Costruire il bene comune, costruire l’Italia

L’intervista al presidente Bobba è stata realizzata prima che l’8 marzo il Ministero del Lavoro, con il comunicato che pubblichiamo nelle pagine successive, annunciasse il via libera della Commissione Europea alle norme fiscali in favore del Terzo Settore.

di Antonello Sacchi, intervista a Luigi Bobba, «ESPERIENZA» n.3-4 del 2025 pag. 10-13

La presentazione del volume “A due passi dalla meta. Verso il completamento della riforma“, quarto rapporto annuale della fondazione Terzjus sullo Stato e le prospettive del diritto del terzo settore in Italia, lo scorso 13 febbraio, è stata occasione per dialogare con Luigi Bobba, già sottosegretario al ministero del lavoro prima con Renzi poi con Gentiloni. In tale veste ha curato in particolare la riforma del Terzo Settore, diventata legge nel 2016; la riforma del Servizio Civile Universale (2017), nonché le politiche della formazione professionale con l’introduzione per la prima volta in Italia di un “sistema duale scuola e lavoro” e del contratto di apprendistato formativo. Luigi Bobba è presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Terzjus.

Presidente, cosa è la Fondazione Terzjus?

L’idea è partita nel dicembre del 2019, anche con il consiglio dell’ex presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti. Attuare questa riforma non sarebbe stata una passeggiata: serviva qualcuno per dare continuità, monitorare, vedere cosa cambiare, innovare, aggiungere. Così è nata quest’idea con i collaboratori più stretti che avevano lavorato con me al Ministero ovvero il direttore Antonio Fici e il segretario generale Gabriele Sepio. Dai primi quattro soci la Fondazione adesso ha ormai 19 soci fondatori e tre soci aderenti e quindi rappresenta un punto di riferimento plurale proprio anche nella compagine perché è vero che ci sono le grandi reti del Terzo Settore ma ci sono anche grandi Fondazioni, gli ordini professionali, soggetti di natura pubblica come per esempio il CONI, c’è il CSV insomma un complesso di soggetti che consentono, anche attraverso l’azione e le competenze dei soci della Fondazione, di avere uno sguardo d’insieme nelle varie articolazioni della riforma. Siamo partiti con il primo prodotto, oltre al sito il primo rapporto presentato nel luglio del 2021, poi man mano l’attività è cresciuta sviluppando vari segmenti: il settore di ricerca dallo sport e terzo settore, dal volontariato e competenza adesso anche al tema della economia sociale oltre che lo sviluppo di un’attività formativa prima di tipo generalista attraverso delle formule più veloci che abbiamo chiamato con un neologismo Quickinar e poi con delle attività più specialistiche. Siamo di supporto a cinque diverse università, sia nello sviluppo di un corso di laurea come l’Università Pontificia Salesiana, sia per quanto riguarda i master come la LUMSA, il Politecnico di Torino. La nostra attività ha preso una conformazione più larga che va sicuramente incentrata prima di tutto sul report annuale, lo scorso anno abbiamo realizzato anche un report europeo e intendiamo continuare anche su questa prospettiva e poi tutti quei canali, diciamo traiettorie di ricerca cogliendo anche delle domande nuove che stanno emergendo dal panorama abbastanza variegato del mondo del Terzo Settore continuando l’attività di formazione gratuita per i nostri soci o di supporto alle Università.

Se dovesse scattare un’istantanea della situazione che il Rapporto descrive, quale immagine sceglierebbe?

