Verso una raccomandazione del Consiglio Europeo sull’Economia Sociale

  • Lieto di ritrovare qui oggi molti amici, tra cui in particolare il Commissario Nicolas Schmit, col quale
    ho iniziato a collaborare strettamente sin dalla Conferenza di Roma del novembre 2014, nel quadro
    del Semestre di Presidenza italiana dell’UE, dove fu adottata una “Strategia di Roma” volta a favorire
    lo sviluppo del potenziale dell’Economia sociale (ES) nell’ambito della crescita europea. Tra i diversi
    punti di quella dichiarazione, ricordo la necessità di definire a livello europeo chiari parametri e linee
    guida comuni per l’implementazione della nuova direttiva sugli appalti pubblici a livello nazionale e
    locale e la necessità di espandere il modello di partnership tra soggetti dell’Economia Sociale e della pubblica
    amministrazione, nell’ottica della sussidiarietà,del co-design e della co-produzione, riconoscendo e
    valorizzando le specificità dei soggetti dell’ES.
    Saluto anche con piacere il Presidente di Social
    Economy EU
    , Juan Antonio Pedreno che incoraggia una forte azione di sviluppo dell’ES nel suo
    Paese,la Spagna. E un caro saluto a Patrizia Toia, vicepresidente dell’Intergruppo del PE per
    l’economia sociale,, da tanti anni impegnata nel sostegno e nel riconoscimento degli enti del terzo
    settore.
  • In continuità con questo processo e per impulso dell’allora Ministro del Lavoro del Lussemburgo
    Nicolas Schmit, il 4 dicembre 2015 fu adottata e sottoscritta da sette governi la “Dichiarazione di
    Lussemburgo”, dichiarazione che io stesso firmai per il Governo italiano
    , con la quale si intese fissare
    un comune impegno per una roadmap nella creazione di un ecosistema delle imprese dell’ES. Pur
    riconoscendo la grande diversità delle forme dell’ES nei diversi paesi, si evocava con chiarezza
    l’urgenza di definire un necessario approccio comune.
  • Pochi giorni dopo, il 7 dicembre 2015, per iniziativa della Presidenza Lux dell’UE, il Consiglio
    europeo adottava per la prima volta le Conclusioni del Consiglio per la promozione dell’Economia
    Sociale
    quale vettore essenziale dello sviluppo economico e sociale dell’UE.
    Un testo rilevante, che incorporava riferimenti e raccomandazioni di diverse istituzioni europee
    (Presidenza ITA e LUX, Commissione europea, Risoluzione del PE, Dichiarazione di Strasburgo –
    evento CESE/CE/PE, Dichiarazione di Milano del CESE) e che, nel pieno rispetto del principio di
    sussidiarietà invitava gli Stati membri ad intraprendere una serie molto articolata di azioni nel campo
    regolamentare e per il riconoscimento e il rafforzamento dell’ecosistema dell’innovazione sociale.
    Il lavoro preparatorio verso una futura nuova Raccomandazione del Consiglio sull’Economia sociale
    dovrebbe fare riferimento a questa importante prima conclusione, sia per uno stato dell’arte rispetto
    ai passi avanti compiuti rispetto a quelle raccomandazioni, sia per sviluppare punti più specifici,
    anche alla luce delle successive evoluzioni.
  • Molto cammino è stato fatto da allora e ciò che è stato a lungo evocato come una necessità da più
    parti, grazie alla promessa mantenuta del Commissario Schmit ,ha trovato una sua consistente
    concretezza lo scorso 9 dicembre, con l’adozione da parte della CE del Piano di Azione per
    l’Economia sociale
    . Un documento che come Terzjus abbiamo definito una vera svolta, per tre
    ragioni:
  • per il suo approccio sistemico in termini di rafforzamento complessivo dell’ecosistema dell’ES;
  • per la spinta decisiva affinché l’Economia Sociale diventi cardine strutturale delle diverse transizioni in atto, e
    dunque non resti confinata in un’ area di riserva , semplice complemento delle politiche sociali;
  • per la volontà di accompagnare le diverse organizzazioni a raccogliere le nuove sfide sul piano
    organizzativo, imprenditivo e formativo.
    Sono certo che l’azione della CE sarà molto determinata nel far sì che l’insieme delle misure previste
    da questo piano non restino sulla carta, ma generino davvero i risultati attesi.
  • Il quadro politico e giuridico è fondamentale per creare il contesto idoneo per il successo
    dell’Economia Sociale
    . Rientrano in questo ambito la fiscalità, gli appalti pubblici e la disciplina degli
    aiuti di Stato, che devono essere adattati alle esigenze dell’economia sociale.
    Per affrontare questi aspetti, nel 2023 la Commissione proporrà una Raccomandazione del Consiglio
    sullo sviluppo delle condizioni quadro dell’economia sociale. Pubblicherà altresì Orientamenti per gli
    Stati membri sui quadri fiscali per le organizzazioni dell’economia sociale in modo da coordinarli con
    la materia degli aiuti di Stato E’ un orizzonte decisivo e tutti dovremmo contribuire affinche’ si
    raggiungano punti di consenso avanzati e non qualche semplice punto mediano e marginale.
