Chi controlla le modifiche statutarie di una fondazione intenzionata a diventare ETS? Su un discutibile parere del Consiglio di Stato

Si annota in chiave critica un parere reso dai Giudici di Palazzo Spada, secondo i quali, in certi casi, non basta che la delibera di adeguamento dello statuto al CTS di una Fondazione intenzionata ad iscriversi al RUNTS sia sottoposta al vaglio di Notaio e Ufficio del Registro del Terzo settore, ex art. 22, CTS, ma ne occorre altresì la preventiva approvazione da parte della competente autorità di Governo in base al d.P.R. n. 361/2000.    

La Sezione prima del Consiglio di Stato è chiamata – in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato – a esprimere una serie di pareri (inerenti a una fattispecie sostanziale piuttosto articolata), di cui quello di maggior interesse – e perciò il solo oggetto del presente commento – concerne l’individuazione dell’Autorità (Prefettura o Regione oppure notaio e Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore, d’ora in poi RUNTS) competente a vigilare e controllare, in base all’art. 25, Codice civ., una fondazione già annoverata nel Registro delle persone giuridiche contemplato dal d.P.R. n. 361/2000, durante il periodo di consumazione del procedimento finalizzato ad ottenere l’iscrizione dell’ente, con personalità giuridica, nel nuovo Registro di settore, nonché, soprattutto, la necessità della preventiva approvazione prefettizia – fissata dall’art. 2, comma 1, d.P.R. n. 361/2000 – della delibera contenente le modifiche volte a conformare lo statuto della stessa fondazione al d. lgs. n. 117 del 2017 (Codice del Terzo settore, d’ora il poi, il Codice o CTS).

Infatti, il Prefetto di Pistoia aveva disposto l’annullamento della delibera assunta dal consiglio di amministrazione della fondazione «Marino Marini» allo scopo di modificare lo statuto per adeguarlo alle regole del Terzo settore e, quindi, per iscrivere l’ente al RUNTS «ai sensi e per gli effetti del Codice e del decreto direttoriale del 26 ottobre 2021, n. 561», in ragione: «(a) dello scarso preavviso della convocazione del CdA e della genericità dell’oggetto della deliberazione; (b) del contrasto delle modifiche, incidenti su profili tanto organizzativi – con estromissione dei componenti di diritto del CdA indicati nell’atto costitutivo della Fondazione […], soggetti pubblici qualificati espressione del territorio, e previsione della nomina (a vita) della maggioranza dei componenti da parte di un “comitato dei garanti”, di nuova istituzione, composto da familiari dei coniugi Marini – quanto relativi agli scopi istituzionali (sotto questo ultimo profilo rileva, in particolare, l’espunzione del riferimento al museo “Marino Marini” di Pistoia), con la volontà della fondatrice; (c) della mancata acquisizione del parere del Ministero della cultura ai sensi dell’art. 1, co. 1 del d.P.R. n. 361 del 2000 e del D.M. 7 maggio 2022».

Il Consiglio di Stato scioglie il nodo gordiano nel modo seguente: fintantoché la fondazione non è iscritta al RUNTS ex art. 22, comma 1–bis, CTS – sussistendone nel frattempo l’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche – non solo la Prefettura mantiene i poteri ex art. 25, Codice civ., ma le prerogative prefettizie si estendono pure alla preventiva approvazione delle modifiche necessarie per l’adeguamento dello statuto al CTS, in base al richiamato art. 2, comma 1, d.P.R. n. 361/2000, nei termini che seguono. 

In particolare, secondo i Giudici di palazzo Spada, se è vero che l’art. 22, comma 2, CTS, affida al notaio (e non alla Prefettura) il compito di verificare la «sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la costituzione dell’ente, e in particolare dalle disposizioni del presente Codice con riferimento alla sua natura di ente del Terzo settore, nonché del patrimonio minimo di cui al comma 4», non è meno vero che il controllo notarile si appunta «unicamente sulla verifica della compatibilità dello statuto, come modificato, con le disposizioni del Codice che definiscono le caratteristiche degli enti del terzo settore», mentre – diversamente da quanto sostenuto dalla fondazione ricorrente – il controllo del Pubblico ufficiale non riguarda la volontà del fondatore. 

