Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attraverso la nota n. 34/12962 del 23 settembre 2025, si è espresso circa l’iscrizione nel RUNTS di una fondazione eretta e regolata secondo la normativa di riferimento tedesca avente sede legale in Germania, sede di rappresentanza in Italia e già iscritta all’anagrafe delle ONLUS.
Viene riscontrata una specifica previsione statutaria volta ad imprimere un vincolo destinatorio al patrimonio a seguito del registrarsi di eventi dissolutivi o estintivi: ciò si traduce nella devoluzione del patrimonio a un’altra fondazione tedesca o, in alternativa, a un ente beneficiario di agevolazioni fiscali in Germania, sentita l’autorità nazionale di controllo.
Centrale è la verifica della compatibilità dello statuto dell’ente con l’art. 9 CTS (e con la disciplina sul controllo delle fondazioni previsto dal CTS). Il Ministero evidenzia la portata imperativa dell’art. 9 CTS: la “ratio del vincolo devolutivo imposto dal legislatore è diretta ad evitare che gli enti che ricevono particolari utilità in ragione dell’attività svolta possano approfittare di tali vantaggi attraverso lo scioglimento dell’ente e la distribuzione del suo patrimonio al quale ha concorso un sistema di agevolazioni e benefici (anche di natura fiscale) concessi all’ente”. L’art. 9 CTS è, infatti, netto nel delimitare, oggi, ai soli ETS, in forza dell’estinzione della Fondazione Italia Sociale, la possibilità di essere destinatari della devoluzione del patrimonio residuo. Per le ONLUS, invece, vi è «l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità» [art. 10, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 460/1997]. Merita di essere ricordato come, ai sensi dell’art. 101, comma 8, CTS, «la perdita della qualifica di ONLUS, a seguito dell’iscrizione nel Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore, anche in qualità di impresa sociale, non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dagli articoli 10, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460».
Per il Ministero è così “acclarata la confliggenza, in tema di devoluzione patrimoniale, tra le norme del CTS e quelle contenute nello statuto della fondazione istante che richiamano la normativa di diritto tedesco, e posta altresì l’inderogabilità della normativa tedesca”.
Poco rileva la digressione sull’assenza di caratura tipologica degli ETS. Apprezzabili, invece, sono le considerazioni riferite agli aspetti di diritto internazionale privato, tenuto conto dell’art. 25, commi 1 e 2, l. n. 218/1995, ove è previsto l’assoggettamento di un ente alla legge dello Stato in cui si è perfezionato il procedimento costitutivo. Alla medesima legge regolatrice soggiace la procedura di estinzione dell’ente. Per il Ministero, “l’individuazione di una legge regolatrice diversa da quella italiana non costituisce di per sé un fattore ostativo dell’ente dalla astratta possibilità di essere qualificato come ETS purché l’ente si conformi alle norme speciali contenute nel CTS”. Ciononostante, “un possibile ulteriore contrasto tra normativa interna e quella tedesca si potrebbe infine porre sotto il profilo dei controlli sugli ETS di nazionalità straniera che, essenziali ai fini della conservazione della qualifica normativa e dei relativi benefici per gli ETS, non potrebbero che essere affidati all’autorità italiana in possibile contrasto con le norme vigenti nel paese dell’ente straniero”.
Una siffatta interpretazione, chiarisce ancora il Ministero, appare rispettosa del diritto europeo, avuto riguardo al principio di parità di trattamento fissato dall’art. 18 TFUE, la cui efficacia precettiva si coglie anche nell’impedire discriminazioni “al contrario”, così impedendo che enti stranieri possano divenire ETS a condizioni diverse, e più favorevoli, rispetto a quanto prescritto per gli omologhi italiani. Pertanto, “se la normativa dello Stato estero, come nel caso di specie, impone all’Ente uno statuto incompatibile con i requisiti nazionali per il riconoscimento come ETS, l’impossibilità di accedere ai relativi benefici non deriva da un trattamento discriminatorio, ma da differenti discipline che ciascuno Stato membro adotta, nell’esercizio della propria autonoma potestà regolatoria”.
Una siffatta interpretazione, chiarisce ancora il Ministero, appare rispettosa del diritto europeo, avuto riguardo al principio di parità di trattamento fissato dall’art. 18 TFUE, la cui efficacia precettiva si coglie anche nell’escludere discriminazioni “al contrario”, così impedendo che enti stranieri possano divenire ETS a condizioni diverse, e più favorevoli, rispetto a quanto prescritto per gli omologhi italiani. Pertanto, “se la normativa dello Stato estero, come nel caso di specie, impone all’Ente uno statuto incompatibile con i requisiti nazionali per il riconoscimento come ETS, l’impossibilità di accedere ai relativi benefici non deriva da un trattamento discriminatorio, ma da differenti discipline che ciascuno Stato membro adotta, nell’esercizio della propria autonoma potestà regolatoria”.