L’action plan. Il gruppo di lavoro istituito dal Mef punta a costruire un quadro giuridico e tributario ad hoc dopo le aperture della Comfort letter Ue
[di Gabriele Sepio e Vincenzo Sisci, pubblicato in «Il Sole 24 Ore» di domenica 25 maggio, pag. 25]
Dalla finanza sociale agli aiuti fino agli strumenti per valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico e privato a favore degli enti dell’economia sociale. Un ecosistema eterogeneo che riunisce il Terzo settore con i modelli cooperativi, associazioni e fondazioni non iscritte al Runts, enti religiosi, enti sportivi dilettantistici e altre organizzazioni non profit, tutti impegnati in attività socialmente rilevanti con tre elementi in comune disegnati dal Consiglio europeo nella raccomandazione del 27 novembre 2023: il primato della persona rispetto al fine speculativo, il reinvestimento dei profitti per perseguire finalità di interesse collettivo o generale, il rispetto di regole democratiche o partecipative nella governance.
Gli enti dell’economia sociale in Italia sono poco meno di 400mila (dati Istat 2022), corrispondenti a circa l’8% delle organizzazioni private, e impiegano 1,5 milioni di addetti ai quali si aggiungono oltre 4,6 milioni di volontari. Dati che giustificano gli obiettivi per la valorizzazione dell’economia sociale posti alla base dell’action plan taliano in elaborazione presso il ministero dell’Economia, ove è stato costituito un gruppo di lavoro coordinato dal sottosegretario Lucia Albano.
Le misure di promozione delineate nel piano d’azione ruoteranno attorno ad alcuni pilastri. Il primo riguarda la finanza sociale e la necessità di rimuovere gli ostacoli che oggi impediscono agli enti dell’economia sociale di accedere al credito alla pari degli altri operatori: l’assenza di metodi di rating che tengano conto dell’impatto sociale incide sulla valutazione del rischio creditizio e, quindi, sugli accantonamenti patrimoniali richiesti agli istituti finanziari, nonostante le sofferenze dei crediti verso gli enti non profit non siano superiori alla media della clientela bancaria. Inoltre, al fine di rispondere al fabbisogno finanziario di enti strutturalmente privi di un capitale remunerabile a beneficio dei soci, il piano promuoverà l’emissione di social bond, lo sviluppo di strumenti ibridi che combinino grant, equity e debito, nonché la raccolta di capitali presso gli investitori istituzionali pubblici e privati, più inclini a investimenti “pazienti”.
Un secondo pilastro è rappresentato dagli aiuti di Stato, che la raccomandazione invita a sfruttare per sostenere l’economia sociale. Nel caso italiano, tale possibilità è rafforzata dal varo delle misure fiscali sancito con la comfort letter della DG Competition, da cui emerge un modello trasponibile anche nel contesto dell’economia sociale. Difatti, la valorizzazione delle caratteristiche strutturali e funzionali degli Enti del Terzo settore consentirà di ampliare il ricorso ai benefici che non sono aiuti di Stato, potendosi escludere in radice il rischio di distorsioni della concorrenza fra due modelli d’impresa (quello dell’economia sociale e quello dell’economia speculativa) non comparabili. Questo principio sarà rilevante per estendere l’ambito delle misure di favore riconducibili ai Sieg, con riferimento sia ad attività svolte in convenzione con la Pa che di attività di interesse generale in assenza di incarico pubblico formale. Una simile apertura, che verrà proposta nel piano d’azione, potrà produrre effetti anche per sostenere finanziariamente programmi di edilizia residenziale in grado di rispondere ai nuovi bisogni dell’abitare, nell’ambito delle azioni per la valorizzazione del patrimonio immobiliare.