Sceglierei una bicicletta che cammina, seppur con una qualche lentezza, e comincia a vedere la meta. La parte di regolazione, al di là dei due provvedimenti mancanti tutt’altro che irrilevanti, parlo dell’autorizzazione comunitaria sui regimi fiscali e del cosiddetto decreto controlli, direi che è ormai completata. Si tratta di manutenerla, di aggiornarla, di semplificarla cosa che anche è avvenuta con la legge 104 del 2024. Una bicicletta che procede senza un’andatura costante e una velocità sufficiente è la parte promozionale perché, oltre che dei provvedimenti che anche qui sono arrivati con un qualche ritardo, richiede una disposizione proattiva da parte degli enti di Terzo Settore. Faccio l’esempio del 5 per mille: è vero che il numero degli ETS accreditati come beneficiari è cresciuto a quasi 59.000 però è anche vero che contestualmente sono cresciuti anche gli enti a zero firme come per dire che si è atteso a tirarsi su le maniche e darsi da fare per intercettare quei sei contribuenti su dieci che ancora non utilizzano la facoltà del 5 per mille. Così pure il social bonus, una misura molto rilevante però finora i progetti presentati e che avevano i requisiti necessari sono stati appena 5 eppure quella misura è adeguatamente finanziata e sostenuta così come anche l’amministrazione condivisa: lì in effetti c’è stato un’impennata di procedure di amministrazione condivisa negli anni ‘22‘23 e però il lavoro potenziale da fare è ancora enorme. Meglio va dal lato dei progetti dell’articolo 72 dove c’è stato un incremento tra il 2017 e il 2023 del 43% dei progetti presentati forse perché era una misura più tradizionale.

Mi soffermo sull’ultimo capitolo del Rapporto, il quindicesimo che l’ha vista direttamente impegnato nella stesura: “Lo stato di salute del Terzo Settore: urgenze, attese e prospettive”. Per quanto riguarda le urgenze, vitale naturalmente il discorso del 5 per mille però andiamo oltre. Lei sottolinea non meno importanti l’autorizzazione comunitaria dei regimi fiscali degli ETS e la semplificazione decreto controlli…

Le conseguenze dell’autorizzazione comunitaria saranno di tre tipi: la prima è che finalmente le norme fiscali saranno unitarie e più chiare e più comprensibili quindi più applicabili di quelle attuali. Seconda conseguenza: dovrebbe portare dentro al Registro quelle circa 20.000 onlus rimaste in mezzo al guado e che, quando a riforma compiuta non esisterà più l’acronimo onlus, prenderanno anch’esse la forma che riterranno più adeguata a seconda dell’approvazione del regime fiscale della autorizzazione comunitaria. La terza conseguenza di questa autorizzazione comunitaria è la partenza degli strumenti di finanza sociale, in particolar modo i titoli di solidarietà che potrebbero essere un volano importante di credito agevolato solo per le organizzazioni di Terzo Settore perché la norma attribuisce al risparmiatore che comprerà questi titoli una tassazione della rendita uguale al titolo pubblico e quindi si può presumere che le banche possano offrire questo risparmio raccolto attraverso questi titoli ad un tasso più agevolato per quanto riguarda gli enti di Terzo Settore essendone vincolate, cioè non possono destinarlo ad altri scopi. Per quanto riguarda il decreto controlli, siccome il principio del Registro è di trasparenza e di conoscibilità, qualora vi siano segnalazioni di non correttezza nella implementazione dei dati dell’aggiornamento degli stessi da parte degli enti di Terzo Settore, l’intervento di un controllo può sopperire a questa carenza, così come gli enti riconosciuti, le reti riconosciute e i CSV potranno altresì fare il controllo del bilancio non in termini “repressivi” ma in termini “promozionali”, un po’ come avviene oggi con le cooperative affiliate alle grandi centrali cooperative. Il punto che io ho sottolineato è che facendo quattro conti, il finanziamento che  WELFARE la legge ha disposto per fare questi controlli per gli enti riconosciuti è sicuramente inadeguato al numero dei controlli che questi enti dovranno fare quindi bisognerà mettere mano anche a questo fondo incrementandolo oltre i 5 milioni attuali.t

Per quanto riguarda le attese, lei parla di premiare il volontariato di competenza. Di che si tratta presidente?