In tal misura perimetrato l’oggetto dello scrutinio notarile, ne consegue che, per il resto, durante il dipanarsi del segmento procedimentale prodromico all’iscrizione dell’ente al RUNTS, perdura la vigilanza prefettizia di legittimità, tanto più in assenza di una disposizione volta a sancirne l’esclusione.

Né il Giudice amministrativo dà credito all’opposta conclusione del ricorrente che fa appello sui contenuti della circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 21/04/2022, n. 9, là dove essa statuisce che «[l]a medesima limitazione ai poteri istruttori dell’Ufficio del RUNTS appena illustrata con riferimento all’iscrizione degli enti ex art. 22, Codice, deve ritenersi operante nel caso di modifiche allo statuto di un ente già iscritto. In tale ambito, l’articolo 22, comma 6, subordinata l’efficacia delle modificazioni dell’atto costitutivo e dello statuto (che devono risultare da atto pubblico) all’iscrizione (ovvero pubblicazione) nel RUNTS, richiama quanto alle procedure, i commi 2 e 3 del medesimo articolo. Anche in questo caso spetterà al notaio espletare il già richiamato controllo di legalità sulle modifiche in parola, che, nel caso di una fondazione, riguarderà anche il rispetto della volontà del fondatore».

Per il Consiglio di Stato, il provvedimento ministeriale – comunque, non vincolante né per l’Amministrazione né per il Giudice – si limita a estendere il controllo notarile alla volontà del fondatore soltanto quando le modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto toccano enti già iscritti nel RUNTS: a contrario, fintantoché l’ente non è iscritto nel nuovo strumento pubblicitario, vale, dunque, il principio secondo cui i relativi poteri di vigilanza restano in capo all’Autorità di Governo ovvero alla Regione. 

D’altra parte, stando sempre all’opinione dei Giudici amministrativi, il provvedimento ministeriale non avrebbe potuto disporre in maniera diversa poiché la stessa formulazione testuale dell’art. 22, comma 1–bis, CTS, nella misura in cui dispone la sospensione di efficacia dell’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche (solo) a partire dal momento dell’iscrizione dell’ente nel RUNTS, fa presupporre il permanere delle potestà prefettizie in materia finchè la fondazione non abbia conseguito l’iscrizione al RUNTS.

Del resto, a ulteriore riprova di ciò, nella vicenda in esame, l’Ufficio regionale del RUNTS – una volta esaurita la verifica inerente alla regolarità formale della documentazione depositata dal notaio rogante,  prevista dall’art. 22, comma 2, CTS – aveva decretato il rigetto dell’istanza di iscrizione al RUNTS della fondazione interessata poiché era venuto meno il presupposto fondante la richiesta, cioè la delibera consiliare di approvazione delle modifiche volte ad adeguarne lo statuto allo stesso Codice, perché appunto «colpita» dall’annullamento prefettizio.

In questo scenario, il Consiglio di Stato – come si è detto – afferma il principio secondo cui, nelle more del procedimento d’iscrizione al RUNTS in base all’art. 22, CTS – e sino al perfezionamento dell’adempimento – una fondazione già annoverata nel Registro delle persone giuridiche rimane sottoposta all’esercizio dei poteri prefettizi di vigilanza previsti dall’art. 25, Codice civ., inclusa (in difetto di una previsione che lo escluda) la prerogativa contemplata dall’art. 2, comma 1, d.P.R. n. 361/2000, almeno con riguardo a quelle modifiche che toccano la volontà del fondatore (ma verrebbe da aggiungere quando le modifiche incidono sullo scopo) oppure che, comunque, non appaiono strettamente necessarie ai fini dell’assunzione della qualifica di ETS e/o del «trasferimento» della personalità giuridica nel RUNTS.  