  • Terzjus, l’Osservatorio italiano di diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale,
    aveva partecipato alla consultazione europea per il Piano, la scorsa primavera, con un contributo
    principalmente focalizzato su due questioni di fondo, che ancora oggi risultano particolarmente
    carenti e al tempo stesso urgenti e necessarie, al fine di garantire la costruzione di un ecosistema
    adeguato e forte per lo sviluppo futuro di queste organizzazioni e del loro potenziale.
    (https://terzjus.it/articoli/contributo-di-terzjus-alla-consultazione-della-ce-per-il-piano-dazio
    ne-ue-e-per-leconomia-sociale-paes/)
    In primo luogo, l’individuazione un più preciso perimetro concettuale, che consenta una definizione
    giuridica più comune e piu’ solida. Negli ultimi anni vi è stata senza dubbio una consistente
    evoluzione sul fronte delle legislazioni nazionali o di altri livelli di regolamentazione e piani d’azione,
    ma manca un quadro di coerenza e omogeneità a livello europeo. Anzi, si potrebbe dire che, proprio
    la moltiplicazione di tante legislazioni nazionali e/o di regolazioni connesse alle diverse misure
    introdotte, ha reso ancor più complessa e variegata la situazione. Come dice la stessa OCSE nel 2020:
    “La diversità delle definizioni e delle basi legali, come la diversità dei metodi di raccolta dei dati sul
    settore, rende difficile la comparazione tra paesi del peso e del contributo reale all’economia sociale,
    che dunque non è adeguatamente riflesso nel PIL di ogni paese”
    Per questa ragione Terzjus ha formulato due proposte:
    ** un lavoro di sistematica analisi e comparazione di tutte le legislazioni e quadri normativi esistenti
    nell’ambito dell’Unione Europea e dei 27 paesi membri
    , condivisa da tutti gli attori pubblici e privati
    interessati, che permetta di evidenziare i punti di convergenza e quelli di dissonanza e
    differenziazione, al fine di mettere le basi di un possibile processo di coordinamento e
    armonizzazione generale a livello europeo, che divenga la base comune di riferimento per ogni azione
    o politica stabilita a livello dell’Unione e funga anche da benchmark, sia per le amministrazioni statali
    e regionali, che per il dialogo in sede internazionale e la costruzione di politiche a quel livello (OCSE,
    ILO, Banca Mondiale, altri).
    ** uno strumento più puntuale, che possa perlomeno permettere di semplificare il carico
    amministrativo legato all’accesso alle diverse misure di finanziamento europee
    . Vale a dire,
    sviluppare la proposta già avanzata dal PE nel 2018 di introdurre una etichetta/certificazione per le
    organizzazioni dell’economia sociale, basata sull’art 50 TFUE (adozione di direttive per realizzare la
    libertà di stabilimento di determinate attività), esplorando anche la possibilità di riferirsi all’art 14
    TFUE sui servizi di interesse economico generale.
  • In secondo luogo, avevamo richiamato l’urgenza, che era già contenuta nella Dichiarazione di Roma
    del 17-18 novembre 2014, di addivenire alla creazione di un sistema condiviso di misurazione
    dell’impatto sociale, che sia poi applicato universalmente
    . Fu già creato nel 2012 un gruppo di lavoro
    europeo nell’ambito del GECES , che produsse una articolata proposta nel 2014, legata a due
    particolari misure finanziarie della UE, che prevedevano la misurazione di impatto. Purtroppo quel
    lavoro non ha avuto seguito. Ma questa esigenza sta crescendo in modo esteso ovunque, basta
    guardare ai testi dei riferimenti specifici all’economia sociale in oltre 20 diverse politiche europee solo
    nel 2020. Oppure alla legge italiana del 2016 sul Terzo settore. Oppure semplicemente osservare che
    l’intero impianto dei Piani nazionali di ripresa e resilienza legati al Next Generation EU (per 750
    miliardi di Euro complessivi, da spendersi entro pochi anni) è legato a precisi obblighi di
    rendicontazione semestrale basata sulla misurazione di impatto.
    E’ necessario ripartire dalle conclusioni del lavoro del GECES e giungere ad un sistema semplice,
    condiviso e largamente adottato.
    Ma anche di riflettere sulle interconnessioni sempre maggiori con
    l’agenda per lo sviluppo sostenibile e con l’evoluzione della market economy e il mondo della finanza
    in particolare.
  • E’ chiaro a tutti che la strada da fare è ancora lunga. Ma questo seminario ha colto un’esigenza
    importante e diffusa e puo’ contribuire in modo efficace affinché la Raccomandazione del Consiglio
    europeo del 2023 sciolga definitivamente i nodi qui richiamati e liberi tutto il potenziale dell’ES.
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