nello statuto la nomina sia nelle forme dell’elezione diretta del presidente da parte dell’assemblea, sia nelle forme dell’elezione indiretta da parte di un organo diverso (per esempio, quello di amministrazione) precedentemente eletto da tutti gli associati e, per un altro, l’inevitabile violazione del dettato dell’art. 25, c. 1, lett. a) CTS (e del necessario primato assembleare) nel caso di clausole statutarie che – lungi dal configurare (secondo modalità dirette o indirette) un concorso di tutti gli associati alla nomina del presidente – riservano tale scelta ad una parte soltanto dei membri dell’ente, ad un soggetto esterno oppure ad un’estrazione a sorte. Emerge così la natura imperativa delle regole derivanti dai princìpi di democrazia, pari opportunità e uguaglianza degli associati, nonché di elettività delle cariche sociali, e l’assoluta centralità dell’organo assembleare nelle associazioni e nelle reti associative di ETS. In quest’ottica, si osserva, rimane sempre possibile per l’assemblea – anche nell’ipotesi di elezione indiretta (proprio perché quest’ultima rappresenta comunque un’espressione della volontà dell’organo assembleare) – revocare la nomina del presidente dell’ETS.
Le considerazioni finora svolte, nonché la chiave di lettura proposta, finiscono peraltro inevitabilmente per assorbire la terza questione sottoposta all’attenzione del Ministero: dall’analisi sistematica (delle norme del Codice del Terzo settore, della legge delega e della Costituzione) risulta chiaro, infatti, come l’aspetto centrale della disciplina sia rappresentato – anziché dall’obbligo o meno di qualificare la figura del Presidente come “organo sociale” (facendo così eventualmente scattare la competenza dell’assemblea ai sensi dell’art. 25, c. 1, lett. a) CTS) – dalla necessità di rispettare sempre i principi di democraticità, pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettività delle cariche sociali, nonché dall’esigenza di rispettare sempre – nelle forme dirette o indirette – il primato dell’organo assembleare nelle associazioni e nelle reti associative del Terzo Settore.
Anche la seconda questione, riguardante la nomina dell’organo di controllo nelle fondazioni del Terzo settore, consente di richiamare, almeno in parte, l’applicabilità delle disposizioni sulle materie di competenza dell’assemblea. In particolare, ai sensi dell’art. 25 (c. 3) CTS, si riscontra la possibilità per le fondazioni del Terzo settore di attribuire statutariamente all’organo assembleare o d’indirizzo (comunque denominato) la competenza, fra l’altro, a nominare (e revocare) i componenti dell’organo di controllo “nei limiti in cui ciò sia compatibile con la natura dell’ente quale fondazione e nel rispetto della volontà del fondatore”. Più in generale, l’art. 30 CTS prevede, come noto, la nomina dell’organo di controllo senza individuare il soggetto legittimato (interno o esterno all’ETS): s’intende così rispettare al massimo le peculiarità dell’istituto fondazionale ed evitare, predisponendo magari regole generali applicabili ad ogni circostanza, di ledere la volontà del fondatore.
Non appare poi decisiva, con riferimento all’eventualità che spetti ad un amministratore monocratico la nomina dell’organo di controllo, l’argomentazione ministeriale secondo cui “sembrerebbe […] un’ipotesi “di scuola”, in concreto abbastanza irrealistica, considerato che in tal caso l’organo di amministrazione sarebbe chiamato a nominare il proprio controllore”. Il rischio – seppur abbastanza limitato – può, infatti, verificarsi, dando vita, perlomeno in astratto, ad una situazione foriera di problematiche di non poco momento per l’intero sistema di amministrazione e controllo. Decisamente più convincente, nell’intento di dissuadere da condotte abusive, risulta pertanto non solo il riferimento – presente anche nell’art. 30, c. 5, CTS – all’art. 2399 c.c. (dedicato, come noto, alle cause d’ineleggibilità e di decadenza dell’organo di controllo), ma soprattutto quello alla disciplina della responsabilità dell’organo di controllo, che, a prescindere dalle modalità di nomina, può scattare nei confronti dell’ente, dei fondatori e, più genericamente, dei soggetti terzi (v. art. 28 CTS, laddove si richiama, fra l’altro, il regime di responsabilità dei sindaci ex art. 2407 c.c.). Infine, si osserva, un ulteriore (e peculiare) ruolo di tutela del patrimonio e della volontà dei fondatori – già previsto, dalla disciplina generale del codice civile, in capo all’autorità governativa (v. artt. 25, 26 e 28 c.c.) – è specificamente riconosciuto, nell’ambito delle fondazioni del Terzo Settore, all’Ufficio del RUNTS (art. 90 CTS).