Ebbene, da una parte, il parere del Consiglio di Stato rappresenta una conferma aggiuntiva del fatto che lo statuto di una fondazione non è più da considerarsi immutabile – come testimonia il precetto dell’art. 2, comma 3, d.P.R. n. 361/2000 (norma che, infatti, più di ogni altra è valsa a «scardinare» la tradizionale soluzione contraria) – benchè sia dibattuta l’effettiva estensione dell’area della modificabilità (in genere, si ritiene che la variazione non possa riguardare il fine consacrato nelle tavole fondative, ma soltanto le regole attinenti alla struttura organizzativa dell’ente, purchè, appunto, non sia pregiudicato lo scopo programmato: le modifiche, dunque, dovranno essere coerenti con la migliore realizzazione dell’elemento teleologico, valorizzando, in tal modo, il nesso di strumentalità della modifica con i fini dell’ente).  

Dall’altra parte, però, va subito detto che la decisione del Consiglio di Stato non si presenta come del tutto appagante poiché sembra mischiare profili diversi che non dovrebbero invece essere sovrapposti o confusi: infatti, una cosa sono i poteri di sorveglianza e controllo assegnati dall’art. 25, Codice civ., alla Prefettura (o alla Regione ovvero alla Provincia autonoma, se nel caso competenti), esercitabili nel corso della «vita» della fondazione; altra cosa è riconoscere il potere di preventiva approvazione dell’atto costitutivo e delle modificazioni statutarie, con i medesimi modalità e termini previsti per l’acquisto della personalità giuridica, sancito in via espressa dalla diversa previsione dell’art. 2, comma 1, d.P.R. n. 361/2000. 

Infatti, se, quanto ai poteri esercitabili in itinere in base all’art. 25, Codice civ. – che, in virtù del dato normativo, possono finanche condurre all’annullamento delle deliberazioni assunte dagli amministratori di una fondazione, quando, uditi gli ultimi, le prime siano contrarie a norme imperative, all’atto fondativo, all’ordine pubblico e al buon costume – appare condivisibile sostenerne la permanenza in capo ai tutori del Registro previsto dal d.P.R. n. 361/2000 sinché la persona giuridica non abbia effettivamente conseguito l’iscrizione al Registro del Terzo settore, non sembra altrettanto persuasivo l’assunto secondo cui le modificazioni dello statuto e dell’atto costitutivo finalizzate all’iscrizione dell’ente fondazionale nel nuovo Registro debbano sottostare alla preventiva approvazione della Prefettura, in base all’art. 2, comma 1, d.P.R. n. 361/2000, anche là dove incidano sulla volontà del fondatore, peculiarmente quanto allo scopo, ovvero esulino (in parte) dall’adeguamento alle condizioni richieste dalla legge per l’assunzione della qualifica di ETS. 

A differenza di quanto affermato dal Consiglio di Stato, a parere di chi scrive – ma senza vantare merito alcuno, poiché tale è il pensiero della migliore dottrina sull’aspetto in analisi – l’unico «regista» dell’operazione è, infatti, il notaio, il quale opera in deroga al d.P.R. n. 361/2000, e, di conseguenza, anche all’art. 2, comma 1, del medesimo provvedimento.

Del resto, l’inapplicabilità alla fattispecie del precetto del 2000, si ricava banalmente dall’esordio dell’art. 22, comma 1–bis, Codice, là dove esso prevede che «le associazioni e fondazioni del Terzo settore già in possesso della personalità giuridica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361» ottengono l’iscrizione nel RUNTS «ai sensi delle disposizioni del presente articolo e nel rispetto dei requisiti ivi indicati», ossia in deroga «al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361», come dispone il primo comma dell’art. 22 (cui, appunto, lo stesso comma 1- bis rinvia). 

A tutto concedere, la soluzione incentrata sulla necessità della previa approvazione della delibera di adeguamento al CTS da parte dell’Autorità di Governo sarebbe stata condivisibile prima dell’inizio dell’operatività del nuovo Registro, ma non può essere considerata tale a RUNTS «funzionante», proprio perché l’innovativo procedimento contemplato dall’art. 22, CTS, ponendo una deroga al «diritto comune», apre al monopolio dell’attività notarile. 