Sì tratta di una forma “ibrida” per cui una persona che si trova al lavoro presso un’impresa viene prestata in forma non onerosa a un ETS, o Onlus finché esisteranno, per svolgere delle attività progettuali di servizio, di consulenza. Ovviamente il vantaggio è che l’ETS non dovrà “comprare” sul mercato queste competenze perché gli verranno fornite in forma non onerosa da questa impresa quindi uno sviluppo direi originale del volontariato che va al di là anche della cosiddetta giornata del volontariato aziendale. Un supporto strutturato, continuativo nel tempo per sviluppare progetti che richiedono particolari impegni e competenze. E, credo, un’esperienza che può far maturare gli enti di Terzo Settore ma anche avere un effetto di ritorno sulle aziende con i propri collaboratori che incontrano de facto l’esperienza di un’organizzazione senza finalità lucrativa e impegnata in attività civiche, solidaristiche e di utilità sociale. È ancora un fenomeno di nicchia però noi scommettiamo che possa

Ce lo auguriamo anche perché è molto vicina alla nostra Associazione. Per quanto riguarda le prospettive, lei presidente auspica la necessità di potenziare il ruolo delle associazioni di Terzo Settore nella costruzione di un welfare comunitario. Cosa si dovrebbe fare o avere di più?

Il Rapporto mette in evidenza come questa “gamba” del welfare spesso misconosciuta è importante e si è rafforzata nel decennio che sta fra i due censimenti dell’Istat, 2011 e 2021. Stiamo proprio ora concludendo un nuovo rapporto sull’amministrazione condivisa dove abbiamo visto che alcune realtà al Centro, al Nord e al Sud stanno effettivamente valorizzando l’apporto originale degli enti di Terzo Settore specialmente nell’area socio assistenziale, nelle patologie che colpiscono in particolare le persone più anziane e riconoscere questo welfare comunitario che la missione sei del PNR chiama welfare di prossimità è oggi una sfida, visto anche i trend demografici nel nostro paese, particolarmente “sfidante” se posso usare un bisticcio di parole e quindi noi evidenziamo come anche l’obiettivo di costruire le case e gli ospedali di comunità difficilmente sarà raggiunto rispetto allo scopo di avere un welfare di prossimità senza un riconoscimento e coinvolgimento degli enti di Terzo Settore. Singolare, per esempio, che nell’annuario statistico del Servizio Sanitario Nazionale i privati convenzionati sono un canestro indistinto come se fare salute con finalità di profitto o senza finalità di profitto fosse la stessa cosa, eppure noi sappiamo che nell’area dei privati convenzionati la realtà più importante è proprio quella degli enti di Terzo Settore, delle organizzazioni non profit. Quindi, prima di tutto, bisogna riconoscere queste realtà, non “seppellirle” sotto qualche tabellina che le rende incomprensibili e invisibili e valorizzarle soprattutto utilizzando i meccanismi della co-programmazione, della co-progettazione di strutture e servizi e attività di welfare di prossimità.

Nella premessa al capitolo quindicesimo lei parla del rischio del “singolarismo”, pericolo che minaccia la nostra società il volontariato.presidente quanto è urgente affrontare questo tema? 

