Dal 1° gennaio 2026 cambia il futuro delle imprese sociali: un nuovo regime fiscale riconosce il loro valore sociale

Dal 1° gennaio 2026, le imprese sociali italiane entreranno in una nuova era grazie a un regime fiscale dedicato e innovativo, pensato per valorizzarne il ruolo e sostenere la loro crescita. La novità nasce dalla Comfort letter della Commissione Europea, rilasciata lo scorso marzo, e segna un passo importante per il terzo settore, riconoscendo per la prima volta un trattamento fiscale specifico alle imprese sociali.

[intervista di Maria Carla De Cesari a Gabriele Sepio  “Il tema di Studio” sul canale YouTube Il Sole 24 Ore]

Un regime fiscale ad hoc per l’economia sociale

Fino ad oggi, le imprese sociali si sono trovate spesso a dover gestire limiti significativi, in particolare il divieto di distribuzione degli utili e le difficoltà legate alle peculiarità della loro attività. La nuova normativa, introdotta dall’articolo 18 del decreto legislativo 112 del 2017 e rafforzata dal DL 84/2025, cambia radicalmente questo scenario.

Il principio fondamentale è la non imponibilità fiscale degli utili e degli avanzi di gestione che vengono accantonati a riserva o destinati allo svolgimento di attività di interesse generale o all’incremento del patrimonio. Questo significa che tali utili non concorrono più a formare il reddito imponibile, a patto che siano effettivamente reinvestiti in attività di interesse generale, rafforzando così il valore sociale e solidaristico delle imprese sociali.

Imprese sociali protagoniste dell’economia sociale

Le imprese sociali rappresentano ormai una quota significativa del terzo settore: prima della riforma erano poco più del 2,5% del totale, mentre oggi arrivano quasi al 25%, un’impresa su quattro. Questo indica un interesse crescente da parte di operatori e professionisti verso questa forma di impresa, che si conferma come motore di sviluppo dell’economia sociale accanto alla cooperazione.

Le novità fiscali previste dal decreto

  • Non imponibilità fiscale degli utili reinvestiti: Gli utili destinati alle attività istituzionali o a incremento patrimoniale non sono soggetti a tassazione.
  • Possibilità di utilizzare gli utili per coprire le perdite: Senza perdere la defiscalizzazione, è possibile coprire eventuali perdite con gli utili accantonati.
  • Tassazione solo sugli utili effettivamente distribuiti: La distribuzione di utili resta limitata e tassata solo nella quota destinata ai soci.
  • Agevolazioni per investitori in startup sociali: Individui e società che investono in imprese sociali startup possono beneficiare di detrazioni fiscali del 30% sull’investimento, con massimali e condizioni specifiche, a patto che l’investimento venga mantenuto per almeno 5 anni.

Un sistema fiscale stabile e dedicato al terzo settore

Per la prima volta, il terzo settore potrà contare su un sistema fiscale stabile e dedicato, non più basato su incentivi temporanei o norme deroga, ma su un meccanismo di pianificazione fiscale strutturato. Questa riforma rappresenta un’occasione fondamentale per far crescere modelli imprenditoriali capaci di coniugare impresa e finalità sociali.

Le imprese sociali possono assumere forme giuridiche diverse — da associazioni e fondazioni a società — e sebbene alcune misure fiscali siano limitate in base alla forma giuridica, l’inclusione nel registro unico del terzo settore conferma l’importanza di questo strumento.

Il futuro delle imprese sociali è ora

Con queste misure, il legislatore italiano, in dialogo costante con la Commissione Europea, dà un chiaro segnale di valorizzazione delle imprese sociali come attori chiave per lo sviluppo sostenibile e inclusivo dell’economia.

Per approfondire queste novità, puoi vedere la puntata de “Il tema di Studio” con l’avvocato Gabriele Sepio e Maria Carla De Cesari sul canale YouTube Il Sole 24 Ore.

A settembre, inoltre, si continuerà a discutere di queste tematiche nelle #pilloledelnonprofit per accompagnare il terzo settore verso un futuro più stabile e riconosciuto.

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