Ne deriva che, una volta «ricevuto» l’atto costitutivo di un’associazione o di una fondazione del Terzo settore (oppure la pubblicazione di un testamento con il quale si dispone una fondazione del Terzo settore) ovvero la delibera di adeguamento (nel caso di enti già costituiti come persone giuridiche in base al d.P.R. n. 361/2000), il notaio sarà tenuto ad appurare, in primo luogo, la sussistenza delle condizioni minime previste dalla legge per la costituzione dell’ente, nonchè, in particolare, il rispetto delle disposizioni del CTS concernenti la «natura» di ETS e la presenza del  patrimonio minimo previsto dall’art. 22, comma 4, CTS. Allo stesso tempo, il notaio sarà tenuto a controllare pure il rispetto della volontà del fondatore, tanto con riferimento alle modifiche statutarie di fondazioni già in possesso della qualifica di ETS, quanto con riferimento a modifiche statutarie preordinate all’iscrizione di una fondazione al RUNTS.  

Se la verifica ha esito positivo, lo stesso Notaio, entro venti giorni, deve depositare l’atto, con i relativi allegati, presso il competente Ufficio del RUNTS, richiedendo l’iscrizione dell’ente (mentre, a maggior riprova di quanto si è sostenuto in precedenza, la norma del Terzo settore non prevede la trasmissione delle modifiche statutarie ai tutori del Registro delle persone giuridiche ai fini dell’approvazione prevista dall’art. 2, d.P.R. n. 361/2000).

A tal punto, all’Ufficio destinatario del deposito spetta, invece, in base all’artt. 22, comma 2, ult. alinea, CTS, e 16, comma 3, d.m. n. 106/2020, verificare «la regolarità formale della documentazione»  – ovvero, tra l’altro, la completezza e correttezza dell’istanza, riguardanti, ad esempio, la presenza delle informazioni e degli atti previsti dal d.m. n. 106/2020 – e, qualora il check sia positivo, iscrivere l’ente al RUNTS.

In buona sostanza, le disposizioni richiamate sembrano sancire non soltanto che associazioni e fondazioni già iscritte nei Registri delle persone giuridiche accedono al RUNTS solo qualora «trasferiscano» in maniera contemporanea la propria personalità giuridica dai primi al secondo, ma, soprattutto, che la gestione del «trasloco» appartiene all’esclusiva competenza del notaio, salva l’indicato intervento degli Uffici del RUNTS. 

Ora è poi vero che, benchè disegnata sulla carta in maniera assai nitida, in certi casi, la linea di confine del rapporto tra controllo notarile e controllo puramente documentale del RUNTS potrebbe sfumare, come nell’ipotesi in cui l’Ufficio si trovi a fronteggiare casi estremi di irregolarità, tali da configurare l’inesistenza dell’atto, ovvero quando siano chiaramente assenti uno o più elementi essenziali necessari per l’acquisizione della qualifica di ETS (si pensi, a titolo esemplificativo, all’iscrizione riguardante una pubblica Amministrazione – ente privo di natura privata – oppure relativa a un ente di tipo societario od ancora a una organizzazione in radice non qualificabile come «ente» in senso tecnico, nonché all’omessa indicazione delle finalità o dell’oggetto). 

È invece del tutto incontroversa la piena competenza istruttoria dell’ufficio del RUNTS quando ricorra la fattispecie governata dagli artt. 22, comma 3, Codice, e 19, d.m. n. 106/2020, ossia il caso in cui il Notaio, pur avendo ricevuto l’atto, si astenga dal domandarne l’iscrizione all’Ufficio del RUNTS a causa del verificato difetto della sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l’assunzione della qualifica di ETS e/o il contemporaneo «trasferimento» della personalità giuridica. Nell’ipotesi considerata, il Pubblico ufficiale sarà tenuto a darne comunicazione motivata e tempestiva (comunque non oltre il termine di trenta giorni) ai fondatori o agli amministratori dell’ente; costoro (o, in mancanza, ciascun associato), nei trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione notarile, saranno facoltizzati a domandare all’ufficio del RUNTS competente di disporre comunque l’iscrizione; qualora entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda l’Ufficio non comunichi ai richiedenti il motivato diniego, ovvero non chieda di integrare la documentazione o non provveda all’iscrizione, questa si intenderà negata. 