Fino a meno di un anno fa non conoscevo gli studi che hanno portato a formulare questo neologismo. Ne hanno parlato in un seminario Stefano Zamagni e il giudice Luca Antonini: è una forma estrema di soggettivismo, come se il soggetto potesse essere da solo risolutore di tutti i suoi bisogni e problemi personali e dunque non doversi appoggiare o inserire in reti e in legami di natura comunitaria. È chiaro che il lavoro da fare è di ordine culturale e in ambito generale è una sfida complessa che non riguarda solo il Terzo Settore ma ciò che circola quotidianamente nei flussi di comunicazione delle nostre società. Riguarda in particolare gli enti di Terzo Settore per quanto attiene la capacità di riprodurre, rigenerare la disponibilità all’impegno civico e volontario. È una disponibilità che non possiamo più dare per scontata: una volta le grandi narrazioni ideologiche – intese in senso positivo – della Chiesa cattolica, dei partiti socialisti e comunisti, erano anche incubatori di impegno civico e volontario; oggi questi incubatori sono piuttosto asfittici, non scomparsi sicuramente, in particolare nell’area cattolica, ma sono messi di fronte alla sfida inedita di saper intercettare una disponibilità fluida, discontinua, individuale dell’azione volontaria per inserirla in azioni di rete, in organizzazioni. Noi sappiamo che l’incidenza, l’impatto sulle comunità, sui bisogni delle persone più fragili, sulla capacità di promuovere le realtà più disagiate, abbandonate, dipende molto dalla capacità organizzativa e anche dalla durata degli interventi. Le cose spot, i  “fuochi d’artificio” possono essere interessanti ma finiscono in fretta.

Presidente qual è l’obiettivo del 2025 che lei auspica?

Prima cosa che questa autorizzazione comunitaria arrivi perché questo condurrebbe anche a completare sostanzialmente la parte di regolazione. In secondo luogo, che le organizzazioni si concentrino anche nella loro azione sulla parte promozionale: lì non serve aggiungere norme, forse servono più risorse ma intanto bisogna utilizzare al meglio quelle che ci sono e questo avviene solo se le organizzazioni hanno capacità di innovarsi, di affrontare le sfide e di cogliere anche queste nuove disponibilità all’impegno volontario che sono “estranee” ai percorsi tradizionali. Credo che queste siano le due cose più importanti da conseguire nel 2025 sapendo che, come ho concluso nel capitolo, il tema del patriottismo evocato da Mattarella anche per chi fa impegno volontario mi sembra una bella figura da un punto di vista retorico per dire che il servizio al bene comune è effettivamente un servizio non solo alla propria comunità locale ma anche alla propria patria. 


Terzo Settore, Calderone-Bellucci: “Ok da Commissione UE a Riforma Fiscale”

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO IL SEGUENTE COMUNICATO STAMPA DAL MINISTERO DEL LAVORO

“La Commissione Europea ha dato il via libera alle norme fiscali in favore del Terzo Settore. È un traguardo atteso da anni, frutto di un lungo e intenso lavoro di questo Governo e di un costante confronto tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Bruxelles. Questo risultato rappresenta una svolta decisiva, ci permette finalmente di dare certezze e stabilità agli ETS e piena attuazione al Codice del Terzo Settore e per questo motivo ci tengo a ringraziare il Viceministro Bellucci”. È quanto comunica Marina Calderone, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. “Dal 1° gennaio 2026 – spiega Maria Teresa Bellucci, Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega al Terzo Settore – entrerà finalmente in vigore un regime fiscale ad hoc che prevede, tra le altre cose, la defiscalizzazione degli utili destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del patrimonio. Inoltre, saranno introdotti specifici incentivi per gli investitori, ampliando le opportunità di finanziamento per gli enti del Terzo Settore. Tra le novità più significative, ricordo l’introduzione di nuovi strumenti di finanza sociale, come i titoli di solidarietà, che garantiranno agli investitori il medesimo trattamento fiscale riservato ai titoli di Stato, con l’applicazione dell’aliquota del 12,5%”. “La Commissione Europea, quindi, stante le caratteristiche e unicità del Terzo Settore italiano e quanto rappresentato ampiamente dal nostro Governo, constata che le agevolazioni fiscali degli ETS non si configurano come aiuti di Stato, poiché perseguono attività di interesse generale con finalità di pubblica utilità. Questo non solo rafforza il ruolo del Terzo Settore, ma è anche un chiaro riconoscimento dell’inestimabile valore del lavoro di questi enti, milioni di donne e uomini che animano il mondo della solidarietà sociale in Italia”, conclude Bellucci.

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