1. Il modello comunitario
La direttiva 2018/2001 del Parlamento europeo e del consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili disciplina il nuovo soggetto giuridico rappresentato dalle comunità energetiche rinnovabili (CER).
Come si evince dall’art. 2, n. 16, della direttiva, si tratta di un soggetto autonomo e fondato sulla partecipazione aperta e volontaria, controllato effettivamente da azionisti o membri che sono situati in prossimità degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che sono sviluppati e appartengono alla comunità. La compagine associativa è ristretta a persone fisiche, PMI, autorità locali, tra cui vi rientrano le amministrazioni comunali. Ad essere escluse sono le grandi società attive nel comparto della produzione, della fornitura e della distribuzione di energia. Ciò si spiega anche alla luce della prescrizione teleologica che si ricava dall’art. 2, n. 16, lett. c): l’obiettivo principale delle CER è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello comunitario ai suoi componenti ovvero alle comunità locali di riferimento, piuttosto che generare profitti finanziari.
L’art. 22 della direttiva in rassegna offre una articolata disciplina delle CER che si snoda attraverso una serie di vincoli per gli Stati membri in sede di recepimento.
Dovrà essere assicurato ai clienti finali, ovvero a coloro che acquistano energia per uso proprio, e in particolare ai clienti civili, clienti che acquistano energia per uso domestico, il diritto di partecipare a CER, senza che ciò pregiudichi la posizione contrattuale individuale e i diritti quesiti. Questi non dovranno essere assoggettati a condizioni o procedure capaci di vanificare una piena ed effettiva partecipazione.
Alle CER dovrà essere assicurato il diritto di:
i) produrre, consumare, immagazzinare e vendere l’energia rinnovabile anche medianti accordi di compravendita di energia elettrica rinnovabile;
ii) effettuare scambi infracomunitari aventi come oggetto l’energia prodotta dalle unità di produzione detenute dalla comunità produttrice/consumatrice di energia rinnovabile;
iii) accedere ai mercati dell’energia elettrica, così come disciplinati dall’art. 2, n. 9, direttiva 2019/944 del Parlamento europeo e del consiglio relativa a norme comuni per il mercato dell’energia elettrica.
I legislatori statali, accertati gli ostacoli regolamentari e procedurali presenti, dovranno adottare una politica del diritto effettivamente capace di accrescere lo sviluppo delle CER. In questo quadro merita di essere letto l’art. 22, comma 4, della direttiva in commento. Da un lato, le CER non dovrebbero godere di trattamenti di favore ingiustificati, risultando altrimenti lesa la disciplina in materia di aiuti di Stato, al netto della previsione di peculiari regimi di sostegno che permetta una competizione paritaria nel mercato di riferimento; dall’altro, le CER dovranno essere soggette a procedure eque, proporzionate e trasparenti e a oneri, prelievi e imposte che garantiscano l’effettivo concorso alla ripartizione dei costi generali del sistema.
2. Il modello domestico
Il d.lgs. 8 novembre 2021, n. 199 ha dato attuazione alla direttiva 2018/2001.
L’art. 31 disciplina in modo puntuale le CER. Rispetto al dato normativo comunitario, emergono alcune peculiari declinazioni:
a) il controllo delle CER è affidato solo a persone fisiche, PMI, associazioni aventi personalità giuridica, enti territoriali e autorità locali, enti di ricerca e formazione, enti religiosi, enti del Terzo settore – così come disciplinati dal codice del Terzo settore – ed enti di protezione ambientale, nonché amministrazioni locali situate nel medesimo territorio dei Comuni in cui sono ubicati gli impianti per la condivisione di energia rinnovabile;
b) la partecipazione delle imprese alle CER non può costituire attività commerciale e industriale principale;
c) la partecipazione alle CER è aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili, ma l’esercizio del potere di controllo è limitato ai soggetti sub a).
Sia, inoltre, consentito rilevare come ai fini dell’energia condivisa rileva solo la produzione di energia degli impianti che rientrano nella disponibilità e sotto il controllo della CER. Inoltre, in linea con lo spirito e le finalità di derivazione comunitaria del modello in discussione, è precisato come l’energia autoprodotta debba essere prioritariamente utilizzata per l’autoconsumo istantaneo in sito o per la condivisione all’interno della comunità. L’energia eccedentaria può essere accumulata e venduta tramite accordi di compravendita.
Le CER, senza tradire gli obiettivi istitutivi, possono produrre altre forme di energia da fonti rinnovabili, al fine dell’utilizzo da parte dei membri, nonché promuovere interventi integrati di domotica, efficienza energetica e offrire servizi di ricarica di veicoli elettrici ai propri membri e assumere il ruolo di società di vendita al dettaglio e offrire servizi ancillari e di flessibilità.
La disciplina italiana è stata arricchita da due fonti disciplinari: il Testo integrato autoconsumo diffuso, adottato con deliberazione del 27 dicembre 2022 da parte dell’ARERA, e le Regole tecniche per l’accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica condivisa, elaborate dal GSE e pubblicate in data 4 aprile 2022.
3. Comunità energetiche rinnovabili e Terzo settore
Le CER partecipano al mercato energetico e rappresentano una concreta manifestazione della sussidiarietà orizzontale, essendo volte alla produzione e alla condivisione di energia in coerenza con un modello di azione bottom up. Esse concorrono all’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, alla riduzione del consumo di energia da fonti tradizionali e alla condivisione di energia.
Le CER incidono sul sistema energetico: peraltro, nel computo della quota di energia da fonti rinnovabili, il consumo finale lordo di energia elettrica da fonti rinnovabili è calcolato come quantità di energia elettrica prodotta in uno Stato membro, tra cui vi rientra l’energia prodotta dalle CER. A ciò si aggiunga la centralità dell’impatto sociale, ovvero la massimizzazione del benessere ultraindividuale, capace di delineare una soggettività non appiattita sul perseguimento di finalità lucrative. Le CER, dunque, rappresentano un prodotto dell’economia civile, autonomo e distinto dai soggetti aderenti, avente una peculiare tecnica allocativa – di marca cooperativa – delle risorse finanziarie e dotato di una adeguata connotazione professionale: le CER, dunque, partecipano ai mercati dell’energia, possono attirare la partecipazione di capitali privati e pubblici e generano economie di scala.
L’appartenenza delle CER al diritto del Terzo settore, già evocata dalla consonanza funzionale con il modello dell’impresa cooperativa e dell’impresa sociale, risulta ora certificata dal nuovo testo dell’art. 2, comma 1, lett. e), d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112 – in materia di impresa sociale – e dell’art. 5, comma 1, lett. e), del codice del Terzo settore.
Costituisce, oggi, attività di interesse generale quella avente ad oggetto interventi e servizi finalizzati alla produzione, all’accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo, ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199.
Questa modifica disciplinare, avvenuta in forza dell’art. 1, comma 1, l. 26 luglio 2023, n. 95 consente agli enti del Terzo settore di qualificare le CER: non si tratta solo di un riconoscimento nominalistico, quanto della presa d’atto della necessità di un coordinamento disciplinare che rinvigorisca le forme dell’azione civile e dell’economia del benessere, rinsaldando la dimensione collettiva con l’agire imprenditoriale (per un approfondimento, v. https://terzjus.it/articoli/comunita-energetiche-rinnovabili-unopportunita-di-crescita).