Infine, potrebbe anche darsi il caso in cui il notaio chiamato a ricevere la delibera di adeguamento dello statuto al CTS si debba astenere tout court dal farlo e ciò qualora il provvedimento mostri evidenti profili di assoluta illiceità o invalidità, ad esempio quando l’atto costitutivo sia del tutto carente dei requisiti (minimi) previsti dal codice civile, pena l’esporsi, in primo luogo, a conseguenze sul piano disciplinare.

Ebbene, a tutto concedere, in questi casi, si potrebbe ipotizzare che, là dove il notaio si determini comunque a ricevere la delibera illegittima (perché, ad esempio, contenente altresì modifiche all’evidenza contrarie allo scopo delineato dalle tavole fondative), l’Ufficio del RUNTS oltre a doverne rifiutare l’iscrizione in sede di verifica della regolarità formale della documentazione, sia pure facoltizzato – alla stregua di qualsiasi terzo, ma altresì in virtù del principio di collaborazione tra Pubbliche amministrazioni – a farne oggetto di apposita segnalazione all’autorità di Governo, affinché l’ultima sia messa in grado di esercitare i poteri stabiliti dall’art. 25, Codice civ., compreso quello caducatorio.

E, forse, proprio quest’ultima sarebbe stata la strada da seguire nella fattispecie oggetto di esame.  

Nondimeno, pure nel caso considerato – e a differenza di quanto sostenuto dal Consiglio di Stato – l’eventuale invalidazione della delibera di adeguamento statutario alle norme del Terzo settore potrebbe consumarsi (solo) in base all’art. 25, Codice civ., dunque ex post, e non certo in virtù del difetto di approvazione ex ante da parte dell’autorità di Governo in base all’art. 2, comma 1, d.P.R. n. 361/2000, norma – si ripete ancora una volta – che nell’ipotesi in oggetto non ha la capacità di operare, perché derogata dal combinato disposto dei commi 1 e 1–bis dell’art. 22, CTS.  

Insomma, al netto della specifica complessità della fattispecie sottoposta all’esame dei Giudici amministrativi, appare opportuno distinguere i due profili, pena l’innesco di cortocircuiti procedimentali che non giovano alla speditezza e alla certezza dei procedimenti di iscrizione al RUNTS degli enti fondazionali già presenti nei Registri contemplati dal d.P.R. n. 361/2000 e che, in aggiunta, contrastano con la evidente volontà legislativa di agevolare gli ETS attraverso le previsioni dell’art. 22, CTS, anch’esse ispirate a una logica premiale. 

Infine, una volta conseguita l’iscrizione nel RUNTS, è incontestato il dato della sottoposizione dell’ente interessato alle sole previsioni del CTS e ai controlli ivi previsti, con la conseguenza che – per lo stesso periodo – esso sfugge alla sfera tutoria delle Amministrazioni onerate della tenuta del Registro delle persone giuridiche regolato dal d.P.R. n. 361/2000 (Regioni, Province autonome ovvero Prefetture).

Il principio trova conferma, in primo luogo, nell’art. 90, CTS – dove è statuito che «i controlli e i poteri di cui agli articoli 25, 26 e 28 del codice civile sono esercitati sulle fondazioni del Terzo settore dall’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore» (norma, peraltro, mai richiamata dalla decisione in esame) e, da ultimo, a livello di fonti secondarie, dal d.m. 07/08/2025, recante «Definizione di forme, contenuti, termini e modalità per l’esercizio delle funzioni di vigilanza, controllo e monitoraggio sugli enti del terzo», emanato in attuazione dell’art. 93 dello stesso Codice. 

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